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![]() Scritto da La Provincia |
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Francesco Vescovi � la Pallacanestro Varese. Tra i simboli e le bandiere che hanno attraversato e caratterizzato i sessant�anni di storia di questa societ�, il Cecco occupa di diritto il posto d�onore. Venticinque anni di carriera, esempio unico e raro di professionalit�, sconfinato talento e classe immensa. Varesino nell�anima e nel cuore, un po� musone ma sincero e onesto come sanno essere soltanto quelli nati e cresciuti all�ombra del Sacro Monte. Ora il Cecco ha detto basta. Dopo una vita intera dedicata alla palla a spicchi, tra allenamenti, canestri e partite, � arrivato anche per lui il momento di fermarsi, tirare il fiato, pensare ad altro. Venticinque anni di passione vissuti insieme, venticinque anni di ricordi, tutti da ripercorrere. GLI INIZI < Come spesso succede - racconta il Cecco - � incominciato tutto un po� per caso. Fino a dodici anni io la pallacanestro non la conoscevo nemmeno. Per� andavo all�oratorio della Brunella dove c�era (anzi, c��, perch� � rimasto tutto perfettamente identico) un campo da basket. Cos� ho iniziato a fare due tiri, giocando anche con i ragazzi pi� grandi di me e appassionandomi sempre di pi�>. Quando hai iniziato a fare sul serio? < Un giorno mi dissero che la Robur aveva organizzato una leva per i ragazzi della mia et�. Andai provare, mi presero, e tutto ebbe inizio>. Chi � stato il primo allenatore? < Il grande Paolo Vittori: con lui sono stato tre anni, e mi ha insegnato molto>. Quando il passaggio alla Pallacanestro Varese? < Era il 1981, entrai a fare parte della squadra juniores. La svolta ci fu con l�arrivo di Sales, che mi volle in pianta stabile con la prima squadra. Poi arriv� Isaac, iniziarono gli anni della DiVarese>. SI FA SUL SERIO Quando hai capito che saresti diventato un giocatore professionista? < All�oratorio della Brunella! Scherzi a parte, non ho mai pensato al basket come a una professione. C�era un sogno, che era quello di giocare in serie A>. Con Sales il sogno si � avverato. Poi? < Lui � stato il primo a lanciarmi in quintetto base, insieme a un manipolo di giovincelli. Eravamo io, Caneva, Ferraiuolo... Ci divertivamo un sacco, ed era la cosa pi� importante. L�arrivo di Isaac � stato un momento fondamentale: lui cap� come prenderci, eravamo un gruppo incredibile, avremmo fatto grandi cose>. GLI ANNI FANTASTICI DELLA DIVARESE Tanti tifosi si sono avvicinati al basket grazie a quella squadra fantastica, che nessuno ha dimenticato. Cosa avevate di cos� particolare? < Eravamo un gruppo vero. Questa � la cosa pi� importante in uno sport di squadra. A noi giovani venne affiancato uno come Sacchetti, e poi due americani come Pittman e Thompson. La chimica era perfetta, in campo giravamo come degli orologi>. Per� non arriv� nessun trofeo. Cosa � mancato? < Un pizzico di fortuna nei momenti decisivi. Abbiamo sempre perso contro degli squadroni, facendoli soffrire fino all�ultimo. E ogni volta � arrivato qualche episodio a metterci i bastoni tra le ruote sul pi� bello>. FINISCE UN CICLO Con la serie finale persa con Pesaro termina il periodo bellissimo iniziato con la DiVarese. Cosa � successo? < Si � voluto fare il passo pi� lungo della gamba. Sono arrivati i soldi, stranieri dal passato importantissimo ed ingombrante, quel gruppo bellissimo e perfetto si sgretol�. Le cose iniziarono ad andare male, e finimmo in A2>. PARTENZE E RITORNI < Dopo un anno di A2 in cui dovevamo fare grandi cose, ma che invece and� malissimo, era arrivato il momento di cambiare aria>. Perch� a Pistoia? < Loro mi cercarono, i Bulgheroni mi ci mandarono. Ma fu un�esperienza positiva per tutti. Per la societ�, che pot� iniziare da capo un progetto vincente, e per me, che maturai moltissimo>. Dopo una stagione lontano, il ritorno... < A Varese si riform� un gruppo stupendo, con Komazec unica stella e leader. Sembrava di essere tornati ai tempi della Divarese. Io tornai in punta di piedi, e furono tre stagioni bellissime>. Poi l�avventura bolognese. Perch� la Fortitudo? < Volevo vincere qualcosa, e a quel tempo non credevo che avrei giocato fino a quarant�anni. Si present� quell�occasione, mi sembr� giusto provarci>. E come and�? < Malissimo. Ero varesino, mi vedevano come il fumo negli occhi, non me ne perdonavano una. Ho tenuto duro fino alla fine dell�anno, poi sono scappato>. IL RITORNO PIU� BELLO < Dopo una stagione difficile a Pistoia erano maturi i tempi per tornare a Varese e chiudere la carriera. Era la stagione 98-99, sapete tutti cosa � successo>. La chiave di quella vittoria? < Come sempre, una sola: un gruppo fantastico per un risultato storico: anch�io avevo vinto qualcosa!> GLI ULTIMI ANNI Dopo quell�annata stupenda qualcosa si � rotto. Cosa � successo? < Eravamo arrivati in cima, abbiamo iniziato e scendere. Un po� di sfortuna, qualche scelta sbagliata, ma sono stati comunque anni belli e professionalmente gratificanti>. Poi l�arrivo della famiglia Castiglioni, la gestione Cadeo, e il tuo allontanamento. Cosa � successo? < Si sono accorti di non aver pi� bisogno di me. E la cosa era anche comprensibile, l�avrei accettata senza problemi. Mi ha dato fastidio il fatto che nessuno abbia avuto il coraggio di dirmelo in faccia. Dopo venticinque anni di carriera pensavo di meritare un trattamento diverso. E� andata cos�, e non � stato bello>. LA FINE E adesso? < Dopo due anni divertentissimi con la Robur, � giunto il momento di dire basta: prover� a fare l�allenatore. Rimarranno i ricordi di una carriera bellissima: allenatori (Sales, Isaac, Rusconi...), compagni di viaggio (Caneva, il Menego, Sandro Galleani). Rimarranno tutti>. Francesco Caielli |
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Grazie Cecco, come te nessuno mai
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