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  • 12 Giugno 2006
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    Scritto da La Provincia
     
    La mitica DiVarese e la stella:"Rimarranno i ricordi e gli amici: Caneva, il Menego e Galleani"

    Francesco Vescovi � la Pallacanestro Varese. Tra i simboli e le
    bandiere che hanno attraversato e caratterizzato i sessant�anni di
    storia di questa societ�, il Cecco occupa di diritto il posto
    d�onore. Venticinque anni di carriera, esempio unico e raro di
    professionalit�, sconfinato talento e classe immensa. Varesino
    nell�anima e nel cuore, un po� musone ma sincero e onesto come sanno
    essere soltanto quelli nati e cresciuti all�ombra del Sacro Monte.
    Ora il Cecco ha detto basta. Dopo una vita intera dedicata alla palla
    a spicchi, tra allenamenti, canestri e partite, � arrivato anche per
    lui il momento di fermarsi, tirare il fiato, pensare ad altro.
    Venticinque anni di passione vissuti insieme, venticinque anni di
    ricordi, tutti da ripercorrere.
    GLI INIZI
    < Come spesso succede - racconta il Cecco - � incominciato tutto un
    po� per caso. Fino a dodici anni io la pallacanestro non la conoscevo
    nemmeno. Per� andavo all�oratorio della Brunella dove c�era (anzi,
    c��, perch� � rimasto tutto perfettamente identico) un campo da
    basket. Cos� ho iniziato a fare due tiri, giocando anche con i
    ragazzi pi� grandi di me e appassionandomi sempre di pi�>.
    Quando hai iniziato a fare sul serio?
    < Un giorno mi dissero che la Robur aveva organizzato una leva per i
    ragazzi della mia et�. Andai provare, mi presero, e tutto ebbe inizio>.
    Chi � stato il primo allenatore?
    < Il grande Paolo Vittori: con lui sono stato tre anni, e mi ha
    insegnato molto>.
    Quando il passaggio alla Pallacanestro Varese?
    < Era il 1981, entrai a fare parte della squadra juniores. La svolta
    ci fu con l�arrivo di Sales, che mi volle in pianta stabile con la
    prima squadra. Poi arriv� Isaac, iniziarono gli anni della DiVarese>.
    SI FA SUL SERIO
    Quando hai capito che saresti diventato un giocatore professionista?
    < All�oratorio della Brunella! Scherzi a parte, non ho mai pensato al
    basket come a una professione. C�era un sogno, che era quello di
    giocare in serie A>.
    Con Sales il sogno si � avverato. Poi?
    < Lui � stato il primo a lanciarmi in quintetto base, insieme a un
    manipolo di giovincelli. Eravamo io, Caneva, Ferraiuolo... Ci
    divertivamo un sacco, ed era la cosa pi� importante. L�arrivo di
    Isaac � stato un momento fondamentale: lui cap� come prenderci,
    eravamo un gruppo incredibile, avremmo fatto grandi cose>.
    GLI ANNI FANTASTICI DELLA DIVARESE
    Tanti tifosi si sono avvicinati al basket grazie a quella squadra
    fantastica, che nessuno ha dimenticato. Cosa avevate di cos�
    particolare?
    < Eravamo un gruppo vero. Questa � la cosa pi� importante in uno sport
    di squadra. A noi giovani venne affiancato uno come Sacchetti, e poi
    due americani come Pittman e Thompson. La chimica era perfetta, in
    campo giravamo come degli orologi>.
    Per� non arriv� nessun trofeo. Cosa � mancato?
    < Un pizzico di fortuna nei momenti decisivi. Abbiamo sempre perso
    contro degli squadroni, facendoli soffrire fino all�ultimo. E ogni
    volta � arrivato qualche episodio a metterci i bastoni tra le ruote
    sul pi� bello>.
    FINISCE UN CICLO
    Con la serie finale persa con Pesaro termina il periodo bellissimo
    iniziato con la DiVarese. Cosa � successo?
    < Si � voluto fare il passo pi� lungo della gamba. Sono arrivati i
    soldi, stranieri dal passato importantissimo ed ingombrante, quel
    gruppo bellissimo e perfetto si sgretol�. Le cose iniziarono ad
    andare male, e finimmo in A2>.
    PARTENZE E RITORNI
    < Dopo un anno di A2 in cui dovevamo fare grandi cose, ma che invece
    and� malissimo, era arrivato il momento di cambiare aria>.
    Perch� a Pistoia?
    < Loro mi cercarono, i Bulgheroni mi ci mandarono. Ma fu un�esperienza
    positiva per tutti. Per la societ�, che pot� iniziare da capo un
    progetto vincente, e per me, che maturai moltissimo>.
    Dopo una stagione lontano, il ritorno...
    < A Varese si riform� un gruppo stupendo, con Komazec unica stella e
    leader. Sembrava di essere tornati ai tempi della Divarese. Io tornai
    in punta di piedi, e furono tre stagioni bellissime>.
    Poi l�avventura bolognese. Perch� la Fortitudo?
    < Volevo vincere qualcosa, e a quel tempo non credevo che avrei
    giocato fino a quarant�anni. Si present� quell�occasione, mi sembr�
    giusto provarci>.
    E come and�?
    < Malissimo. Ero varesino, mi vedevano come il fumo negli occhi, non
    me ne perdonavano una. Ho tenuto duro fino alla fine dell�anno, poi
    sono scappato>.
    IL RITORNO PIU� BELLO
    < Dopo una stagione difficile a Pistoia erano maturi i tempi per
    tornare a Varese e chiudere la carriera. Era la stagione 98-99,
    sapete tutti cosa � successo>.
    La chiave di quella vittoria?
    < Come sempre, una sola: un gruppo fantastico per un risultato
    storico: anch�io avevo vinto qualcosa!>
    GLI ULTIMI ANNI
    Dopo quell�annata stupenda qualcosa si � rotto. Cosa � successo?
    < Eravamo arrivati in cima, abbiamo iniziato e scendere. Un po� di
    sfortuna, qualche scelta sbagliata, ma sono stati comunque anni belli
    e professionalmente gratificanti>.
    Poi l�arrivo della famiglia Castiglioni, la gestione Cadeo, e il tuo
    allontanamento. Cosa � successo?
    < Si sono accorti di non aver pi� bisogno di me. E la cosa era anche
    comprensibile, l�avrei accettata senza problemi. Mi ha dato fastidio
    il fatto che nessuno abbia avuto il coraggio di dirmelo in faccia.
    Dopo venticinque anni di carriera pensavo di meritare un trattamento
    diverso. E� andata cos�, e non � stato bello>.
    LA FINE
    E adesso?
    < Dopo due anni divertentissimi con la Robur, � giunto il momento di
    dire basta: prover� a fare l�allenatore. Rimarranno i ricordi di una
    carriera bellissima: allenatori (Sales, Isaac, Rusconi...), compagni
    di viaggio (Caneva, il Menego, Sandro Galleani). Rimarranno tutti>.

    Francesco Caielli
     
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