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VARESE Ricevere l'imprimatur dal ''Von Karajan del basket'', il direttore di un'orchestra gialloblù come la Ignis delle dieci finali di Coppa dei Campioni, è un privilegio per pochi. Ebbene Aldo Ossola, perché è ancora lui il vero playmaker nell'immaginario collettivo varesino, richiesto di un parere su Rocco Stipcevic dopo averne osservate le mosse contro Caserta, ce ne ha dato un giudizio positivo: «È buono! Se impara a gestirsi ancor meglio negli scarichi in area, lo diventerà ancor di più».

Un'analisi e un parere illustri, certamente. Ma quando si parla dell'uomo con il numero 6 sulla maglia biancorossa (la stessa del suo compaesano e amico Komazec) risplendono anche le nude cifre. Anzi impressionano, se prendiamo in considerazione le partite giocate sul parquet del PalaWhirlpool dal regista classe 1986 (a proposito, ha 25 anni: abbastanza per avere autorevolezza in campo, ma non troppi per non cercare di diventare ancor più forte). Sono 11 i match interni da lui disputati con la Cimberio: sapete quante volte è uscito sconfitto da Masnago? Una sola: fu nei playoff contro Cantù della primavera scorsa. Dirà pure qualcosa questo dato circa la sua capacità di rivoltare come un calzino un quintetto che, al suo arrivo a febbraio, viveva un momento difficile. E oggi non solo non sbaglia praticamente mai dalla lunetta (22/23), ma anche viaggia a più di 5 assist e quasi 13 punti a partita.

Insomma Stipcevic è un giocatore vero, di quelli che sanno cosa serve a una squadra. Occorre dare il ritmo giusto all'attacco? Eccolo in azione. Serve strappare agli avversari una palla nei momenti topici? Lui c'è: il veneziano Clark si chiede ancora che fine abbia fatto il suo passaggio nella sfida di sabato, a circa 3 minuti dalla fine quando l'Umana era ancora lì, a un punto di distanza.

Se c'è bisogno, poi, perché non segnare con quel suo tiro sgraziato, ma spesso efficace? Sempre sabato l'allenatore avversario Mazzon ci ha ricordato come la tripla di Rocco da 9 metri a -120 secondi sia stata un'autentica mazzata per i suoi.

Andando allora a cercare nel passato, anche non recente, un termine di paragone, ci vien da pensare che il giocatore più simile a lui si chiami ''Moka'' Slavnic. Era il play della grande Nazionale jugoslava tra fine anni '70 e inizio '80 con Cosic e Dalipagic tra i tantissimi. Era rapido e furbo e li comandava a bacchetta facendoli muovere in campo a un ritmo che era un po' quello gorgheggiante della moka con cui si fa il caffè. Coach Tanjevic si affidava in tutto a lui, tanto da volerlo con sé agli inizi dell'avventura con Caserta nel 1982.

Ecco, Stipcevic per migliorare può ispirarsi a lui. Varese non potrà che trarne vantaggio.

Antonio Franzi

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