ROOSTERS99 Posted January 16, 2012 Posted January 16, 2012 (edited) Quasi una burla all'origine della tragedia «Guarda la tua isola». Strage per un gioco In plancia un capo cameriere del Giglio. Lui avvisò: attenti, siamo troppo vicini Dal nostro inviato MARCO IMARISIO ISOLA DEL GIGLIO (Grosseto) - Alle 16.30 riemergono i sommozzatori e va in apnea la speranza. Fino a quel momento era persino sembrata una domenica come tante, con il sole, i traghetti che al posto dei turisti scaricavano sul molo giornalisti giunti da tutto il mondo, con la Costa Concordia ormai diventata parte integrante del paesaggio, e chissà per quanto tempo ancora lo sarà. Le operazioni di soccorso vivono anche di stati d'animo, si nutrono di buone notizie come le auto di benzina. Il salvataggio di un altro superstite, il ritrovamento a Roma di due turisti giapponesi inseriti nella lista dei dispersi avevano aiutato l'Isola del Giglio e i suoi occupanti a tenere lontano, anche solo per un attimo, i cattivi pensieri, a coltivare l'illusione. «Si è fatto sentire qualcuno?» chiedevano gli abitanti agli uomini in divisa, e ammiccavano verso la nave da crociera, con la voglia di darsi certezze, forse non andrà così male, forse li troveranno tutti sani e salvi, magari già lontano da qui. Quando i subacquei Angelo Scarpa e Leonardo Cherico si levano la maschera e dall'acqua agitano la mano verso il loro superiore che li attende sul gommone, la finzione dell'ottimismo finisce, è come il risveglio da un torpore appena accennato ma piacevole. Due, forse tre, anziani. I sommozzatori della Guardia costiera, ragazzi giovani, un sassarese e un civitavecchiese, raccontano con tono controllato, vogliono sembrare professionali, ma si vede che non è solo lavoro. Non può esserlo, questa lotta in un'acqua torbida che nemmeno le torce subacquee riescono a penetrare. Questa ricerca a tentoni in una nave «stabile ma non sicura» che potrebbe scivolare nell'abisso, un palazzo rovesciato e sommerso, dove le pareti sono diventate il pavimento e non esistono ancora planimetrie certe. A forza di picchiare con i martelli hanno fatto un piccolo buco nel vetrata antisfondamento del ristorante sul ponte 3. Non si passava, hanno dovuto togliersi le bombole e poi rivestirsi una volta dentro all'acqua gelida. Si sono calati tra i crepacci di una montagna fatta di mobili, tavoli e oggetti che la forza dell'acqua ha trascinato sul lato «dritto» della nave. Si sono immersi per 40 metri, attraversando il salone, per poi camminare aggrappati alla parete. Il loro capo squadra sapeva bene dove cercare. È anche un ispettore, si occupa di sicurezza della navigazione, conosce quelle grandi barche. I due sommozzatori hanno aperto una porta e si sono trovati all'interno del punto di ritrovo del ponte 3. I corpi galleggiavano sotto al cartello «meeting point», distanti appena un metro uno dall'altro. Giovanni Masia era al suo primo viaggio dopo la luna di miele, mezzo secolo fa. Aveva 86 anni, era sardo di Portoscuso. Portava al collo una medaglietta con le sue generalità. Guillermo Gual, cittadino spagnolo, condivideva con la moglie la passione per le crociere e l'Italia. Da quando era andato in pensione faceva un viaggio all'anno. Avevano entrambi fatto il loro dovere, si erano messi il giubbotto di salvataggio ed erano corsi al punto di raccolta. Non è bastato. Le torce subacquee hanno illuminato altre ombre immerse nell'acqua, hanno portato altre paure, per un attimo è sembrato che in quell'oscurità ci fossero altre vittime. «Abbiamo il sospetto che ce ne possano essere altri» dicono i sommozzatori, e non usano la parola certezza per riguardo, per fedeltà alle consegne dei superiori che hanno l'obbligo dell'ottimismo nei confronti delle ultime diciassette persone che ancora mancano all'appello. Quelle montagne di mobili ammassati uno sull'altro nascondono altre vittime, che non riportano solo a una realtà cupa, sono anche sacrifici umani a una leggerezza che confina con la stupidità. Corrono voci, sull'Isola del Giglio. C'è sempre un momento, tra il compiersi della tragedia e la presa di coscienza della sua enormità, nel quale gli attori si sentono liberi di parlare. Rivelano dettagli che poi diventeranno notizie d'inchiesta, illuminano una verità sempre più sconcertante. È stato così per le comunicazioni tra la Costa Concordia e la capitaneria allarmata, respinta al mittente con un «tutto bene». È così anche sui veri motivi della folle manovra di avvicinamento fatta dal comandante Schettino e dai suoi ufficiali. «Tutto questo per un favore» dicevano le donne sulla panchina il mattino dopo il naufragio. Adesso si capisce cosa intendevano con quella frase. La Procura è arrivata in fretta alle loro stesse conclusioni. Non è stato neppure un gesto di riguardo per i passeggeri, loro non c'entravano nulla, dagli altoparlanti non è uscito un solo annuncio sul Giglio. È stato un gesto autoreferenziale, l'applicazione di un codice di cortesia interno all'equipaggio. L'imperdonabile leggerezza del comandante, la definizione è di Francesco Varusio, procuratore capo di Grosseto, voleva essere al tempo stesso un omaggio a Mario Palombo, una leggenda tra i comandanti della Costa crociere, e un favore all'unico gigliese a bordo, il capo maitre Antonello Tievoli. «Mai avrei immaginato di sbarcare a casa mia» ha detto ai suoi compaesani che lo hanno soccorso a riva. Ci sono brave persone che diventano vittime inconsapevoli della stupidità degli altri. Venerdì sera: Tievoli, figlio del vecchio parrucchiere del Giglio, ex ristoratore e gestore di un camping, imbarcato dodici anni fa, viene chiamato sul ponte di comando da Schettino e dai suoi attendenti. «Antonello vieni a vedere, che stiamo sopra al tuo Giglio» gli hanno detto. Forse era anche una presa in giro amichevole, perché il capo dei camerieri doveva «scendere» dalla nave la settimana precedente, ma non era arrivato il rimpiazzo ed era dovuto restare a bordo. Lui si è affacciato, ha guardato, ha visto. Non ha ruoli in macchina o in coperta, ma ha gli occhi per guardare. «Attenti, che siamo vicinissimi alla riva» ha detto al comandante. Troppo tardi. Adesso il maitre del Giglio è chiuso in casa, abita lontano dall'isola, e chi ha parlato con lui racconta di un uomo tormentato dai sensi di colpa, per quel gioco non voluto e neppure richiesto che lo ha trasformato in un protagonista a sua insaputa di uno dei più grandi naufragi della storia d'Italia. È già stato sentito dagli ufficiali della Guardia costiera su delega dei pubblici ministeri che conducono l'indagine, dovrà ripetere la sua versione anche ai carabinieri. È un destino e una rabbia che deve condividere con Palombo, l'uomo che fu punto di riferimento per ogni gigliese entrato in Costa crociere. In gergo marinaresco si chiama «inchino», l'avvicinamento a un luogo per fare un piacere o un omaggio a un membro dell'equipaggio. Il vecchio comandante era uno specialista, dicono lo facesse anche quando si avvicinava a Camogli, seppur consapevole del minor trasporto dei liguri per queste cose. Mai nessuno come i gigliesi, ripeteva. «Ma io concordavo sempre il passaggio con la Capitaneria di porto», urla al telefono. Non ci sta, a essere citato in una storia disgraziata come questa. In pensione, ma sempre uomo di mare, orgoglioso della propria storia professionale. Fu costretto a lasciare nel 2006. L'infarto lo colpì a bordo, al porto di Napoli un'ambulanza lo portò a sirene spiegate in ospedale per l'intervento al cuore. Non nega la sua amicizia con Tievoli, ma qui si ferma. «Non capisco come sia potuto succedere, cosa è passato per la testa del mio collega. Il permesso della Capitaneria non è necessario. Il comandante fa la rotta che vuole, a bordo è lui il sovrano: ma non accetto di essere tirato in ballo, per nessuna ragione. E lo scriva, la prego: i miei genitori erano del Giglio, ma io sono savonese di nascita». Lo dice con voce strozzata dalla rabbia. Lo dice dalla sua casa di Grosseto, dove trascorre le stagioni fredde. Il destinatario dell'omaggio non era neppure sul posto, il maitre ripete in continuazione che se gliel'avessero detto avrebbe fatto volentieri a meno di quell'inchino. La stupidità umana è come il mare, quando si scatena travolge tutto e tutti. Marco Imarisio 16 gennaio 2012 | 13:41 corriere.it Articolo con link _____________________ Edited January 16, 2012 by ROOSTERS99
ROOSTERS99 Posted January 17, 2012 Author Posted January 17, 2012 Drammatica telefonate "Comandante, salga a bordo !!"
simon89 Posted January 17, 2012 Posted January 17, 2012 Drammatica telefonate "Comandante, salga a bordo !!" pazzesco.....
Ponchiaz Posted January 17, 2012 Posted January 17, 2012 "Il comandante e' sovrano, fa la rotta che vuole" Ma in che pianeta scusate?
Leasir Posted January 17, 2012 Posted January 17, 2012 un italiano e un greco che affondano una gigantesca nave ispirata alla Comunità Europea. questa sì che è una metafora con i controcoglioni.
ROOSTERS99 Posted January 17, 2012 Author Posted January 17, 2012 un italiano e un greco che affondano una gigantesca nave ispirata alla Comunità Europea. questa sì che è una metafora con i controcoglioni. No, sono dei coglioni e basta !!!
Ponchiaz Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 Diciamo...l'accento del comandante non aiuta.
homersimpson Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 Però fa pensare il fatto che i centinaia di morti delle "carrette del mare" al largo di Lampedusa non li ha mai cagati nessuno.
Ponchiaz Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 Però fa pensare il fatto che i centinaia di morti delle "carrette del mare" al largo di Lampedusa non li ha mai cagati nessuno. Non e' vero.
Mangusta Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 Però fa pensare il fatto che i centinaia di morti delle "carrette del mare" al largo di Lampedusa non li ha mai cagati nessuno. Non è vero...ci hanno fatto anche dei film...
Mangusta Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 (edited) "Il comandante e' sovrano, fa la rotta che vuole"Ma in che pianeta scusate? Da quanto sentito ieri sera tra Porta a Porta e Matrix sembra che sia così...il Comandante ha una notevole discezionalità che varia a seconda delle condizioni del mare ecc. Ho idea che ci si debba mettere a tavolino e rivedere le regole di navigazione... Edited January 18, 2012 by Mangusta
Ponchiaz Posted January 18, 2012 Posted January 18, 2012 (edited) Basta pensare la cosa in campo aeronautico...adesso mentre torno da Chicago il pilota passa a salutare sua zia facendo il pelo alla statua della liberta'. Poi tocca ammazzarlo... Poi anche questo De Falco...divertente ma..cosa ha veramente fatto di così eroico? Edited January 18, 2012 by Ponchiaz
ROOSTERS99 Posted January 19, 2012 Author Posted January 19, 2012 Mo' salta fuori la Moldava in plancia..........
Long Leg Posted January 19, 2012 Posted January 19, 2012 LA CONSUETA, ITALICA, APPROSSIMAZIONE.............e come sempre completa mancanza del rispetto per le regole prestabilite! Al di là del buon De Falco, integerrimo, qualcuno mi spiega perchè la capitaneria di porto ha SEMPRE chiuso un occhio sulla tradizione dell'inchino??? Ora fanno tanto i moralisti, ma se quel coglione di Schettino ha fatto liberamente questa immane cazzata, è solo perchè era "normale" che si facesse, al di là delle norme prescritte!!!!!!
ROOSTERS99 Posted January 19, 2012 Author Posted January 19, 2012 E questa ??? Cronologia eventi Capitaneria di porto e anche Prima telefonata Capitaneria ......ma che cazzo di gente governa 'ste navi !!!!
Leasir Posted January 19, 2012 Posted January 19, 2012 LA CONSUETA, ITALICA, APPROSSIMAZIONE.............e come sempre completa mancanza del rispetto per le regole prestabilite! Al di là del buon De Falco, integerrimo, qualcuno mi spiega perchè la capitaneria di porto ha SEMPRE chiuso un occhio sulla tradizione dell'inchino??? Ora fanno tanto i moralisti, ma se quel coglione di Schettino ha fatto liberamente questa immane cazzata, è solo perchè era "normale" che si facesse, al di là delle norme prescritte!!!!!! Da quel che ho letto la Capitaneria di Porto non ha giurisdizione sulle rotte decise dal capitano, a patto che rimanga in acque navigabili. Gli "inchini" avvenivano di solito un centinaio di metri più al largo, immagino che rientrassero nei limiti.
Long Leg Posted January 20, 2012 Posted January 20, 2012 Da quel che ho letto la Capitaneria di Porto non ha giurisdizione sulle rotte decise dal capitano, a patto che rimanga in acque navigabili.Gli "inchini" avvenivano di solito un centinaio di metri più al largo, immagino che rientrassero nei limiti. vero che la decisione ultima sta sempre nelle mani del capitano, ma a giudicare dalle foto degli "inchini" fatti negli ultimi anni in Italia (vedi ad es. quella davanti a Piazza San Marco a Venezia) mi chiedo quale potesse essere il limite (il marciapiede della Piazza?)
tatanka Posted January 20, 2012 Posted January 20, 2012 vero che la decisione ultima sta sempre nelle mani del capitano, ma a giudicare dalle foto degli "inchini" fatti negli ultimi anni in Italia (vedi ad es. quella davanti a Piazza San Marco a Venezia) mi chiedo quale potesse essere il limite (il marciapiede della Piazza?) Per assurdo mi sa che Venezia, che non ha scogli sia più sicura che il Giglio. Almeno per la nave, perchè magari a Venezia sta su la nave ma vengono giù tre chiese.
Leasir Posted January 20, 2012 Posted January 20, 2012 Per assurdo mi sa che Venezia, che non ha scogli sia più sicura che il Giglio.Almeno per la nave, perchè magari a Venezia sta su la nave ma vengono giù tre chiese. esatto, è quello che lamentano quelli del comitato anti grandi navi
pxg14 Posted January 20, 2012 Posted January 20, 2012 Da repubblica.it .... L'inchino sparisce dal blog Sicuramente, Costa, nelle 24 ore successive al naufragio, oscura sul suo blog ufficiale l'orgoglio con cui esibiva altri storici "inchini" alle isole, come quello del 30 agosto 2010 a Procida, quando al timone, guarda caso, è Schettino. La compagnia, insomma, non ha interesse a che si apra un capitolo complicato. Quello delle rotte sotto costa. È un business importante. Un colosso come la Concordia che sfila a un passo da terra, magari nel canale della Giudecca, con il suo gran pavese illuminato, non ha prezzo, come strumento di auto-promozione. Molto più efficace di uno spot. Lo sanno gli armatori, lo sanno le capitanerie. L'importante, fino a venerdì 13, per dirla con le parole di ieri dell'ammiraglio Domenico Picone, comandante della Capitaneria di porto di Napoli, è che "le cose vengano fatte con buon senso". Insomma, navi non troppo vicine, capitanerie non troppo "fiscali".
Ale Div. Posted January 21, 2012 Posted January 21, 2012 Da repubblica.it.... L'inchino sparisce dal blog Sicuramente, Costa, nelle 24 ore successive al naufragio, oscura sul suo blog ufficiale l'orgoglio con cui esibiva altri storici "inchini" alle isole, come quello del 30 agosto 2010 a Procida, quando al timone, guarda caso, è Schettino. La compagnia, insomma, non ha interesse a che si apra un capitolo complicato. Quello delle rotte sotto costa. È un business importante. Un colosso come la Concordia che sfila a un passo da terra, magari nel canale della Giudecca, con il suo gran pavese illuminato, non ha prezzo, come strumento di auto-promozione. Molto più efficace di uno spot. Lo sanno gli armatori, lo sanno le capitanerie. L'importante, fino a venerdì 13, per dirla con le parole di ieri dell'ammiraglio Domenico Picone, comandante della Capitaneria di porto di Napoli, è che "le cose vengano fatte con buon senso". Insomma, navi non troppo vicine, capitanerie non troppo "fiscali". Costa minchia! E fan culo! Rispetto per le leggi del mare, della montagna e della natura!
Mangusta Posted January 21, 2012 Posted January 21, 2012 Non c'e niente da fare, il dio denaro ha il sopravvento su tutto...
ROOSTERS99 Posted January 23, 2012 Author Posted January 23, 2012 Padiglione Italia Costa: si è dissolto il principio di autorità Il concetto di responsabilità personale è uno dei beni più preziosi che abbiamo perduto MILANO - Prima che la tragedia si inabissi nella farsa, prima che la Concordia diventi un format per una soap, prima che la flottiglia degli opinionisti decida se mi-si-nota-di-più se parlo male di De Falco o se parlo bene di Schettino, prima che la retorica dell'antiretorica («lo Schettino che è in noi») ci stordisca, prima che la lapidazione faccia il suo corso... Ecco, un attimo prima cerchiamo di capire cosa rappresenta questo naufragio dai molti padri. Non basta l'Istat a fotografare l'Italia, a volte le sventure servono anche a emulsionare la lastra dell'anima di una nazione, a ridarci il coraggio di ricominciare. Una cosa l'abbiamo capita. Da noi si è dissolto il principio di autorità, non si sa più chi comandi. E chi comanda non sa più comandare. Sulla Concordia, «nave senza nocchiere», è saltata tutta la catena di comando, da Genova all'Isola del Giglio. Schettino è il capro espiatorio, ma tutti sapevano, a terra e in mare. Se una maestra sgrida un ragazzino, il giorno dopo i genitori protestano. Se bocci qualcuno, quello ricorre al Tar. La delegittimazione di chi ricopre un qualsiasi incarico è continua: il concetto di responsabilità personale è uno dei beni più preziosi che abbiamo perduto, tanto c'è sempre qualcuno che discolpa o giustifica. Alla lunga, non c'è da stupirsi se un comandante viene meno al suo principale compito, perché il suo ruolo ormai è completamente svuotato. Il dovere resta una sorta di rassegnazione endemica. Forse l'enorme chiacchiericcio che sta sommergendo una seconda volta questo bateau ivre vacanziero serve solo a coprire il vero dramma: il naufragio della Concordia è stato quello della nostra mediocrità o incuranza. Se un regista mettesse assieme tutti i filmini che sono stati girati nel momento del disastro verrebbe fuori il Grande Fratello che ci manca: quello capace di scrutarci dentro. Ci consoliamo con la grandiosa mobilitazione, con la solidarietà, con i gesti di eroismo che in queste occasioni, per fortuna, non mancano. Ma vedremo mai l'alba di un giorno in cui gli incapaci restano inattivi e gli sciocchi zitti? Già Longanesi diceva che in Italia «è meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità». Aldo Grasso 22 gennaio 2012
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