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INTERVISTA A MAGNANO


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Per chi non ha letto ieri la Gazzetta:

Magnano, il ministro del lavoro

Quando è arrivato poco meno di un anno fa con la medaglia d'oro olimpica al collo, da Ruben Magnano chiunque, non solo a Varese, si aspettava bacchetta magica e risultati. Che non arrivarono, anzi. Insediatosi al posto di Giulio Cadeo lo scorso novembre dopo nove partite di campionato (3 vinte e 6 perse), la squadra guidata dall'ex c.t. dell'Argentina chiuse senza gloria e, anzi, qualche brivido: un ruolino di 10 vittorie e 15 sconfitte con il tecnico in panchina, il 14˚ posto al termine della stagione regolare, con due soli punti di vantaggio sulla linea della retrocessione. Oggi la sua Varese, profondamente rinnovata, è in testa alla classifica con tre vittorie su tre partite.

— Señor Magnano, cos'è cambiato dallo scorso anno?

«Abbiamo lavorato bene nei 50 giorni precedenti all'inizio del campionato e mi pare che questi siano i risultati di una buona preparazione. Siamo solo all'inizio della stagione, stiamo tranquilli e continuiamo a lavorare così senza pensare troppo a quello che abbiamo fatto, ma a quello che dobbiamo ancora dimostrare».

—Era da anni che Varese non respirava aria di alta quota. Difficile predicare calma.

«Percepisco anch'io una certa, come si dice, effervescenza nell'ambiente. Ma tre partite non cambiano i nostri obiettivi: chiudere il girone d'andata tra le prime otto e qualificarci per le finali di coppa Italia. E poi puntare a un posto nei playoff».

— Dopo tre partite vinte, compreso il successo con la Fortitudo campione d'Italia, non ha la tentazione di alzare il tiro?

«Dopo tre giornate si può dire tutto e il contrario di tutto. Parlare prima e spararle grosse è facile e anche divertente, preferisco tenermi i miei dubbi. Certo, puntiamo più in alto che si può, ma non sono tre vittorie che cambieranno il nostro modo di lavorare».

— Lei dice sempre che sia il vostro gioco sia gli eventuali successi nascono da una buona difesa.

«Assolutamente. Non siamo una squadra con una straordinaria forza fisica, quindi il nostro lavoro difensivo deve essere sempre votato a una notevole aggressività. Mi pare che si veda».

— Soprattutto Rolando Howell, primo nelle palle recuperate in serie A con una media di 4.7 a partita con Keith Carter di Capo d'Orlando. Non succede spesso a un centro.

«Il nostro pivot è l'elemento più importante del lavoro in difesa. Ma se Rolando recupera tanti palloni soprattutto in anticipo, è perché la difesa di squadra ha obbligato gli avversari a compiere passaggi più difficili di come avrebbero voluto. Come sempre il risultato finale è il frutto del lavoro di squadra, anche se i numeri possono premiare un giocatore in particolare».

— Howell non rischia di essere leggerino contro pivot più prestanti?

«È un dubbio che ho anch'io. Anche secontro Bagaric e la Fortitudo domenica scorsa ha superato una prova importante. Ma torno al mio concetto base: se tutta la squadra lavora bene, le eventuali difficoltà di un solo giocatore non potranno condizionare il risultato. Ad esempio, domenica Collins ha preso 6 rimbalzi, nella prima partita 9 e ha una media di 5.7 partita. Non è male per un play alto 1.88».

— A proposito di Collins: in campo aperto pare molto più a suo agio che contro la difesa schierata.

«De Juan può migliorare molto, soprattutto nella gestione della squadra. Deve ancora capire bene quello che vogliamo da lui. Il suo obiettivo deve sempre essere quello diarrivare prima che la difesa si piazzi come vuole. Quando sarà pronto Federico Bolzonella, avremo più possibilità di gestire queste situazioni. Anzi, non è escluso che i due non possano giocare insieme e completarsi».

— Cosa manca ancora a Varese, secondo lei?

«La squadra deveancora crescere sotto il profilo del gioco corale. Sia in difesa sia in attacco. È solo una questione di chimica. Ma c'è già un elemento statistico che mi incoraggia molto: la nostra media di asistencie per partita è di 13.6. Credo che una media di assist sui 12-14 sia il numero più confortante per un allenatore. Vuol dire che la squadra funziona».

—Manca Andrea Meneghin a questa squadra?

«Andrea è un hombre de pallacanestro. Ha chiesto del tempo per seguire l'evoluzione del suo infortunio. Non abbiamo mai perso le speranze di riaverlo».

Paolo Bartezzaghi

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MAGICO

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Manca Andrea Meneghin a questa squadra?

«Andrea è un hombre de pallacanestro. Ha chiesto del tempo per seguire l'evoluzione del suo infortunio. Non abbiamo mai perso le speranze di riaverlo».

Non so se la risposta di magnano è stata riportata correttamente, ma se cosi fosse vuol dire che il menego torna? ;) altrimenti avrebbe dovuto dire: non abbiamo ancora perso le speranze di riaverlo...

mi sto illudendo da solo??

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Manca Andrea Meneghin a questa squadra?

«Andrea è un hombre de pallacanestro. Ha chiesto del tempo per seguire l'evoluzione del suo infortunio. Non abbiamo mai perso le speranze di riaverlo».

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Direi che è una risposta pragmatica, da piedi a terra che non lascia traspire niente di quello che si sa già. C'è ancora tanto tempo prima delle risposte...

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