Lucaweb Posted May 29, 2008 Share Posted May 29, 2008 (edited) Scritto da: Francesco Caielli Nell´immaginario collettivo la gente di Varese ricorderà sempre Edoardo Bulgheroni come l´artefice principale dello scudetto del 1999. Dalle sue mani partì quel progetto che portò allo storico risultato, ma la costruzione di quei Roosters stellari iniziò parecchi anni prima. Si può datare la genesi di quel gruppo indimenticabile nell´estate del 1993, ritiro di Pila. C´era una società da rilanciare, una città da conquistare, un sogno da rilanciare. Le sapienti mani di Cappellari seppero creare una squadra fortissima (era l´anno di Komazec) e un general manager vincente. <<Non ci si improvvisa professionisti dello sport da un giorno all´altro - confida Edo Bulgheroni -. Quando io scelsi di intraprendere questa strada, cioè di non essere solo proprietario ma anche manager, mi rintanai sotto l´ala protettiva di Tony Cappellari che, per tre anni, mi fece da guida e mi insegnò tutto quello che c´era da sapere. Lui divenne presidente con il preciso compito di forgiarmi e farmi crescere>>. Fu lui, dunque, quell´uomo forte che pose le fondamenta per le future fortune della Pallacanestro Varese? Dal 1993 al 1995 lui mi ha fatto da maestro, e non avrei potuto capitare meglio. Poi Bologna gli fece un´offerta irrinunciabile, e io mi trovai a camminare da solo. Ma ero pronto, nonostante la mia giovane età. Cosa le ha insegnato Cappellari? Tutto ciò che serve per stare alla guida di una squadra di basket. Mi ha insegnato che, per prima cosa, bisogna tessere una rete di rapporti personali vastissima. Io conoscevo tutti i custodi dei palazzetti in cui andavamo a giocare, e ogni volta che andavo in Lega Basket davo del tu a ogni persona che incontravo. E poi gli agenti, con i quali ho sempre avuto ottimi rapporti professionali. Gli americani li sceglieva Tony, ma degli altri mi occupavo io. Tutti sapevano chi ero, e mi rispettavano. Se avevano un giocatore da rilanciare o da far crescere lo mandavano da noi. Se avevano una "sola" da affibbiare a qualcuno lo mandavano da un´altra parte. Queste cose non te le inventi, né le crei da dietro una scrivania e con i soldi. Bisogna costruirsele giorno dopo giorno. E per quanto riguarda il rapporto con i giocatori, con la squadra? Bisogna vivere lo spogliatoio, bisogna saper ottenere il permesso di entrarci. Io avevo l´abitudine di stare seduto in panchina vicino all´allenatore, e poi in squadra c´era mio fratello Tony . Andavo agli allenamenti tutti i giorni, ero quotidianamente a contatto con la squadra. Mi scontravo e litigavo anche: ricordo un ferocissimo alterco con Davide Bianchi, ci urlammo addosso di tutto. Ma queste cose servono, anzi, sono fondamentali. Alla Varese di oggi manca una figura del genere? Faccio una premessa. Tutti quanti dobbiamo solo ringraziare la famiglia Castiglioni. Per la passione che ci mette, perché sta garantendo la sopravvivenza della pallacanestro in questa città, non solo a parole ma con i fatti. Detto questo rispondo che sì, a Varese manca una figura forte. Che non può essere Claudio Castiglioni preso da mille impegni lavorativi che giustamente considera più importanti del basket. E che non ha l´esperienza per gestire, dal di dentro, una realtà come una squadra di pallacanestro, essendosi affacciato a questo mondo solo da pochi mesi. Ci vogliono le persone giuste al posto giusto e, come ho detto prima, non si può improvvisare nulla. Ritorno alla mia esperienza: Cappellari mi ha preso per mano e mi ha lanciato, poi ho camminato con le mie gambe. E al mio fianco ho sempre avuto un uomo come Gianni Chiapparo. Non una persona forte, ma una figura importante che si occupava delle questioni tecniche. Quello che ci vorrebbe, par di capire, è una persona in grado di occuparsi a tempo pieno della squadra. Ecco che torniamo al discorso dell´ "uomo forte". A questa Varese manca, e personalmente non posso che sponsorizzare Tony Cappellari: lui è quello che servirebbe, a mio avviso. Sentendo parlare Edo Bulgheroni non si può non notare come questo mondo, quello del basket, gli manchi da morire... Non posso negarlo. L´atmosfera degli spogliatoi, il giorno della partita. Lavorare nello sport è la cosa più bella del mondo. Ora non è il momento però, perché mi sto occupando di tutt'altro... Francesco Caielli Edited May 31, 2008 by Lucaweb Link to comment Share on other sites More sharing options...
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