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"Se continueremo, l'allenatore sarà Magnano"


Lucaweb

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Scritto da:Giancarlo Pigionatti

Hai voglia restare per ore con il naso all'insù ad aspettare una fumata, bianca o nera, poco importa, anzi importa e molto. Sono le otto di sera ma dal comignolo del quartier generale della CastiGroup non esce un accidente, eppure Ruben Magnano è salito al primo piano, nell'ufficio di Gianfranco Castiglioni, dove già c'era il figlio Claudio Maria, attorno alle diciannove.

Si scanneranno ben bene prima di fumare il calumet della pace, se guerra c'è stata, mettiamola così, sapendo di una riunione di contatto tra la società e il tecnico, con il futuro per argomento.

Pochi minuti dopo scendono tutti nel piazzaletto parcheggio della fabbricona di via Sanvito: nessun volto truce ma nemmeno sorrisoni, il che, tradotto in realtà, rispecchia l'incontro, da preliminare di Coppa.

Gianfranco Castiglioni sale sulla sua ammiraglia e sgomma via, mentre il figlio e Ruben Magnano, si guardano e mi guardano. E' il giovane presidente a parlare, poco ma quanto basta per fare chiarezza su un momento del genere: «E' stato il papa a non voler concludere la trattativa con Ruben, deve ancora decidere se continuare con la pallacanestro o smettere. In ogni caso la squadra, l'ha detto e ribadito, sarà iscritta al campionato».

Non v'è da sobbalzare conoscendo l'impegno del grande patron, ben oltre alle sue preoccupazioni, conti alla mano, reali in merito a una nuova stagione onerosissima.

Non è questione di umori o, peggio, di chiari di luna, il presidente ha le sue buone ragioni per aspettare o, meglio, per capire se dev'essere ancora una volta solo - come il fesso della compagnia - a reggere dispendiosamente la squadra più gloriosa della città.

E Magnano che fa? Resta o se ne va?

«Se il papa proseguirà -puntualizza Castiglioni junior - Ruben sarà indiscutibilmente il nostro allenatore».Magnano, lì a un passo, annuisce e apre il suo volto a una smorfia di

compiacimento, che, probabilmente, aspettava di liberare, non prima di ascoltare che cosa avrebbe rivelato il giovane e autorevole Castiglioni.

C'è anche lo spazio per qualche amabile battuta sul conto dell'allenatore che sta al gioco accettando, con grande autoironia, qualche pizzicotto per una stagione che avrebbe dovuto dare ben altre soddisfazioni. S'abbozza qualche rimedio, nessun nome di gio

catore, sia chiaro, semmai si chiosa su un modo d'essere del tecnico in campo, probabilmente, meno rigido e inchiodato nelle sue convinzioni. Tant'è che Ruben, capendo l'antifona, se ne esce così: «Dovrei essere più creativo? Va bene, lo sarò». Non solo ma, a volte, in allenamento, nasconda il bastone per usare la carota..., i giocatori sono uomini che hanno anche voglia di divertirsi lavorando.

Sarà, dunque, Magnano a guidare Varese (come sarà, non si sa) anche nella prossima stagione, sempre che la famiglia Castiglioni sciolga i nodi dei suoi dubbi.Che sono ormai proverbiali e riconducibili ai tanti denari spesi in questi anni e senza nemmeno un cenno d'aiuto, a parte i soliti noti, tifosi compresi. Una squadra, che calamità 4.400 spettatori di media a gara, quindi l'interesse e la passione di un'intera città, dev'essere considerata un patrimonio di tutti, dovendo riconoscenza, ma in modo tangibile, alla proprietà che ne regge le sortì rimettendoci ogni volta, un sacco di soldi.

Ci sono forme e forme di intervento, per dire di contributi pubblici e privati, quindi di una maggior sensibilizzazione da parte degli enti e di quegli imprenditori che si possono permettere una partecipazione finanziaria. Proprio ieri, su queste colonne, la famiglia Castiglioni ha fatto notare di non potersi più permettere certe cifre, come lo sono i tre milioni e mezzo di euro che ha sopportato, a fondo perso, nella stagione appena conclusa. Gianfranco Castiglioni non farà mai pubblicamente certi ragionamenti, mai tirerà per la giacchetta i notabili della città o i signori del palazzo ma il suo pensiero è perscrutabile, ben conoscendo lo scenario sportivo di Varese dove è scomparso l'Hockey e dove il calcio tornerà grande, se lo stadio diventerà un supermarket.

Il grande patron però tace, non vuol passare per una vittima, l'orgoglio resiste, anche se da tempo aspetta di vedere premiati i suoi sforzi, quindi i suoi progetti, attraverso ritocchi urbanistici nel proprio quartier generale e non c'è bisogno di di continuare a costruire case su case, catrame e cemento, laddove c'era l'erba, come potrebbe invece accadere in una via Gluck futura in zona ippodromo. Dunque, Varese aspetta che il suo patron trovi ancora entusiasmo ma, soprattutto, quelle risposte che non intende sollecitare ma che vorrebbe sentirsi dare. Ora tocca alla città muoversi.

Giancarlo Pigionatti

Edited by Lucaweb
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