Lucaweb Posted July 6, 2008 Share Posted July 6, 2008 di Giuseppe Sciascia Un "varesino doc" costretto a cercar fortuna a Napoli per co struirsi una "rispettabile" professionalità cestistica: Maurizio Tallone non ha mai "sfiorato" la nobiltà cestistica della grande Ignis degli anni '70 ma, dopo essere cresciuto nelle giovanili della Robur et Fides, restano quelle cinque stagioni disputate tra A2 e serie B ali 'ombra del Vesuvio. L'ex giocatore, oggi 52enne, passato anche da Livorno e Vigevano, sfoglia volentieri il libro dei ricordi: «A Napoli vissi dal 1976 al 1982 cinque stagioni molto intense. Alla Robur la situazione s'era bloccata dopo l'anno in cui si puntò al salto di categoria ma non fummo ammessi alla poule finale dopo un burrascoso post-partita con l'arbitro Vitolo. Per coronare il mio sogno di giocare in serie A scelsi Napoli coniugando il basket allo studio per conseguire il diploma dell'ISEF. Stipulai un contratto per tre anni e dopo il diploma di laurea rimasi per altre due stagioni diventando il primo giocatore non napolelano a vestire la fascia di capitano». E, pur in un periodo "interlocutorio" del movimento napoletano, Tallone ricorda d'aver lasciato il segno: «Arrivai laggiù nell'ultimo anno di esistenza della gloriosa Partenope che poi retrocedette in B, acquistata dall'ingegner De Piano, protagonista fino al primi anni Novanta alla guida del Napoli Basket. Ricordo Paolo Pepe e Manfredo Fucile, bandiere locali insieme con Massimo Antonelli, più altri atleti del periodo della B come Dordei, Cima, Errico e Pasquale. Come americani c'erano il lunghissimo Holcombe, uno dei primi elementi di 215 centimetri arrivati in Italia, l'intelligentissimo Lee Johnson e un atletone come Mark Davis, con una testa però... rivedibile. Aver partecipato alla rinascita del basket partenopeo rimane per me un motivo d'orgoglio: a Napoli la società rischiava di fallire, invece i nostri risultati misero le basi per i fasti degli anni '80 quando arrivarono Taurisano e Novosel. Io feci, per esempio, da chioccia a Massimo Sbaragli che diventò uno dei simboli del Napoli Basket». Tempi in cui il calcio e Maradona non la faceva ancora da padrone (era l'epoca del Napoli di Rina Marchesi con il varesino Ferrano) e nel quale i giocatori di basket erano trattati come idoli dalla "piazza". «A Napoli - è sempre Tallone che. parla - ho vissuto l'esperienza professionistica ai massimi livelli di positività e negatività. L'anno della retrocessione in B il clima era tutt'altro che tranquillo ma nelle stagioni successive al vecchio "Mario Argento" c'erano fino a 10 mila spettatori per gli spareggi-promozione contro Brindisi e Reggio Calabria. Ed io, che ero il capitano, fui spesso invitato nelle tivù private di cui c'era la prima fioritura. Spesso venivo riconosciuto per strada dalla gente, cosa che difficilmente capita in una grande città a un cestista. Per me era un lavoro a tutti gli effetti: con lo stipendio da giocatore mantenevo la famiglia. A Napoli sono nati i miei due figli». Tallone è uscito, da un paio di anni, dalla scena cestistica che, per tante stagioni, lo ha visto protagonista da allenatore nelle "minors" nastrane (Borgomanero, Venegono, Tradate e Besozzo le tappe più importanti di una carriera ultradecennale), per dedicarsi alla carriera di dirigente scolastico, tant 'è che dopo due anni di preside del liceo classico "Cairoli" di Varese è passato all'istituto superiore di Sesto Calende ("plesso" con 5 corsi di studio con oltre 900 studenti). Ma la "passionacela" per la pallacanestro resta e il cuore batte forte in vista del match di domenica tra Napoli e Varese: «Ho visto in tivù la Whirlpool contro Biella e sono rimasto deluso. Confidavo in una vittoria dopo un periodo in cui la squadra stava viaggiando bene, invece ho visto una squadra spenta è con poco mordente, anche se sotto il profilo della qualità in organico mi sembra decisamente migliore degli scorsi anni. La Eldo mi sembra leggermente inferiore alla stagione passata anche se è ancora presto per esprimere giudizi, quella piazza è un po' speciale. Se a Varese la passione è radicata in una tradizione tale secondo cui la squadra ha un seguito elevato nel bene e nel male, a Napoli l'entusiasmo c'è soltanto se la squadra vince. Ultimamente questo rapporto sembra in equilibrio ma se i risultati non sono pari alle aspettative, la città ti volta le spalle. Pronostico per domenica? Il cuore direbbe X, oggi però tifo più per Varese che per Napoli, essendo passati venticinque anni. Certo è che il fattore-campo del PalaBarbuto da al team di Succhi il favore del pronostico». Giuseppe Sciascia Link to comment Share on other sites More sharing options...
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