Lucaweb Posted July 10, 2008 Share Posted July 10, 2008 di Andrea Confalonieri Ma siete pazzi a Varese? Mai visti arrivare tifosi dal Nord in questo posto»: un fotografo di Scafati strabuzzava gli occhi davanti a quell'onda biancorossa che si agitava sugli spalti in mezzo alla campagna napoletana la sera prima di Capodanno. Sono pazzi, eppure esistono. Ed esiste ancora qualcuno che riesce a ferirli. Ma esiste anche chi arma la penna del loro stesso cuore e, per loro, scrive. Per quei trenta cuori matti che si sono sentiti morire dentro dopo due giorni di viaggio per andare e tornare dall'inferno. Per Gianni Chiapparo che il primo gennaio ha caricato la famiglia in macchina ed è andato a rinascere sul cocuzzolo di un castello umbro, lontano dal dolore di una sconfitta sciagurata. Per Claudio Castiglioni che, al di là dell'Oceano, avrà rischiato di spaccare la testa contro un muro, dopo avere avere vissuto in diretta tanta sofferenza per nulla, tanta sofferenza per ritrovarsi tra le mani una sconfitta da piccoli uomini. Piccoli come l'arbitro Sabetta, che evidentemente non ha grande stima di se stesso per arrivare a usare il fischietto come una forca, come un cannone armato dalla ferocia degli spalti e puntato sulla Whirlpool. Ma il tempo, ne siamo certi, anche con lui sarà galantuomo. Piccoli come i biancorossi nei dieci minuti peggiori dell'anno, con quei tre canestri su azione nel secondo quarto firmati da un manipolo di facce da funerale. Piccoli come il volto peggiore di Ruben Magnano che - scamiciato - cammina avanti e indietro davanti alla panchina fino a scavare i solchi sul parquet, sempre in ritardo su ogni decisione, o troppo convinto delle decisioni che prende per scegliere la strada giusta. Un allenatore olimpico, con uno stipendio olimpico, non può dimenticarsi in panchina Holland - che poi ti fa vincere la partita, prima che Sabetta te la faccia riperdere -, come aveva fatto con lo stesso Holland e Galanda il 17 dicembre a Masnago con Livorno, o con De Pol - autore della rimonta impossibile - in settembre a Treviso. Non può dimostrare confusione e intransigenza nei momenti cruciali in cui un allenatore ti fa vincere o perdere una partita (vogliamo parlare del derby con Milano, quando per suo preciso ordine Blair venne lasciato Ubero di colpire - e affondare - Varese?). Non può tirare dritto per la sua strada, non può trattare i giocatori da semplici dipendenti comunali, non può dettare legge con le sue convinzioni assolute senza rischiare di isolarsi in una torre d'avorio fatta di schemini sulla lavagna o di sbiaditi trionfi e, da lassù, perdere contatto con la realtà. Che si chiama Varese ed esige di essere ascoltata, accarezzata, stimolata e non dimenticata o, peggio, tollerata. Ma se ne è accorto, dall'alto della sua dimora olimpica, senor Magnano, che si ritrova tra le mani un patrimonio finora svalutato in una classifica innocua, quando avrebbe già potuto e dovuto essere semplicemente superba? E il patrimonio che ha tra la mani è fatto dal pubblico, dalla società e dalla squadra più forti - nel campionato più debole - dall'anno dello scudetto, piene di uomini vincenti, da Holland e Calanda a Chiapparo e Claudio Castiglioni. Lei, senor Magnano, deve sapere che c'è molta gente che non dorme dalla notte di Scafati, come non aveva dormito dopo Treviso e dopo il derby con Milano, e lo sa perché? Perché questa Varese è forte, molto forte. E questo campionato è un'occasione che passa una volta su un milione nella vita per lasciarsela scappare. Ma forse, per chi ha vinto un'Olimpiade, anche un'occasione così grande può apparire piccolina. Link to comment Share on other sites More sharing options...
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