Lucaweb Posted July 12, 2008 Posted July 12, 2008 di Massimo Turconi "Toto e Carlo si preser per mano e andarono insieme incontro la sera", ci piace guardare dentro gli occhi di un bimbo che, che felice e stupito, mano nella mano del nonno, affretta il suo piccolo passo per non perdere un istante dello spettacolo che offre il PalaWhirlpool. Ci piace riannodare quel filo che ha tenuto unite, nell'amore per la pallacanestro e la loro città, le generazioni dei Bulgheroni: dal patriarca Edoardo a Toto, dall'Edo (presidente della Stella) al fratello Tony, tutti grandi cestisti, in campo e alla scrivania. Carlo, figlioletto di Edo, ha la fortuna d'avere un nonno in splendida forma come lo è il sessantaquattrenne Toto, sempre presente a Masnago, in modo defilato e signorile, alle partite della Pall. Varese. L'ex presidente è una mente cestisticamente lucidissima, d'un gradino sopra le altre per le sue capacità di analizzare il mondo del basket a 360 gradi, avendo rivestito un po' tutti i ruoli di alto livello: giocatore, dirigente e "politico" ai tempi in cui era un pezzo grosso in Lega. Resta un fine intenditore cui è naturale chiedere un parere sulla stagione disputata sinora dalla Whirlpool. «Preferisco definirmi semplice appassionato, sempre innamoratissimo di questo sport - osserva Bulgheroni -. Posso dire che il campionato di Varese mi ha soddisfatto perché dietro il rendimento offerto dalla squadra intravedo un progetto. Personalmente "sento" lo stile di Ruben Magnano il quale, dal mio punto di vista, possiede grande professionalità e serietà. Apprezzo l'etica del lavoro del tecnico argentino che, tra gli altri, ha il pregio d'avere dato idee, sostanza e unità alla squadra, pure in momenti bui che, in una stagione, possono capitare». - Molti, però, lo contestano, anzi lo detestano. «Capisco che un modello di pallacanestro, come quello adottato da Magnano, basato sulla massima applicazione difensiva e su un controllo attento delle situazioni offensive, non sia granché eccitante e coinvolgente per il pubblico varesino. Un basket del genere non scatena grande entusiasmo ma, mettendo in luce i lati positivi di questo stile, vedo una squadra preparata, ben messa in campo e, in generale, molto solida. Non a caso la Whirlpool, lontano da Varese, non ha mai subito le batoste pesanti toccate alle sue avversarie. I biancorossi, semmai, possono recriminare per i punti gettati ma queste cose fanno parte del gioco e vanno accettate serenamente». - La fronda anti Magnano sostiene che sia proprio l'allenatore a frenare... la squadra. «Non c'è la controprova ma io non credo, come sostengono alcuni acerrimi contestatori di Ruben, che, con un altro allenatore, le cose sarebbero andate meglio. In tema di aspettative, io nutro un enorme rispetto per Gianfranco Castiglioni che mette mano al portafoglio e che ci rimette di tasca sua. Diversamente la piazza di Varese, seppur tanto appassionata, non ha le potenzialità per sostenere una squadra da Eurolega, come m'è capitato di leggere, da qualche parte. Per queste ambizioni le cifre oscillano tra i 12 e i 20 milioni di euro a stagione. Occhio, quindi, alle aspettative gonfiate. Varese, realisticamente, occupa né più né meno la posizione che le compete. Credo che dal quinto al decimo o dodicesimo posto i valori si equivalgono abbastanza e la differenza si gioca su altri versanti: fortuna, momenti di forma, calendario favorevole, episodi». - Lei nel basket, come padrone del vapore biancorosso, v'è stato per vent'anni... «Adesso però è cambiato e parecchio. Nelle ultime stagioni a ritmo vertiginoso, addirittura incontrollabile, quasi mai in meglio. Non ho rimpianti, né rammarico. Io e la mia famiglia abbiamo vissuto bene tra passioni e sacrifici, tra gioie e soddisfazioni il nostro tempo. Adesso tocca ad altri e, come dicevo prima, bisogna essere grati, non una ma mille volte, ai Castiglioni che permettono a Varese di tenere in vita un'istituzione cittadina così prestigiosa e importante». - Eppure sono in tanti a tirarla per la giacca per incarichi importanti... «Evidentemente non hanno scordato il mio lavoro a favore del movimento ma, sia chiaro, non rientrerei nel mondo della pallacanestro, nemmeno se mi pagassero. Ed io - continua Bulgheroni con una battuta -, per svolgere certe mansioni chiedo veramente tanti quattrini». - Nemmeno se chiedessero "solo" qualche consiglio? «In verità a richieste del genere risposi in passato con idee precise. Mi piacerebbe un mondo del basket, anzi, dello sport in generale, diviso in due settori: dilettanti e professionisti. Il primo nelle mani delle Federazioni che, secondo me, dovrebbero occuparsi della propaganda e della diffusione capillare delle discipline sportive. Dall'altra parte i "Pro" che devono darsi regole chiare, condivise e firmate da tutti. Un mondo d'elite che rispetti le leggi dello stato e del mercato, come succede in NBA: un esempio che funziona e che basterebbe sforzarsi di copiare, almeno nei principi fondamentali. Ho cercato di portare ai piani alti queste considerazioni ma esse sono state bollate come irrealizzabili. Mi sembra impossibile essere ottimisti sin quando il "tempio" sarà frequentato da gente senza regole morali e senza scrupoli, da mangiasoldi, faccendieri e, qualche volta, anche peggio». - Per fortuna, in soccorso, dopo questa visione, c'è il senso di "I love this game". Già, l'estetica del gesto. Che sopravvive... «Delonte Holland, parlando della Varese attuale, è un personaggio che mi riconcilia con la pallacanestro, riassumendo in sé la bellezza del movimento-, è un giocatore spettacolare, offensivamente completo, bello da ammirare. Chiaro che un tipo del genere - spiega Bulgheroni -sarebbe andato a meraviglia in tutte le mie squadre». - Varese e i playoff: ce la farà? «Difficile esprimersi quando il tuo risultato dipende anche da mani altrui. In ogni caso spero di sì: i Castiglioni si meritano un "regalo" che possa ripagare il loro impegno». - Guido Borghi, Toto Bulgheroni, Gianfranco e Claudio Castiglioni sempre presenti nel parterre: che effetto le fa? «Buono e sotto tutti i punti di vista. Nei nostri volti sono racchiusi sessantenni di storia della pallacanestro italiana e altrettanti di una città che, con il basket, vive un amore profondo, talvolta contraddittorio ma totale e costantemente ricambiato». Come il bimbo che, guardando cose mai viste, chiede al nonno con voce sognante di raccontare altre fiabe. Quelle di basket. Le più belle Massimo Turconi
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