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De Pol:"Potevamo arrivare molto più in alto"


Lucaweb

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di Francesco Caielli

Sandro De Pol ha ancora tanta voglia di lottare, e tante cose da

fare. Non avevamo dubbi, conoscendo ormai bene la stoffa di questo

triestino trapiantato a Varese, uno che grazie ad una grinta fuori

dal comune ha costruito una delle carriere più belle e importanti

della nostra pallacanestro. Uno che dopo l´eliminazione dai playoff

per mano di Milano, mentre la gente applaudiva una squadra con due

attributi grandi così e l´allenatore se ne andava senza parlare, si è

seduto davanti ai microfoni per buttare fuori tutta la sua rabbia e

la sua delusione. Delusione per una squadra che avrebbe potuto fare

di più, delusione per non essere stato capace di regalare un sogno a

un pubblico così. Da quella sera è passato qualche giorno ma la

delusione, quella, non se n´è andata. "E´ vero - dice il capitano -

ho ancora un peso sullo stomaco che non riesco a buttare giù e che

non mi lascia tranquillo. Ed è la consapevolezza di non aver fatto

quanto era in nostro potere. Ogni giorno che passa aumenta la

convinzione che avremmo potuto fare molto di più, con questa squadra".

Cosa si rimprovera?

Tutto e niente. Io lo avevo visto subito, fin dal raduno, e lo avevo

anche detto a Chiapparo: "Questa squadra è forte davvero". Avevo

visto in questo gruppo un grande potenziale, ed ero convinto che

avremmo potuto toglierci qualche soddisfazione.

E invece?

E invece, come si dice dalle mie parti, siamo stati dei "mona":

abbiamo buttato via mille occasioni, abbiamo lasciato per strada

troppi punti. Ragazzi, ma avete contato quante partite abbiamo perso

all´ultimo tiro o no? Tanti episodi che sono girati per il verso

sbagliato, e così alla fine siamo arrivati settimi e ci siamo beccati

Milano.

E quel potenziale è venuto fuori almeno nella serie playoff?

No. Voi giustamente dite che abbiamo giocato una grande serie, perché

abbiamo messo in difficoltà Milano in tutte e quattro le partite. Ma

io invece vado controcorrente e dico che ci è mancato qualcosa anche

in queste sfide playoff, che avremmo potuto e dovuto giocarcele

meglio, che nell´arco di ogni partita abbiamo avuto troppi alti e

bassi. La nostra squadra avrebbe potuto giocare tutte e quattro le

gare con lo stesso spirito con cui ha aggredito gli ultimi due

periodi della partita di venerdì.

E si può sapere perché diavolo non l´ha fatto?

Diciamo che non lo so.

Ma questa stagione è stata proprio tutta da buttare?

No, dai, non esageriamo. Abbiamo costruito un bel gruppo, abbiamo

posto le basi per un futuro da guardare con ottimismo, ci siamo

divertiti e - credo - abbiamo fatto divertire. E poi nulla mi

toglierà dalla testa quello che il nostro pubblico ha fatto durante

quei folli cinque minuti dell´ultima partita. Ecco, solo a parlarne

mi viene la pelle d´oca, vedete?

L´aveva mai sentito un macello simile?

Forse solo la sera dello scudetto. E´ stato incredibile e

inaspettato. Ad un certo punto eravamo in difesa e ho urlato a Gek -

che era a un metro da me - di cambiare marcatura. Lui manco si è

girato, non mi sentiva. Ma la cosa pazzesca è che nemmeno io riuscivo

a sentire la mia voce. Credo che all´interno del PalaWhirlpool non si

sia mai raggiunto un livello di decibel così alto, neanche nel più

casinista dei concerti.

Quanto è importante il pubblico a Varese?

E´ ormai rimasta l´unica piazza in cui la gente e l´ambiente sono un

fattore decisivo. Ho girato tutti i palazzi d´Italia e d´Europa, e un

palazzo caldo come il nostro è davvero difficile da trovare,

credetemi. I nostri tifosi fanno parte della squadra, come un

compagno che segna l´ultimo tiro o prende un rimbalzo decisivo, loro

sono fondamentali nelle nostre vittorie.

Eppure, anche quest´anno, il rapporto non è sempre stato idilliaco.

Se si ripensa alla gara in casa con Scafati...

E´ stato il loro modo di esprimere la rabbia verso di noi che non

riuscivamo più a vincere una partita. I tifosi di Varese sono estremi

in tutto: estremi nello starti vicino e nello spingerti con il loro

calore, estremi quando sono arrabbiati.

Si può dire che quella domenica la vostra stagione sia cambiata in

meglio?

E´ stata una giornata particolarissima (Sandrino uscì dal campo in

lacrime), nella quale abbiamo capito che dovevamo svegliarci, che

eravamo forti e che nessuno ci avrebbe potuto togliere i playoff.

Forse la svolta vera e propria si è avuto nel turno successivo con

Cantù. Se aveste perso quella partita sarebbe crollato il mondo, no?

Non credo, la svolta c´era già stata. Eravamo tutti sicurissimi di

vincere, contro Cantù. Non ho mai pensato, nemmeno per un istante,

che avremmo potuto perdere quella partita.

Guardiamo avanti. Il presidente Castiglioni ha annunciato: "Riduciamo

il budget, cerchiamo un po´ di giovani e facciamoli giocare". Che ne

pensa De Pol?

Che è giustissimo, che è ancora possibile trovare giovani validi e

che bisogna avere il coraggio di buttarli in campo. Tanjevic a

Trieste mi fece esordire che avevo diciassette anni, e non lo

ringrazierò mai abbastanza. Ben vengano i giovani, io e Gek saremo

felicissimi di fare le chiocce.

Prima, però, un po´ di vacanza. C´è qualche sassolino che si vuole

levare dalle scarpe?

Ogni cosa a suo tempo. Però una cosa la voglio dire: troppo spesso ho

letto frasi del tipo "De Pol e Hafnar prendono troppi soldi, per i

minuti che giocano". Sarà forse anche vero, ma non siamo mica stati

noi a scegliere di giocare così poco.

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