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Teniamoci stretti Varese e Magnano se dobbiamo paragonarli a Milano e a Djordjevic. L'Olimpia è fuori, il campionato continua con Siena e Vidivici in finale, vale a dire Mclntyre e Blizzard, guarda caso, i due nostri e unici consigli per gli acquisti al club biancorosso nell'estate scorsa. Allora candidammo allo scudetto Siena ma anche Milano e qui ci sbagliammo, bisogna dirlo.

Già, l'Armani Jeans. Alla quale, se Varese merita sei e mezzo in pagella, o un bel sette, se diamo retta a Magnano, nessuno può risparmiare un ignobile cinque per quel rapporto che pretende risultati compatibili al proprio potenziale fisico e tecnico. E Djordjevic non lo è di meno, anzi ci ha messo molto di suo per esporre la squadra a impietose ed enormi contraddizioni. Saremmo stati curiosi di vedere Magnano alla guida di Milano o di una Roma per scoprire la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità sul tecnico argentino che, giorni fa, abbiamo descritto nel bene e nel male. Che dire ancora del club milanese, partito con Tusek, che poi cacciò, per finire con Fajardo, un altro lungo ma in condizioni pietose? Varese, perlomeno, è rimasta fedele al suo stampino d'inizio e ha chiuso il campionato in grande salute e con una discreta immagine di sé, sicché il club biancorosso, seppur con i suoi limiti, di budget e di sentimentalismi, almeno nel caso di alcuni suoi giocatori, supera nel merito, seppur dietro di quattro posti, i danarosi milanesi. Morale, l'Olimpia ha fallito il suo progetto triennale di scudetto e non ci sono scuse che tengano, pagando a Bulleri, Watson e Blair stipendi principeschi, sufficienti a mantenere, a Varese, quasi tutta la squadra.

Certo, la salvano l'Eurolega e una nuova "patrimoniale" che Giorgio Armani le ha garantito

per tre anni ancora non senza un dilemma in panchina: tenere Djord|evic o cacciarlo per far posto a Carlo Recalcati? Al cittì azzurro, allertato, prima del pasticciaccio, dalla Benetton, manca questa grande occasione in una carriera, probabilmente, incompiuta per un milanese, come lo è Recalcati il quale, nel rievocare piccoli grandi crucci di gioventù, raccontava spesso le sue quotidiane sfacchinate, via treno e pulmann, andata e ritorno, tra casa sua e Cantù dove cominciò nella squadra degli juniores. Carlo partiva alle due del pomeriggio e rientrava alle dieci di sera stanco morto e senza un amico con cui bighellonare dopo i compiti. Milano non lo degnò allora, eppure diventò un campione. E lo snobbò poi, come allenatore, pure alla conquista di tre scudetti in città diverse e con significati storici, basti ricordare la Stella di Varese e i primi di Fortitudo Bologna e Siena per dire del suo eccellente rapporto con la Nazionale come giocatore e tecnico. Un suo arruolamento, al finir della carriera, nella sua mai rinnegata ma ingrata Milano, lo ricompenserebbe di presunti torti e patite frustrazioni.

«Sento anch'io queste voci ma - confessa Recalcati -Milano non mi ha fatto alcuna proposta. Se si facesse sentire, potrei anche far conoscere il mio pensiero, magari per dire sì».

Di Magnano ancora a Varese non avevamo dubbi, egli ha scelto la Whirlpool nel rispetto di un contratto e per devozione a Gianfranco Castiglioni cui ha legato il suo futuro: «Lascerei la Città Giardino solo se lo volesse il mio grande patron». E non vi sarebbe offerta che tenga, qualora ne avesse una, e di un club potente, questo è Magnano, grand'uomo, come tecnico naturalmente, importandoci

poco se lo fosse giocando a "tresette" al Circolino di Casbeno. Sulla parola data, egli non scherza, anzi diventa una belva, se la si mette in dubbio: una volta tenne a chiarirci, con energia e severità, questo concetto di fronte a dubbi su eventuali e vere chances di trasferirsi in altre società. Fu invece molto comprensivo quando gli facemmo notare l'audace e rimarchevole impresa di Tonino Zorzi alla guida di Reggio Calabria, ultima e dispersa ma, in quelle mani, vicina a un miracolo con cinque vittorie in sette gare: «Lei, caro Ruben, le avrebbe perse tutte o quasi per poca adeguatezza alla squadra e al momento. Tuttavia crediamo - aggiungemmo in quell'occasione - che Tonino Zorzi, pur guidando la sua Nazionale argentina, non avrebbe vinto la medaglia d'oro olimpica». Magnano capì il rilievo secondo cui il nostro campionato va preso, come si fa con il toro, per le corna. E bisogna essere capaci, cioè furbi e mestieranti. Una cosa è certa, Ruben è un tecnico coerente e onesto, non cambia pensiero secondo convenienza e interlocutore, quindi pretende dagli altri la stessa franchezza intellettuale.

Ieri, su queste colonne, il tecnico ha sollecitato a un chiarimento Gianni Chiapparo, suo grande e velenoso censore, soprattutto, per modalità sbagliate, avendo bisogno tecnico e squadra, in quei momenti, grande compattezza e fiducia al suo interno. Ma, conoscendo bene Chiapparo, capiamo anche il grande orgoglio d'un varesino, tornato in

gioco e in discussione nella prima squadra della sua città, dopo un piccolo esilio, quindi la sua voglia, persino incontrollata, di far coincidere la propria ricomparsa dirigenziale con un buon risultato. Ora però è tempo di un sano confronto, possibile anche tra scuole di pensiero diverse, stando sopra a entrambi il bene di Varese. La quale, fatta per metà, considerando i contratti già garantiti a Galanda, De Pol, Fernandez, Hafnar e uno nuovo (e lungo) promesso a Capin, potrebbe anche riappropriarsi (si fa per dire) di Dusan Mladjan, classe 1986, serbo d'origine ma di passaporto svizzero (quindi comunitario), guardia di poco meno di 2 metri, quest'anno in LegaDue, a Reggio Calabria, dove ha chiuso con 9.8 punti a gara in nemmeno 20 minuti di media. Mladjan, seppur ancora acerbo come giocatore, è considerato il classico realizzatore, avendo mani... slave. Dusan ha già un accordo con Varese: tocca al club biancorosso tradurlo in un contratto. Lo farà? Domani il diesse Mario Oioli sarà al Camp di Treviso, dove Mladjan giocherà contro la Nazionale italiana Under 20: sarà l'occasione di rivedere un giovane che potrebbe avere una sua parte nel futuro biancorosso.

Giancarlo Pigionatti

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