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Magnano:"Fosse stato solo per soldi avrei stracciato il contratto"


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di Massimo Turconi

Il racconto di Ruben Magnano non è né può essere solo un excursus didascalico che si dipana lungo le tre stagioni da lui vissute. E' invece un "luogo a procedere" fatto di relazioni vissute di una persona che, sotto il profilo umano, ha dato tanto a società e città. Dalle parti di Masnago, si trovano ancora i suoi nemici, pronti a linciarlo sotto il profilo tecnico ma, a parte qualche raro caso, nessuno ne osa metterne in dubbio lo spessore umano.

«In queste settimane -commenta orgoglioso Ruben - ho ricevuto tanti messaggi di stima, solidarietà e simpatia. Significa che, evidentemente, qualcosa di buono ho comunque lasciato e, da parte mia, non posso che ringraziare Gianfranco Castiglioni e la sua famiglia per la fiducia dimostratami. Ho imparato a mie spese che lavorare in questa città, così appassionata di pallacanestro ma anche così esigente, è difficile, richiede un impegno totale. Per un allenatore quasi tre stagioni a Varese rappresentano già un successo ed io me ne vado contento per quello che ho fatto: un piccolo ma significativo miglioramento anno dopo anno».

- La fine, però, non è stata quella sognata. Quando ha avuto la percezione netta d'essere arrivato al capolinea?

«Durante l'ultimo incontro con Gianfranco Castiglioni il quale, parlando dei progetti futuri, ha sempre usato il termine "loro", volendo riferirsi esplicitamente all'attività di suo figlio Claudio e del signor Chiapparo che, secondo me, è il vero capo della società. Personalmente ero andato a quella cena convinto di parlare ancora di noi, della nostra squadra e del nostro domani. Sicuro che, se ci fosse stato un problema di natura economica, io avrei potuto tranquillamente stracciare il contratto esistente e discutere con Gianfranco su basi nuove. Per il rispetto che mi lega al patron, ero disponibile a ragionare sulle cifre anche al ribasso, come accadde lo scorso anno. Nessuno ha mai sottolineato che, a giugno del 2006, proprio perché non raggiungemmo l'obiettivo playoff, accettai una decurtazione del contratto pari al 20%. Quindi ogni questione poteva essere messa sul tavolo, invece Castiglioni senior, con quel "loro", mi ha fatto capire che non esistevano margini di trattativa e che le decisioni erano già state prese. Un aspetto questo che, peraltro, era emerso nella stagione durante la quale avevo dovuto prestare attenzione a varie sventagliate di "fuoco amico". Vedi il caso Holland, vedi lo "strano" comportamento adottato in un paio di momenti critici, vedi alcuni contratti allungati senza chiedermi alcun parere e, infine, tanti altri piccoli particolari sui quali non è davvero il caso di soffermarsi».

Magnano si sofferma, più che volentieri, sulle sue "nomination" biancorosse...

«Intanto - sottolinea Magnano - da me non sentirete una critica verso i ragazzi che ho avuto la fortuna e il piacere di allenare: da ognuno di loro ho imparato qualcosa. Anche da quelli che, per così dire, mi hanno fatto più tribolare: da loro ho appreso come tessere la tela del rapporto personale. A proposito delle prime due stagioni ricordo con piacere Digbeu, grande professionista, sempre pronto a mettere la squadra davanti alle sue esigenze e Collins anche se De Juan, nella parte finale dell'anno, si perse un po' a causa di problemi personali. Ma la stagione importante, non solo per i risultati, è stata l'ultima. Devo fare i complimenti a Carter, professionista e uomo di primissimo livello, bravo nell'aiutare e sostenere la squadra durante il lavoro settimanale. Il contributo "invisibile" di Carter, a mio avviso, uscendo dagli stretti confini della partita, non è sempre stato apprezzato ma, proprio per questo motivo, se fossi rimasto a Varese, l'americano sarebbe stato il primo della mia personale lista dei

confermati. Accanto a Carter ho apprezzato tantissimo il lavoro di Galanda. Giacomo ha dato e fatto tutto ciò che gli ho chiesto, giocando tanti minuti e sacrificandosi spesso in un ruolo non suo. Infine mi è piaciuta la bella reazione evidenziata da Capin nella seconda parte dell'annata. Alex, mostrando carattere e personalità, ha capito il "momento" è in diverse occasioni s'è caricato la squadra sulle spalle».

E' proprio il momento dei saluti, un attimo che, per Ruben, coinvolge tutti: gente di basket e anche no: «Un ciao di cuore a Stefano e a Giuliani, custodi del palazzetto, a Gigi Riva, Giancarlo Bottelli, Ennio Lorigiola fantastici autisti-amici-tuttofare; alla cara Sandra, vedova del compianto Cesare Fermi; Andrea e Sergio, Samantha e Adriano del ristorante Laghetto, ai ragazzi della sede - Raffaella, Valentina, Marco, Stefano, Giangi - a Mario Oioli, molto più che un collaboratore, a Cesare e Caterina e ai fratelli Portoni. Tanti ne avrò sicuramente dimenticati e, un po', mi dispiace». - Quale sarà il suo futuro?

«Per ora penso solo a a casa mia e, in tutta sincerità, non so che cosa succederà. Ho nuovo contatti con la Federazione per riprendere la guida della Nazionale ma non sarà una trattativa semplice e sarò curioso di scoprire se avrò chances sul mercato europeo».

Se ne va un gran signore.

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