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Combattenti e reduci di stanza a Masnago


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Di Giancarlo Pigionatti

Non c’è che dire, la nuova "Combattenti e Reduci" ha trovato casa in via Manin, a Masnago. E’ una verità, nessuna malizia né sarcasmo. Gianni Chiapparo cerca pathos, gagliardia e coraggio nella nuova squadra secondo una filosofia da bella scommessa. Quindi punta su una Varese di combattenti, affidandola nelle mani di Veljko Mrsic, un campione della Stella, come lo sono il suo assistente Vescovi e Meneghin, altro tecnico in panchina, tutti e tre reduci da quella stupenda battaglia vinta, di un indimenticabile scudetto. Altri ragazzi del ’99 sono Galanda e De Pol in campo, mancano solo Pozzecco, Santiago e Zanus Fortes per una rimpatriata dopo lunghi otto anni. Ma, sia chiaro, non sono i nuovi tecnici né l’azzurro Galanda e neppure una bandiera come De Pol ad agitare possibili timori (per un modello "vecchio stampo", non più proponibile come ideale e vincente), quanto alcune precise idee che sembrano animare Chiapparo alla ricerca della giusta immagine di Varese. E’ anche capibile il caro Gianni se, ancora oggi, è prigioniero di un sogno mai realizzato compiutamente, avendo avuto suoi meriti, tutti privati e nessuno pubblico (perché oscurato da Edoardo Bulgheroni) in quell’epocale conquista.

Lo è invece meno la riscoperta spasmodica di quegli stampini che inneggiano alla varesinità, all’italianità, all’amicizia, all’appartenenza ai colori (quella che esclude i cosiddetti mercenari) e una diffidenza nei confronti di un certo tipo di americani, per dire di una squadra tutta bianca, come egli va in giro dicendo. La sua sembra una malattia. Di cui però Chiapparo è un portatore sano, da sempre appassionato e competente qual è, dovendo piuttosto confrontare, e brutalmente, le proprie "fissazioni" con la realtà. La quale non ammette certezze come un tempo, allorquando bastava soppesare i profili tecnici e fisici degli italiani, i quali facevano la differenza, soprattutto se ad essi si calavano un paio di assi stranieri, per calcolare attendibilmente, seppur all’ingrosso, il potenziale della propria squadra. E, comunque, non senza possibili rischi.

I buoni sentimenti e un furioso credo di appartenenza fanno onore all’idealista Chiapparo ma è pur vero che, nei momenti più bui, le tanto strombazzate unioni e armonie finiscono miseramente in pezzi, cercando ognuno un "capro espiatorio" nell’altro.

La realtà del nostro tempo propugna, per esempio, Siena campione e con una squadra più... africana e nera della storia se si pensa al nigeriano Eze, al Centrafricano Sato e a tutti i suoi americani di colore. E pure ha vinto un allenatore esordiente, come lo sarà Mrsic, anche se - particolare non trascurabile - Pianigiani ha fatto tanta gavetta al fianco del maestro Recalcati.

Non è allora il croato a inquietare: lo stesso Isaac, promosso dagli juniores, guidò la DiVarese ai massimi storici di quegli anni. Ci sfugge, ad esempio, il sottolineato richiamo del general manager (cui il presidente ha concesso pieni poteri) al pubblico affinché sia sempre ben disposto nei confronti di Mrsic. La gente di Masnago sa capire. L’ex "Rooster" può diventare un signor allenatore e se, mai comincia, non lo si può scoprire tale: lo stesso Gianni lo corteggiò quando giocava Malaga per offrirgli un contratto con la promessa di avviarlo poi alla carriera di tecnico. Allora Veljko disse no: amava Varese ma, soprattutto, i soldoni del club spagnolo. Ed era capibile.

Ma adesso è arrivato il suo momento, ne siamo lieti ma tocca al suo estimatore Chiapparo non esporlo a possibili limiti, potendo piuttosto fornirlo di mezzi e uomini, seppur entro determinati costi. Bisogna saper scegliere: come accadde per Holland il quale, nella lista degli stipendi, era buon terz’ultimo. A questo punto, vien da osservare, Gianni non può credere di rimpiazzare gli americani Keys e Carter (i cui filmati di un intero campionato sono visibili a tutti) con i pur benvenuti Passera e Boscagin. Almeno un americano, di fisico e talento, fra play e guardie, ci vuole al fine di garantire una continuità, se non una crescita delle potenzialità di Varese, là dietro. Lo stesso Carter, che pur non ci fa impazzire, è ancora biancorosso: si mediti, allora. V’è poi Delonte Holland da sostituire: si tratta di un’operazione non semplice, non bastando un bel nome e quattrini, sempre che si sia disposti a spenderli tanti o troppi per un solo ingaggio. Il talento dell’americano dava una forza d’urto in più, proprio perché incalcolabile ed estemporanea, alla squadra.E come sarà il nuovo lungo? Uno come Howell non può certo farsi rimpiangere ma, nel frattempo, bisogna scovare un sostituto che non ammetta confronti con il giovane "viveur", peraltro super in difesa. Nelle valigie dei biancorossi partiti ci sono 47 punti di media a gara da recuperare attraverso i sostituti. S’inizi da questo grossolano ma emblematico fondamentale, solo allora Varese, che ha chiuso con un settimo o meglio ottavo posto (considerando la Benetton davanti, sul campo), si avrà una cognizione più comparata del proprio valore.

Chiapparo dà l’impressione di avere solo certezze sui biancorossi di oggi, tralasciando un raffronto, seppur solo teorico, con i movimenti in altre squadre. Né può essere sufficiente una demonizzazione dell’ex Magnano, come causa di tutti i mali, d’una Varese perdente, e spesso, di misura, per credere in un ovvio e automatico miglioramento (di rendimento) dei "vecchi", quindi in una squadra più godibile per gioco e risultati. In campo vanno i giocatori. E Dio sa quanto vorremmo ancora vedere sul parquet Mrsic, Vescovi e Meneghin di un tempo.

Dunque, la certezza di un futuro diverso non scaturisce dalla negazione totale del passato ma essa, semmai, trova pienezza nell’aggiustamento di un cammino che parte da lontano attraverso errori (da eliminare) ma anche virtù (da mantenere). Se nei tunnel del palasport ci sono le ragnatele, queste restano anche dopo Magnano, almeno sin quando nessuno provvede a far pulizia. Il nostro è anche un processo alle intenzioni, affinché resti tale. In estate tutti vincono, scudetto o salvezza fa lo stesso, poi, ai primi freddi, affiorano le verità e, se sono tristi, è troppo tardi. Se Chiappare non giudica sacrosante le sue certezze, mettendole in discussione, può certamente fare scelte azzeccate. E saremo felici di riconoscergli grandi meriti.

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