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di

Giancarlo Pigionatti

Viene dalla Nba l’uomo nuovo di Varese. E’ Julius Hodges, 24 anni, di New York sul quale il club biancorosso punta per non rimpiangere Holland. L’operazione dev’essere perfezionata e conclusa. La società aspetta, verosimilmente, una certezza notarile: da qui bocche cucite per un annuncio. Tuttavia indiscrezioni robuste, cioè degne di fonti attendibili, indicano in Hodge, che pure ha alle spalle una storia curiosa (un attentato o qualche cosa di simile), l’atleta che la Cimberio ha scelto reputandolo l’uomo giusto. Certo, l’affare potrebbe anche svanire nello spazio di un giorno o di una notte (a causa di un fuso orario che non ammette contemporaneità di tempo) ma, se non accadranno contrattempi, Varese calerà il suo asso.

Julius non è un "pinco palla" qualsiasi in campo, ai tempi del College e dell’Università, a premio in un sacco di occasioni, quindi nella Nba, anche se nel campionato più potente del mondo non è riuscito a far crescere le sue forti ambizioni. Fors’anche per quella storia di cronaca che, avvolta da un mistero, fitto di interrogativi, suscitò grande clamore e destò molta attenzione in tutti gli Stati Uniti. Ma che, soprattutto, lo costrinse fuori della scena per mesi.

Jiulius non è un giovane chiacchierato e ha tanta voglia di rifarsi.

E Varese, alla ricerca di un cestista dotato di classe e personalità, quindi di valore perché diventi un leader, al servizio della squadra, lo ha scelto con energia.

Il suo spessore, se lo giudichiamo come astro nascente in America, quando aveva ventuno, ventidue anni, è di quelli che colpiscono la fantasia dei tifosi e che ne vivacizzano l’attesa. Sempre che, beninteso, Hodge apponga la sua bella firmetta sul contratto che Varese gli ha offerto, così ci risulta, badando (ma non troppo) a spese.

D’altra parte una certa somma era stata calcolata per indurre Holland a restare o, meglio, a tornare e, di questo tenore, è stata, verosimilmente, l’offerta all’ex prima scelta dei Denver Nuggets.

A naso Julius dovrebbe possedere qualità che, per alcune voci tecniche, scavalcano quelle già ragguardevoli di Holland, mentre egli potrebbe accusare alcuni limiti laddove l’ex Varese, pure grazie a un’esperienza precedente nel nostro campionato, era padrone del suo futuro...

Ora è bene dimenticare Delonte: ogni paragone, al di là del risultare odioso, diventa anacronistico. Ogni giocatore è diverso, ha una sua anima e un suo corpo, un proprio modo di pensare e di porsi nelle molteplici realtà in cui si trova.

Ognuno è l’originale di sé, copie non ce ne sono: Hodge ha una sua piccola grande storia e se avrà scelto Varese, quindi l’Italia e l’Europa, evidentemente, avrà ben in mente un nuovo chiaro progetto di vita.

Hodge è un nome importante alla prova di un campionato che, in verità, non concede privilegi né gerarchie preventive, dovendosi l’ala di New York guadagnare lustrini e galloni sul campo. La storia degli Nba a Varese è eloquente, come in altre piazze. Certo è che, a giudicare le sue esibizioni, tali buone premesse fanno risaltare le attese, anzi vanno oltre, soprattutto se qualcuno ha pensato, come rinforzo della Cimberio, a uno dei giovani universitari o a un americano di un’Europa minore.

Non c’è che dire, Julius sembra l’ideale interprete in un ruolo della squadra, da far luccicare per imprevedibilità e leadership accanto ad atleti più che discreti in ogni segmento dell’organico biancorosso.

In più Hodge, se non ricordiamo male, ritroverà Marcus Melvin, suo compagno, per tre stagioni, nelle file di North Carolina, il che fa pensare a un’accoppiata affiatata di americani, gli unici in biancorosso, nel bel mezzo di italiani (per dire di Capin sloveno di passaporto) affidabili e attendibili per militanza o promesse.

Se Hodge verrà, Varese calerà il suo asso.

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