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«Varese nana? Certamente furiosa»


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di Massimo Turconi

Pensandoci bene, colline, intorno a Masnago, ce ne sono quante ne vuoi. Tratti in salita, pure di una certa difficoltà. Così, quando Gabriel Fernandez, parlando di Mrsic, ci ha detto che Veljko, in alcuni aspetti, gli ricorda Dusko Ivanovic, abbiamo cominciato a temere per l’incolumità dei giocatori biancorossi. Narrano le leggende del basket che il tecnico serbo, ai tempi in cui allenava il TAU, amasse portare i giocatori più invisi, più indisciplinati, o più lazzaroni, su una collinetta posta nei pressi dell’impianto basco. Poi, su quell’asperità, tristemente denominata “La collina della morte”, sottoponeva le vittime designate ad ogni genere di sevizie atletiche. Battute o ricordi malvagi a parte, Gabriel Fernandez, esprime stima e ammirazione per l’allenatore croato: «L’impatto con Mrsic - spiega Fernandez -, è stato più che positivo e, come dicevo, per l’atteggiamento dimostrato nei primi giorni di lavoro, mi è venuto naturale sovrapporre la figura di Veljko a quella di Ivanovic: un altro tecnico col quale mi sono trovato molto bene. Mrsic è il classico allenatore di “mentalià”: un duro, cui piace lavorare senza pause. Durante una seduta d’allenamento non lascia mai cadere la tensione. Anzi, se è necessario, non guarda in faccia ad alcuno e urla per riportare tutti in riga».

- Quali, a prima vista, le differenze tra il “metodo-Magnano” e quello di Mrsic?

«Premetto che, sotto il profilo strettamente tattico, avendo lavorato pochissimo di squadra sin qui, non ho molti elementi per giudicare e, quindi, fare raffronti ma dal punto di vista tecnico le differenze tra Ruben e Veljko ci sono e - continua il lungo argentino -, anche piuttosto importanti. Con Mrsic gli allenamenti durano meno ma si lavora costantemente su alti livelli di intensità e con tanti esercizi, che cambiano rapidamente, e che vanno eseguiti lungo tutto il campo. Per le poche cose che abbiamo visto nel cinque contro cinque, posso dire che l’idea sarà di giocare di più insieme, toccare tutti la palla e avere il maggior coinvolgimento possibile nella fase offensiva. Un “sistema” che mi piace e che, immagino, dovrà dare sostanza ed efficacia al nostro attacco».

- Anche a lei, scorrendo nomi, centimetri e peso in organico, saranno venuti dubbi sulla consistenza fisica del gruppo...

«In questo momento siamo una squadra piccola, leggera, pronta ad esprimere velocità in attacco e aggressività difensiva per tutti i quaranta minuti. Ma non per queste ragioni siamo destinati a soffrire sotto canestro, soprattutto se ognuno, in difesa, sarà in grado di spremersi in termini di concentrazione e attitudine. In poche parole: nani sì, ma cattivi, duri, reattivi e sempre intensi».

- Al suo fianco evoluirà un elemento come Marcus Melvin: qual è il giudizio “a caldo?

«Finora ho visto all’opera un giocatore che, come talento offensivo, lascia Rolando Howell a due piste di distacco. Melvin, con la palla in mano, fa canestro con tante soluzioni diverse e, nei primi giorni di lavoro comune, mi sono accorto di quanto è difficile da marcare. In difesa e, a rimbalzo, mi sembra che abbia una buona predisposizione ma servirà tempo per trarre considerazioni più precise perché la differenza tra LegaDue e serie A, in termini fisici, è evidente e, in seconda battuta, bisognerà valutare quali tipi di comportamento avrà nelle dinamiche di squadra: leggi situazione falli, rotazioni, livello di attenzione e così via. Ma, ripeto, l’approccio di Marcus, fin qui, è stato molto positivo».

- La sensazione è che toccherà soprattutto a lei a far legna o a dare “legnate”, sotto i cristalli...

«Se è solo per questo, sono prontissimo. Dopo otto anni di attività ininterrotta ho trascorso un’estate finalmente tranquilla, durante la quale mi sono riposato e, grazie ai programmi stilati dal professor Pilori, ho potuto lavorare tanto e bene con i pesi, puntando in particolare sulle gambe che, nella seconda parte della scorsa stagione, hanno rappresentato il mio punto debole. Inoltre, per la prima volta dopo tante stagioni, sto facendo una preparazione atletica con tutti i crismi e devo dire che sono proprio soddisfatto. Mi sento bene e spero che tutta questa “benzina” mi aiuti ad arrivare in fondo e con qualche goccia di energia ancora da spendere».

- Detto dei lunghi, la Cimberio si presenterà con una cabina di regia formato “tascabile”: può essere un limite?

«No, non credo, specialmente se Alex e Marco Passera, con gambe e piedi veloci, faranno soffrire i registi avversari sui due lati del campo. Capin, lo conosciamo già, ha talento, fa canestro e, lo scorso anno, oltre a essere migliorato nelle letture dei ritmi, ha dimostrato di poter produrre tanto. Adesso farà ancora meglio. Marchino, poi, da quello che ho visto sin qui, passa la palla divinamente, è tosto, gioca senza paura e ha qualità. Non ci sono, insomma, motivi per dubitare dei nostri playmaker».

- La “famosa” collina, quindi, per ora, può attendere ma, attenzione, Dusko Ivanovic è noto anche perché, sul suo personale dizionario, la parola “riposo” non è citata. Mai. E in quello di Mrsic?

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