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dì Giancarlo Pigionatti

Una cosa è chiara nel buio pesto che "divora" Mrsic e i suoi uomini: non c'è più Magnano con cui prendersela. Ed ora, molti, a cominciare dai costruttori della squadra, costretti dagli eventi sul promontorio della paura, cominciano a temere sinistre e spaventose ombre in un campionato che non perdona proclami a vanvera ma che va al sodo, premiando i soli meriti in campo. Magnano non c'entrava un fico secco con certe incompiute biancorosse né serve ora dubitare del tecnico croato che, se conosci le sue idee, non puoi addebitargli nulla, se non la responsabilità, molto relativa, d'aver accettato un mercato fatto da altri i quali hanno ridisegnato una squadra che si trascina vecchi equivoci, che dipende da troppe scommesse (alcune azzardate se non già perse) e che, sino a prova contraria, non ha il becco d'un talento esplosivo. Mrsic indicò solo Melvin e adesso punta su un centro "usato sicuro", una specie di "nostromo" per tappare quell'enorme falla nell'area pitturata che, avanti così, potrebbe provocare altri naufragi. Questa Cimberio possiede quantità pregevole ma qualità poco eccelsa, tanto per usare una sintesi di cose trite e ritrite su queste colonne, soprattutto nel riferimento ai due, tre "negroni" di talento che, invece, vantano tutte le squadre che sgomitano per salvarsi. S'è voluto propugnare uno spirito garibaldino ma, se non hai gli uomini giusti, ti devi scordare lo sbarco dei Mille: l'aggressività, la velocità, la grinta difensiva, tanto inneggiate quest'estate per prefigurare una squadra che appassionasse e divertisse la sua gente, sono solenni baggianate se mancano i talenti individuali e punti nelle mani. Che cosa pretende il basket? Fare canestro! Sarà un ragionamento da bar ma è l'unico a contare. Queste annotazioni le facemmo prima del campionato con un pronostico da quinta, se non sesta fila di partenza (roba da decimo, dodicesimo posto) augurandoci una previsione sbagliata, non certo per lasciar spazio ai foschi scenari che stanno minacciando l'ambiente biancorosso, frustrato brutalmente dalla realtà. La quale, però, suggerisce di non cedere a un disfattismo a tutto campo da "morto Sansone, muoiano tutti i filistei", anche perché non sappiamo chi sia il Sansone biancorosso.

Galanda, peraltro, appena rientrato, ha dimostrato il suo valore, d'uomo squadra, mentre Passera incarna l'unica scommessa vinta non senza imbarazzanti riflessioni di fronte a un atleta che, all'esordio in A1, risulta nettamente il migliore della squadra. Bisogna allora interrogarsi sui suoi compagni, vecchi e nuovi, soprattutto nel merito di coloro che una differenza la fanno solo nel libro paga. Qualcuno, a Treviso, come osserva Alessandro di Lucca, è parso non alla frutta ma al conto...

Manca ancora Capin la cui qualità sembra garantita al di là dì una sua conferma da titolarissimo, incalcolabile sinora. Lasciamo nel loro brodo Hodge senza leadership né tiro e Melvin che, nell'impatto con il grande basket, se la squadra non gira, balbetta per iniziative. Due comprimari. Non è il caso di rimpiangere Howell ma, dopo aver tanto idealizzato la difesa, come identità forte di squadra, si sarebbe dovuto soppesare l'assenza di Rolando nelle sue voci più convincenti alfine di trovarne un sostituto. Il club non può perdere altro tempo per attrezzarsi con un pivot che cambi i connotati alla Cimberio, dovendo nel frattempo scoprire tra gli esterni il vero Beck, l'altra sera, impalpabile come la cipria. Solitamente uno straniero, al debutto, fa faville, salvo poi normalizzarsi o deludere mentre le cronache ci restituiscono il messicano come "non pervenuto", augurandoci ora l'"esatto opposto" contro l'insidiosa Rieti di Lino Lardo. Rimandiamo ai nostri occhi la valutazione di Beck, troppo atteso come "uomo della provvidenza " ma se, davvero, lo fosse, Varese crescerebbe nel suo rendimento. Oggi la classifica, anche per una questione di assenze, sta massacrando la Cimberio ma in 2 punti ci sono nove squadre, sicché essa, seppur al palo, con un potente pivot, può ancora giocarsi le sue aspirazioni.

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