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di GIANCARLO PIGIONATTI

I motivi più gettonati dell'estate dal juke-box biancorosso sembrano dischi rotti. Come quei proclami dirigenziali, con scelte di mercato emotive e improvvide, allorquando una più accorta cognizione della realtà non avrebbe lasciato nelle mani di Mrsic una patata bollente. Chiapparo e soci dovrebbero rileggere le proprie dichiarazioni per meditare su pensieri e strategie di squadra, quindi ravvedersi e cercare estremi rimedi. Che lo stiano già facendo? Babrauskas (l'ultimo arrivato) potrebbe anche non scendere in campo oggi. Mrsic deciderà prima della gara, dopo aver ben valutato le risorse di Biella contro la quale potrebbe tenersi di conserva il lungo Pietras che, stando al tecnico, ieri aveva il 90% delle chances di figurare nel roster. Già questa riflessione potrebbe far capire che il lituano non sia un fenomeno, sennò, sarebbe in campo e con una gamba sola. Resta da riscoprire Beck dopo qualche segno di vita. Gli equivoci si trascinano le incertezze, anche per i tanti "inquilini", in concorrenza per spazi di merito e l'uno esclude l'altro. Il rischio di disarmonia, se si vince, resta annacquato. Ma può esplodere, se si perde.

Dunque, Varese si ritrova con una sfilza di esterni, buoni o scarsi che siano, sin qui nessuno migliore o peggiore, aspettando di conoscere il vero Babrauskas. E se le gerarchle non diventeranno nitide, ciascuno avrà buon gioco nel rivendicare i propri interessi di bottega, pronto a "scorgere" nell'altro quella trave che, forse, è solo una pagliuzza in confronto ai propri limiti. Hafnar, Boscagin, Hodge, Beck sono da qualche giorno affiancati dal robusto Babrauskas, anch'egli atteso per affidabilità di rendimento ma, soprattutto, per efficacia dal perimetro, laddove Varese è l'ultima della pista. Dalle assenze agli esuberi: tante idee ma confuse. Gianni Chiapparo, probabilmente, ha già meditato uno sfoltimento dei ranghi ma, per ora, manda soltanto messaggi, fors 'anche per far capire a qualcuno che potrebbe togliere il disturbo. Il dirigente biancorosso usa il martello e non la falce, cercando una più compiuta valutazione di ciascuno a cominciare dalla gara, durissima, di oggi in Piemonte. E Mrsic, se gli toccasse di decidere, a chi regalerebbe il biglietto di solo ritorno al Paese d'origine? Il tecnico che, sicuramente desidera un vero pivot, ha sue idee ma non va in giro a

spiattellarle, avendo l'enorme responsabilità di gestire equilibri tecnici ed emozionali, di squadra. Nemmeno si sbilancia in aggettivi qualificativi per Brabauskas aspettandolo semplicemente all'opera. Nemmeno, sotto tortura, Mrsic farebbe distinzioni pubbliche tra i suoi giocatori.

Ci viene in mente Riccardo Sales quando ci accusava di "sparare" su alcuni giocatori, nei confronti dei quali -quando la società li aveva ceduti - egli diceva di peggio. Al nostro irritato stupore il compianto tècnico spiegava: «Caro Giancarlo, chi è cornuto in casa, mica va in giro a dirlo». In ballo c'è un bene più ampio e supremo, da salvare. E Mrsic ne sottolinea il principio: «L'interesse di Varese viene prima del mio e dì quello dei giocatori, noi siamo solo strumenti d'un progetto più grande e duraturo, ogni nostra rivendicazione personale è cosa passeggera. Dobbiamo solo pensare a fare gare perfette, secondo le nostre possibilità, quindi ciascuno è tenuto a dare ciò che gli è possibile».

Tutti per uno, uno per tutti: così piaceva a Dumas. E se capita di litigare nello spogliatoio per un'armonia da non disperdere, il fatto non da scandalo, come accaduto nel dopo partita di Teramo tra Hodge e Melvin, americani contro, a male parole: il primo polemico per delusione e stizza, il secondo a difesa del gruppo. Chi finisce in panchina, non deve sentirsi un genio incompreso (anche perché non ne vediamo uno fra gli stranieri biancorossi) ma deve accettare professionalmente una scelta superiore: è capitato ai due americani domenica scorsa, potrebbe succedere ancora e ad altri. In campo conta un nome solo, quello di Varese. Che, come dimostra il largo successo di Avellino a Bologna, deve sopravvivere... Mrsic ha studiato a tavolino Biella, capace di scatenarsi con Bell ("un play che ricorda Jenkins e che tira pericolosamente sei, sette volte dal perimetro"), con Elder ("che è un po' la copia di Daniels, fate un pò ' voi "), con Pinkney ("terribile in attacco ma non in difesa ") e con Hunter ("un martello sotto i tabelloni e dalla media distanza") e con i suoi italiani ("Cinciarini può anche fare la differenza"), quindi in pestiferi assalti.

«Biella ha una vocazione offensiva, spesso ha tre, quattro giocatori che, in attacco, si catapultano a rimbalzo, se li tagliamo fuori, il contropiede diventa per noi un'arma vincente. Tonnellate di difesa e raffiche di attacchi assennati. Mi aspetto un Melvin migliore e un buon impatto fisico di Babrauskas, quindi un tambureggiante ma concreto Beck. Basterebbero queste variabili permettere a segno il colpaccio che cerchiamo». La chiarezza di Mrsic aspetta una traduzione sul campo per battere fantasmi e paure.

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