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Piu' punti interrogativi che punti nelle mani


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di Giancarlo Pigionatti

Adesso quel famoso "fiato corto", cui accennammo quest'estate, ha un grande bisogno di bombole d'ossigeno, affinche' non ci scappi il morto. Cioè Varese che, fuori casa, e' gia' cadavere, come dimostra l'avvio straziante di Biella. Il suo "de profundis" o "sprofundis", vista la classifica, richiede subito una terapia d'urto o, perlomeno, un'urgente coscienza della propria malattia, gravissima se non inesorabile. Le cause, che hanno selvaggiamente indebolito la squadra, sono troppo note, come le scommesse perse, nel momento stesso delle puntate, dalla dirigenza biancorossa, tutta presa - quest'estate - a seppellire il passato, solo perché di mezzo v'era il famigerato Magnano, quindi a fare piazza pulita in organico, anche per rivalutare gli incompresi che geni non sono. I risultati sembrano "sputati" dal tabellone luminoso dell'Olimpico, impossibili da non vedere, come le deficienze lampanti di una squadra "partorita " da una mente incosciente, quindi messa insieme attraverso un mercato scelleratamente emotivo e all'ingrosso, anche condizionato da equivoci, pesanti come i salari di quei giocatori, pagati come leader, ma partenti in panchina. Morale, furono messi alla porta atleti che non godevano di "santi" a Masnago, anche spendendo soldi per uscire dai contratti e che, fors'anche, avrebbero fatto comodo, se si fosse capita l'antifona di un campionato ancora piu' schiacciato nelle sue gerarchie e piu' crudele con debuttanti maldestri.

Meglio si sarebbe fatto sostituendoli con elementi d"'usato sicuro" o con novità di chiaro valore, dovendo innanzitutto compensare il prodotto in uscita. Ma ai punti nelle mani si preferirono i punti interrogativi. Grossi come capanni, anzi come capannoni. Lo dimostrano i nuovi americani, impalpabili, imbarazzanti e sconclusionati. Gli "stranieri scelti" dovrebbero essere dei leaders, questi sono comparse o gregari. Se i campionati si vincono e si perdono d'estate, quello di Varese nasce da ossessivi proclami di bandiere, giovani, italiani e spettacolo. Del nuovo contro il vecchio. Tutte scempiaggini. La societa' deve spiegarci come ci si possa divertire a Masnago con la Cimberio di fronte a gare drammatiche e, fuori casa, in odor di batoste. Una Varese piccola e fragile, con una classifica da paura, puo' far godere solo i masochisti. Ma quanti saranno?

Senza punti nelle mani, anche la più coriacea delle difese s'avvilisce e muore. Vince chi, alla fine, fa più canestri: un 'ovvieta' per tutti, non in casa biancorossa, viste le scelte di giocatori, nuovi in A1 (quindi senza riscontri attendibili) o provenienti da altre latitudini cestistiche, alcune persino poco raccomandabili. Via il chiacchierato Howell, per una notte di "Adriana memoria" all'Hollywood, per i suoi "passaggi " mormorati in lunetta (ne' più ne' meno come Shaquille O 'Neal) e per i suoi pessimi attacchi, spalle a canestro, obbligati da una mancanza di assist, in penetrazione, da parte dei piccoli (garantiti, come pare, a Capo d'Orlando), non lo si sostitui' pero' con un centro degno di lui in recuperi e difesa ne' tantomeno migliore in attacco visto che lo "spaventato" Melvin sta segnando quasi un punto in più a gara ma con 27 minuti di impiego rispetto ai 19 anni dell'ex.

Non si rimpiazzo' Holland con un asso più o meno della sua specie, piaccia o no, pregi e difetti compresi, mai riuscendo a capire le ragioni che indussero a scegliere Hodge che, senza arte ne' parte, per sua ammissione, non ha nemmeno uno straccio di tiro. Ne' ci si preoccupo' di rimpiazzare Carter, per dire di Keys, al di la' di legarsi mani e piedi a Capin come play, allorquando lo sloveno ci sembra ancor più valoroso come guardia. Tant'e' che Mrsic, in confidenza, oggi come oggi, punterebbe su una guardia-play, capace di incidere... momenti di spessore in una gara. Gia', lo si è detto, manca un esterno che batta l'uomo e la difesa. Senza muscoloni ne' tiro e neppure un asso che renda imprevedibile la squadra, ecco Varese, tanta - con i suoi tredici effettivi - nella sua imbarazzante insufficienza. Meglio pochi ma buoni, invece di molti e mediocri. Questo concetto, a suo tempo, sembro' convincere il giovane Castiglioni (nella foto) ma, evidentemente, hanno prevalso le idee degli uomini del presidente. Che fare allora con tanti "due di picche" che incartano la squadra? Sarebbe ora di scartarne qualcuno e liberare un paio di posti per potenziamenti sicuri e a qualsiasi costo: chi sbaglia, paga,

Meglio rimetterci qualche soldone per sopravvivere in serie A che rovinare il più bel giocattolo di un 'intera provincia. Se il club biancorosso non agisse, a Masnago, ogni domenica, si lotterebbe per la salvezza.

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