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De Pol parla di una "bruttura collettiva" della Cimberio nel derby


Lucaweb

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di Massimo Turconi

Perdere al Forum, contro la sua ex squadra gli ruga. E mica poco.

Perdere dopo essere stati avanti anche di sedici punti, lo disturba anche di più.

Perdere in quel modo, infine, gli crea un vorticoso turbinio agli ammennicoli.

Dopo un derby perso così, seppur a testa fredda, Sandro De Pol, capitano della Cimberio Varese, è quasi intrattabile. Roba di un diavolo per capello e per ogni pelo della sua fluente barba.

«Ma sì, dai - esclama Sandrin -, siamo riusciti nella non facile impresa di perdere una partita che, con un pizzico di attenzione e concentrazione in più, avremmo potuto tranquillamente condurre in porto. Una gara che, penso lo abbiate visto anche voi, a un certo punto, avevamo già nelle nostre mani. Dobbiamo solo batterci il petto per il nostro comportamento che ha permesso di regalare a Milano una vittoria sulla quale non credeva più di tanto».

- Una requisitoria infarcita di ironia che significa uno smacco atroce, al limite di un giudizio cattivo per sé e per tutti...

«Non riesco proprio ad essere sereno dopo una sconfitta del genere anche perché – continua l’ala della Cimberio -, Milano, non ha fatto nulla di speciale per provare a vincere il match. Nel quarto periodo Bulleri e compagni hanno, semplicemente, espresso un pizzico di vitalità in più. Anche perché, detto tra noi, meno di così era impossibile. Ebbene, appena essi hanno alzato l’aggressività, ed era assolutamente normale, prevedibile, giustificato che lo facessero, noi siamo scomparsi dal campo. Appena ci hanno attaccato, e la partita si è alzata di tono, noi ci siamo fatti da parte.

Entrambi questi aspetti sono preoccupanti, e rappresentano un campanello d’allarme che suona già da tempo, dal momento che l’episodio di Milano non è il primo che si verifica in questa stagione».

- Un quarto periodo con numeri orribili: 7 punti totali, 1/12 dal campo, 7 palle perse e – 4 di valutazione. In effetti, fare peggio di così, ci pare molto, molto difficile...

«Eppure noi ne siamo stati capaci e quando dico noi, voglio parlare di tutta la squadra, non solo di quelli che, in quel momento, si trovavano sul parquet. Si vince e si perde tutti insieme: coach, assistenti, giocatori del quintetto e panchina. Nessuno, in questo periodo così delicato, è autorizzato a chiamarsi fuori. Tecnicamente, poi, abbiamo evidenziato le lacune che punteggiano fin dal mese di settembre il nostro modo di stare in campo: grandi sprazzi, cui si accompagnano anche tanti passaggi a vuoto. Anzi, decisamente troppi passaggi a vuoto, se si considera che siamo già piuttosto avanti con la stagione».

- Par di capire che De Pol, seppur v’è chi si ostina a parlare di un campionato ancora lungo, è preoccupato. Ci sbagliamo o no?

«Certo, come potrei non esserlo - risponde sincero il capitano -. Mi preoccupa soprattutto il fatto che, dopo una decina di giornate di campionato, non abbiamo ancora un’identità definita, alcune volte giochiamo benino in attacco, altre in difesa, ma mai benissimo e mai con quella continuità che, a questo punto, dovrebbe cominciare a emergere. Evidentemente dobbiamo ancora lavorare tanto, mettendoci però anche più durezza, mentalità, grinta. In fondo le qualità, mica altre, che hanno permesso a Milano di batterci».

- Non c’è proprio nulla da salvare nella infausta trasferta milanese?

«In realtà non sono esattamente dello spirito giusto per vedere il bicchiere mezzo pieno tuttavia mi rendo conto che bisogna cercare di guardare avanti con un pizzico di ottimismo. Quindi, proviamo: trenta minuti di buona pallacanestro; il rientro di Capin che è stato in campo a lungo con u n buon rendimento; la crescita costante di Steponas Babrauskas e il momento di grande forma di Galanda. Tutti compagni che al Forum hanno giocato in modo “importante”. Però, adesso che ci ripenso - conclude con amarezza De Pol -, peccato aver buttato via due punti dopo prestazioni simili».

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