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Romel , pure critico con sé, si lamenta per i palloni non ricevuti


Lucaweb

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di Ma.Tu.

Messico e nuvole, la faccia triste di Romel Beck… Il giorno dopo la partita, persa in casa, contro Avellino il volto del giocatore messicano è più nero di uno quei nuvoloni che, con frequenza impressionante, scorrazzano sopra il cielo del Golfo del Messico. Nero e, sottolineiamo, carico di pensieri negativi perché, nel match contro Avellino, troppe cose non hanno funzionato e altrettante sono da rivedere.

«Non v’è nulla di cui essere soddisfatto né per la prestazione offerta dalla squadra né - ammette onestamente Beck -, per quello che mi riguarda. Sono partito in quintetto, non ho combinato nulla di buono sui due lati del campo e se Avellino è potuto scappare via fin dall’inizio è anche colpa mia. Tuttavia, cattiva, non è stata solo la partenza, nel primo tempo abbiamo giocato ampiamente sotto la sufficienza, con scarsa carica mentale e pochi stimoli, quasi che la cosa non ci riguardasse. Un atteggiamento che per una squadra, ultima in classifica, è due volte grave. E sono preoccupanti gli alti e bassi che continuano a fare da contrappunto al nostro modo di stare in campo. Insomma, tante situazioni che, di sicuro, non sono esattamente l’ideale per sorridere».

- Nel vortice degli alti e bassi c’è finito anche lei: dopo un pessimo primo tempo, ha messo in scena una ripresa arrembante ma inutile...

«Per mie caratteristiche tecniche sono già un giocatore da “flash” improvvisi quindi – commenta Beck -, in qualche modo sono il primo a riconoscere che nel mio stile di gioco affiorano delle pause. Non mi piacciono, però, le mie pause difensive perché, quando l’attacco non funziona, quando i miei tiri non entrano, dovrei dare qualcosa di più in difesa. Invece, contro Avellino, non sono stato capace di entrare positivamente nella partita. Poi, nel secondo tempo, le cose sono andate leggermente meglio, anche se la squadra non ha lavorato al cento per cento per sfruttare il mio momento migliore».

- In che senso, scusi?

«Io sono, fin dai tempi in cui giocavo al College, un classico giocatore “di striscia”, soggetto a fiammate improvvise e nei momenti in cui salgo di tono e sento crescere il feeling col canestro devo avere la palla tra le mani. Ieri, credo che si sia notato, in diverse occasioni mi sono trovato diverse volte da solo in attacco e pronto a ricevere la palla per concludere in contropiede primario o in transizione, ma il nostro regista (Romel si riferisce a Capin ndr), ha preferito fermare il pallone e chiamare i giochi. Di solito, invece, in quei frangenti sarebbe bene cogliere l’attimo e fare di tutto per mettere in ritmo i compagni. E, del resto, quello di attivare i vari giocatori, leggendo le situazioni e i vari momenti della partita è proprio un compito che spetta principalmente al playmaker. Purtroppo, ieri, è andata così, non bene, e si è trattato di un altro aspetto negativo della mia e della nostra giornata».

- Provi a uscire da questa spirale di buio e ci racconti almeno una cosa positiva...

«La reazione che abbiamo mostrato nel secondo tempo rientra sicuramente nelle note positive del match contro Avellino così come il buonissimo esordio di Skelin va archiviato con il segno “più”. Con Mate la Cimberio dispone finalmente di un giocatore grande e grosso da mettere dentro l’area e da poter utilizzare per i giochi spalle a canestro e tutti hanno già potuto constatare il suo livello di utilità. Penso che con il croato migliorerà anche l’impatto della nostra difesa perché, da oggi in avanti, sapere che a presidiare l’area ci saranno due uomini di due metri e dieci rappresenta pur sempre una certezza. Purché - conclude in tono leggermente più speranzoso Beck -, si scenda in campo pronti a lavorare e caricati per tutti i quaranta minuti, la cosa che ci manca di più, e tutti insieme».

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