Lucaweb Posted July 18, 2008 Share Posted July 18, 2008 di GIANCARLO PIGIONATTI Nel crepuscolo di una sera che cambia panchina e gerarchie il Campus sembra un crocevia di stati d’animo. C’è chi annoda al futuro un orgoglio dimenticato e c’è chi s’aggrappa al filo di un’affermazione penosa. E c’è chi scende dal carro dei perdenti, costretto da eventi che rifiuta e c’è chi pone una pietra nuova fra tante rovine. Varese s’allunga inquieta tra figure in subbuglio come lo sono quelle di Veljko Mrsic che, in umiltà e con realismo, fa un passo indietro pur di cavare la squadra dall’impiccio d’una guida impalpabile in partita e di Cecco Vescovi che, non avendo colpe ma nemmeno rimproveri, preferisce l’uscita di scena a un ruolo vieppiù equivoco. Vecchie ruggini fra lui e Bianchini o una mancata promozione sul campo? Questi sono motivi più o meno veri e confessabili ma ce ne sono altri che, per valori di principio, scavalcano interessi personali e storie particolari. Sulla scena delle decisioni, un po’ stordito, resta Gianni Chiapparo il cui animo, leggendolo in volto, sembra il riepilogo delle puntate precedenti di uno sceneggiato drammatico. L’a.d. biancorosso non pensava di provocare imbarazzo, anzi disappunto (di quelli enormi) nell’amico Cecco che, a dire di Gianni, ha reagito male e davanti alla squadra. "Tu uccidi un uomo morto": un’interpretazione da reminiscenze scolastiche per dire che gli scoppi spostano l’aria e gli equilibri... In questo caso hanno solo sfiorato Mrsic, comandante in capo, pure degradato ma non sconfessato nel suo puntiglio d’uomo, in carriera a Varese. Il croato è convinto delle sue capacità ma anche dell’impossibilità di esercitarle in gara, soprattutto quando una squadra, molto modesta e spaventata in alcuni suoi atleti, ha bisogno di continue ed energiche sollecitazioni. «Se sopravvivo in questa stagione, ho già idee chiare per l’anno prossimo», ci ha spesso confessato Veljko facendo anche ipotesi ideali di mercato, tant’è che Skelin è già biancorosso per i suoi buoni uffici. Mrsic può stare tranquillo nella sua dignità d’uomo e di tecnico. La rettitudine professionale di Valerio Bianchini è consacrata da riconoscimenti unanimi e nazionali: migliori testimoni di un uomo sono le sue azioni. Il Vate, in un gradito ritorno a Varese, ritrova sensazioni sepolte dall’ingrato scandire del tempo, pur avendo conoscenza e scienza nessuna età. A Bianchini andava stretta la parte di "dottorone del tempio", in senso biblico e buono, portandosi addosso un oblio da panchina mal sopportato, fosse anche periodico, come un malessere di stagione. Un po’ queste cose ci aveva confidato Bianchini alla vigilia del campionato, proprio al Palace Hotel di Colle Campigli, dove sedeva in cattedra davanti agli arbitri di Serie A, suoi scolaretti. Non potevamo immaginare che la panchina gli mancasse attraverso un rimpianto, tale da sciupargli l’età serena della saggezza e, scherzando, osservammo che, se fossimo stati padroni di un club, gli avremmo affidato baracca e burattini. Due mesi, dopo, eccolo qui, come otto anni fa - era il primo gennaio e a Varese c’era la neve - per una missione più dura, anzi disperata. Egli, innanzitutto, dovrà capacitarsi di fronte a un basket straniero e indefinito, a metà strada fra la lotta greco e romana e il tiro al piattello, molto confusa nei suoi valori di riferimento. Un campionato senza capo né coda? Beh no, c’è un capo che è Siena e c’è una coda che è Varese. In un campionato di questa specie poco importa il nome d’un club né tantomeno il suo budget: basta azzeccare un drappello di americani il cui talento tecnico e atletico, se ben assortito, fa la differenza. Ma Varese non ne ha uno di tale razza, anzi non ne ha affatto e i suoi guai nascono lì, dove mancano punti nelle mani, di un atleta con dribbling, tanto per usare un termine d’accezione calcistica e di popolare comprensione. Il nostro disco suona senza ascoltatori, adesso s’è rotto... Ci resta una considerazione, cara e malandata Varese: se la gestione di una gara trova ora in Bianchini un punto esclamativo, sul campo restano i soliti punti interrogativi, sicuramente più inquietanti di prima, per il passare delle giornate. Un benedetto sforzo economico va compiuto per "acchiappare" l’americano Gerald Ficht e salvare una stagione. Sennò a maggio saranno lacrime amare. Link to comment Share on other sites More sharing options...
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