A Varese "salvatori della patria" sono tutti o non lo è nessuno e d’ora in poi c’è anche Tierre...

[Lucaweb]

di Giancarlo Pigionatti

"Welcome Tierre Brown". Varese lo aspetta a braccia aperte, pur non dovendo commettere l’errore di considerarlo un Nembo Kid dei canestri. I suoi scialbi trascorsi a Napoli c’entrano poco, semmai ci si può porre, almeno nell’imminenza del suo esordio in maglia Cimberio, più di un interrogativo sull’anno di "sosta" agonistica di Tierre la cui presenza, nelle file biancorosse, va benedetta nel tempo per quella valenza tecnica e atletica, tipicamente americana, assente sin qui tra le caratteristiche della squadra. Brown come il fuoco per il fonditore? E’ il solo augurio che facciamo tra le premesse di questo ritocco che potrebbe risultare vivifico per quei biancorossi che, sino ad oggi, sono parsi ossessionati dal peso di responsabilità dirette e inattese. Basterebbe probabilmente la personalità dell’americano ex Nba, che non vorremmo ritrovare in una fotocopia di Travis Best, che la Virtus Bologna ha richiamato e che, nella scorsa stagione, arrecava più danni che servigi a dispetto degli osanna tributatigli da certi opinionisti, proprio per riuscire a far lievitare in positivo le valenze degli uomini di Bianchini. Capin può così colpire senza dover lambiccarsi il cervello per impostare il gioco e impiegare secondi preziosi, palla in mano, Passera può sostituire l’uno e l’altro, orgoglioso di garantire minuti buoni e Boscagin ha l’occasione di uscire dal guscio nel quale s’è cacciato per una fallita convinzione. Hafnar deve invece convincersi della sua importanza, lasciando certe sue strane paturnie, in fatto di gerarchie, nello stanzino del custode del palazzetto, mentre Beck può maturare affidando i suoi "numeri" alla nuova regia e a un gioco cui tutti, nessuno escluso, se non lo decide Valerio Bianchini, sono chiamati, secondo il proprio potenziale, senza angosce né drammi.

Sin qui gli esterni, anche se personalmente non abbiamo perso la speranza di registrare un ritocco di valore per un’operazione "salvezza sicura". Eccoci ai lunghi che già sembrano ben assortiti: Galanda e Skelin sono effettivi di un certo pregio tecnico e morale, Fernandez possiede innegabili qualità caratteriali, come De Pol la cui presenza, sin qui, seppur per pochi minuti (quando è sceso in campo), non è risultata un’eresia. A Melvin, che ha nulla delle cime tempestose americane, per dire di nerboruti esplosivi, si chiede soltanto di fare la propria parte senza timor panico, quindi quei canestri di cui dovrebbe essere capace, come dimostrò nella scorsa stagione, seppur in Legadue, nella quale campi e canestri sono gli stessi. E’ vero sono diversi gli avversari ma all’americano si chiedono non caterve di punti ma segnature che gonfino il bottino di Varese. Alla difesa, arma primordiale nel basket, soprattutto per questa Cimberio, che non può permettersi il lusso di subire ben oltre gli 80 punti, pena una sconfitta sicura o quasi, pensi coach Bianchini, che se ne intende. Varese s’è messa in buone mani, ancorchè c’entrasse poco o nulla Mrsic, sfortunatamente non in campo, perché quando era giocatore, sapeva diventare un leader e bomber, questa squadra è fatta di altra stoffa. E, se Bianchini, visti i suoi trascorsi, di scelte illuminate a stagione inoltrata, ha sponsorizzato questo americano, evidentemente sa come ottenerne la miglior recita.

Brown non sarà come Larry Wright ma, in questa Varese, egli assume, per ciò che si diceva, una dimensione coinvolgente per tutti i biancorossi, sin qui frustrati da limiti e paure, magari non soverchie, quindi sterilizzabili da chi, nuovo sulla scena, non è segnato da condizionamenti emotivi. Basterebbe questa qualità in un Brown, fresco di testa, anzi come una rosa, pur volendo una sua affermazione, per trasformare la rassegnazione in convinzione in una squadra che non deve commettere l’errore madornale di identificare nell’americano un "salvatore della patria". D’ora in poi, sia chiaro, lo sono tutti o non lo è nessuno.