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"Incantato e convinto da Bianchini. Varese ultima è una grande sfida"


Lucaweb

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di Francesco Caielli

Eccolo, Tierre Brown. Piccolo (il corpo, la statura e il fisico sono

quelli del playmaker), vispo (quindici ore di viaggio, sballottato

tra Houston e Amsterdam, sembra non abbiano lasciato traccia sul suo

sguardo sveglio), atteso come l´uomo della provvidenza da una città

in cerca di ottimismo e di appigli a cui aggrapparsi per continuare a

sperare. L´allenamento serale posticipato di un´oretta buona per

aspettarlo (il suo aereo ha ritardato di cinque ore) e tanti curiosi

ad affollare il parterre di Masnago: "Vediamo un po´ com´è `sto

Brown". Eccolo, Tierre: caracollante nell´andatura tipica del nero

americano, non c´è nemmeno il tempo di concedersi ai fotografi.

Bianchini lo vuole mettere subito al lavoro. Un po´ di riscaldamento

e poi via, in campo in mezzo ai compagni a correre da una parte

all´altra del campo: chissenefrega del fuso orario da buttare giù,

dopodomani c´è la Virtus da battere, forza ragazzi. Eccolo, Tierre

Brown: i primi tre tiri non pigliano nemmeno il ferro, e il primo

passaggio sbatte contro la scritta Cimberio, là dietro alla tribuna

stampa. Calma, che il ragazzo è appena arrivato e questi compagni non

li ha mai visti: lasciamolo fare, vediamo un po´ cosa combina.

Eccolo, il nuovo giocatore di Varese, cercato e voluto da Bianchini

("Volete prendermi una guardia? Fesserie: a questa squadra serve un

playmaker" aveva detto il Vate dopo appena mezzo allenamento) per

riuscire nell´ennesima impresa di una carriera lunga e importante.

Giusto qualche minuto per ambientarsi, un paio di corsette per

ritrovare la brillantezza e scrollarsi via le ore passate inscatolato

nel sedile di un aereo: eccolo Tierre Brown. Un paio di passaggi

immaginifici, che da queste parti non si vedevano da un po´ di tempo,

due canestri da fuori che fanno rumoreggiare i presenti ("Hai visto

che palla gli ha dato", "Dai che questo qui è buono"), uno in

penetrazione che fa scattare qualche timido applauso. E´ presto,

terribilmente presto per dare giudizi e bollare un giocatore come

brocco o fenomeno: ma si sono visti inizi decisamente peggiori. E per

il popolo varesino, spaventato e solo, per il momento può anche

bastare così: vedere Brown, vederlo in campo ad allenarsi, vedere il

custode del palazzetto arrampicarsi sul tabellone segnapunti dietro

la curva nord ad appendere il suo nome, è sufficiente per tornare a

sperare. Almeno fino a domenica.

Eccolo, Tierre Brown: sudato fradicio dopo due ore abbondanti di

allenamento, il sorrisetto beffardo dell´uomo sicuro di sé.

Perché ha scelto di venire a Varese?

E perché no? Arrivo da una bella esperienza nei training camp della

Nba, dove ho lavorato duro e sono migliorato. Ero in forma, pieno di

voglia di giocare, così ho chiamato il mio agente chiedendogli di

guardarsi in giro e trovarmi una squadra. Si è fatta avanti Varese,

ed eccomi qua.

Cosa l´ha convinta ad accettare l´offerta della Cimberio?

Valerio Bianchini. Davvero, non sto scherzando: prima di decidere e

di firmare il contratto ho fatto una lunga chiacchierata con il coach

e devo dire che è stato lui a sciogliere gli ultimi dubbi che ancora

avevo. Mi ha incantato, e mi sono detto: ehi, io voglio giocare per

quest´uomo.

Ma lo sa che Varese è ultima in classifica?

In inglese c´è un´espressione che è adatta per rispondere a questa

domanda: who cares? Che tradotto, un po´ a spanne, significa: e allora?

Non ha paura?

No, anzi, questa impresa mi affascina. La classifica è quella che

tutti vedono, ma credo che ci sia il tempo per dare una svolta alla

situazione e arrivare a salvarci. Del resto, sono qui per questo.

Si presenti: che tipo di giocatore è?

Uno che, di solito, fa canestro. Negli anni del liceo e del college

non era un playmaker vero e proprio: giocavo più da guardia e il mio

compito era quello di fare punti. Passato in Nba ho cambiato un po´

il mio profilo, reinventandomi play. I miei punti di forza sono la

velocità nell´uno contro uno e la forza in penetrazione. E poi ho

pure un discreto tiro.

La prima impressione della squadra?

Ho visto ancora poco, ma mi pare un gruppo con una buona dose di

talento e, soprattutto, ottimamente allenato. Varese mi è anche

sembrata una società decisamente ben organizzata.

La sua ultima esperienza in Italia è stata negativa. Lo scorso anno a

Napoli è stato mandato via dopo dieci partite: perché?

Chissà cosa vi hanno raccontato...

Come sono andate, allora, le cose?

La squadra era buona, e inizialmente tutto sembrava procedere per il

meglio. Poi, semplicemente hanno smesso di pagarci. I miei compagni

se ne stavano zitti, senza protestare, mentre io ero l´unico che si è

arrabbiato e ho iniziato a lamentarmi. Mi hanno dipinto come un

giocatore dal carattere difficile, come un cattivo ragazzo: niente di

vero, io sono una brava persona.

E´ stato lei, dunque, ad andarsene?

La situazione non si sbloccava, quindi ho chiesto al mio agente di

fami andare via.

Sa che Napoli è in lotta con Varese per la salvezza?

Lo so, e so anche che in Campania ci gioca un mio caro amico, Jumaine

Jones. E´ stato mio compagno ai Lakers, e al più presto lo chiamerò

per dirgli di non fare scherzi.

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