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E’ l’ora del caffè. Dolce, non amaro


Lucaweb

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di GIANCARLO PIGIONATTI

Ci si gioca il destino più o meno all’ora del caffè. Se sarà amaro o dolce, lo sapremo all’ora... della merenda, quando attorno alle quattro del pomeriggio Masnago crepiterà per una festa o per una contestazione. Siamo dunque all’espresso, come il desiderio potente di una piazza disorientata, alla ricerca di un segnale di sicurezza. Varese deve superare Roma per non finire in bolletta, di occasioni salvezza (disperata ma ancora possibile) in un appuntamento dagli effetti scottanti (per la classifica) e speciali per alcune presenze. Innanzitutto debutta Jaime Lloreda, da Novara, panamense come l’altro centro della storia di Varese, vale a dire Cardenas che, senza strabiliare, fu utile a quella causa.

Jaime, non un "watusso", deve far dimenticare il... rimpianto Skelin, vi riuscirà? Le descrizioni sono controverse: chi lo ha visto, non esita a definirlo un bel "caratterino", energico spalle a canestro, un po’ meno nei "frontali", con qualche dote tecnica e atletica stampata addosso. V’è da scoprirlo al cambio tra A2 e A1 ma, in Russia, tempo fa, a rimbalzo, non era un signor nessuno.

Bianchini, sempre alla spasmodica ricerca di equilibri tecnici e tattici, lo ha scelto per fornire alla squadra un centro di peso. Lloreda è della stessa scuderia (di agenti) cui appartengono il tecnico, Tierre Brown e Holland.

Fosse toccato a noi scegliere, non avremmo avuto dubbi, e da tempo, nel collocare - tecnico a parte - Holland in cima alla lista. Evidentemente la società, lo si sa, ha tutt’altre visioni, salvo poi riconsiderare le proprie scelte e cercare rimedi molto ardui. A proposito del grande e discusso ex, ci auguriamo che, a prescindere dal risultato di oggi (che dev’essere favorevole, sennò...), presidente e allenatore riconsiderino la loro "frenatona" se non una vera e propria retromarcia sulla via che portava a Holland biancorosso. E, qualora Varese ricreda in Delonte, che ha suoi estimatori in altri club, speriamo ardentemente che non sia troppo tardi.

Non ci sembrava il luogo né il momento di dubitare dell’americano in merito a un’ideale armonia con i giocatori di oggi. Inverecondi a Scafati, ben oltre i propri limiti, quindi non dei "santerellini" tra pretese e vittimismi. Tutti sono brave persone, si impegnano ma, ai primi scroscianti disagi, magari anche inconsciamente, si sfaldano come pasta frolla. Roba da fili deboli, mancando a questa squadra talento e atletismo, propri di Holland, che ne dicano i cultori degli equilibri di gruppo.

Squadra che vince, non si tocca ma, se perde di continuo e sciaguratamente, un "cannoniere" estemporaneo ed estroso ci vuole per scongiurare un’esiziale prevedibilità. Oggi però Bianchini e i suoi uomini devono saper tirar fuori il coniglio dal cilindro contro una squadra ricca di valori ma abbastanza stanca e rabberciata in organico. Pronunciare Roma, non si può non parlare di Repesa suo console, più che un amico per Mrsic con il quale comunica una settimana sì e una sì... Il tecnico biancorosso fu scoperto, come cestista, proprio da Jasmin che lo convinse a lasciare il calcio. Già, Veljko giocava nelle giovanili di una cittadina della Bosnia Erzegovina, la stessa dove Repesa allenava i ragazzi di basket. Incontrandolo, ogni volta, era un insulto per Mrsic pallonaro che, poi - cresciuto come un pioppo - accettò d’essere convertito dal tecnico che diventò il suo primo allenatore. Entrambi, qualche anno più tardi, traslocarono a Zagabria, nel Cibona. Repesa fu prima assistente, quindi capo allenatore con Mrsic capitano e Skelin nei primi passi. Scoppiò una grande amicizia tra il tecnico varesino e quello romano che lo volle come testimone di nozze.

«Da noi questo impegno è sacro, resta fra due persone tutta una vita, ecco perché io e Jasmin - osserva Mrsic - ci sentiamo spesso e fraternamente. A lui non conviene vincere a Masnago: se Roma, così mal ridotta per le assenze, dovesse passare, Repesa potrebbe dare l’addio a quei rinforzi che ha richiesto con urgenza al club. Gli ho fatto questo ragionamento e lui lì per lì ha ridacchiato».

Varese avrà due spine al fianco (Hawkins e Ray) e due in fronte (Ukic e Lorbek), basta saperlo e non farsi scorticare. La Cimberio può opporre Brown, Capin, Beck, Galanda e sto’ Lloreda, tutto da scoprire: gente da una settantina di punti, auspicabilissimi. Quindi una panchina lunga, di buona volontà.

Se ciascuno saprà soffrire per sé e per i compagni, Varese non avrà paura: Roma è battibile, dovendola battere per forza di cose. E’ grande adunata biancorossa: oggi o mai più.

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