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Gregor Hafnar non crede ai complotti e ha ancora fiducia nella Cimberio


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di Massimo Turconi

L’uomo potrà pure apparire scorbutico, incostante, difficile. Il classico tipo da prendere con le molle. Ma è indubbio che Gregor Hafnar, sotto la scorza di un carattere coriaceo, si porti appresso anche tanta limpidezza. Questo ragazzo con pochi fronzoli non farà nulla per compiacervi, ma allo stesso tempo non vi tradirà con pensieri coperti. Le cose ve le racconterà come stanno, con la sincerità in prima fila. Anche dopo gli episodi di Rieti… «Inutile prendersela con gli arbitri o – dice Hafnar - attaccarsi all’ultimo fischio o all’ultimo tiro degli avversari. Potremmo discutere tre giorni di queste cose e non si verrebbe a capo di nulla. A Rieti, poche storie, la partita l’abbiamo persa noi per colpa di una condotta scriteriata nei momenti cruciali e a causa di diversi errori commessi sui due lati del campo. Certo, i direttori di gara qualche topica l’hanno infilata, ma dal mio punto di vista, ai fini del risultato, contano assai di più le nostre manchevolezze: vedi disattenzioni difensive e cali di concentrazione che, in diverse occasioni, hanno favorito i loro rientri».

- Lei ad Avellino, in una squadra che lottava per salvarsi, ha già vissuto una situazione simile. Ha davvero l’impressione che la Cimberio abbia contro gli arbitri o addirittura il "sistema"?

«No, non ho questa sensazione. Probabilmente, quando ti trovi in questa condizione, con una classifica “povera” e tanti problemi da risolvere, risulta più facile guardarsi attorno, cercare qualcuno sul quale scaricare una parte di responsabilità e recitare la parte delle vittime designate. Più difficile risulta guardarsi dentro e trovare in noi stessi le risposte giuste per uscire dalla crisi.

Rispetto a questi vissuti bisogna scatenare una forte reazione di squadra e, al limite, scendere in campo con lo spirito di chi gioca "contro tutto e contro tutti". Nelle ultime settimane abbiamo aumentato a dismisura la fiducia in noi stessi, sappiamo di essere una squadra decisamente più forte, unita e migliore di qualche tempo fa quando, inconsapevolmente, scendevamo in campo già rassegnati. Adesso il gruppo pensa in positivo e "ci crede" di più, ma per il definitivo salto di qualità bisogna crederci per tutti i quaranta minuti, eliminando i giri a vuoto».

- Se parliamo di fiducia, lei sembra essere un giocatore assolutamente rigenerato…

«Anch’io, come tutti, ho commesso diversi errori e all’inizio della stagione, nonostante la mia età e la lunga esperienza, mi sono fatto trascinare dal vortice negativo come uno junior alle prime armi. Il nervosismo e i miei comportamenti negativi dei primi mesi non si giustificano, ma si possono perlomeno comprendere con lo stato d’animo di un giocatore troppo "emozionato" e coinvolto in tutte le vicende che riguardano la squadra. Adesso le cose vanno un po’ meglio, sto bene fisicamente e anche sotto il profilo mentale so quello che devo fare per poter essere utile al gruppo. Condizioni che mi hanno ridato serenità e tranquillità e, spero, possano tradursi in risultati concreti anche per la squadra».

- Capitolo arrivi e partenze: quale il suo giudizio sui casi Capin e Holland?

«Alex, con quale ho parlato a lungo, col passare dei mesi ha perso fiducia in se stesso, nel gruppo e nelle cose che stava facendo. Non si sentiva più utile e, a quel punto, la scelta di andare via è stata la più logica per lui e per l’intera squadra. Peccato sia finita così perché ricordo che l’estate scorsa, appena firmato l’accordo con Varese, Capin era gasato e assolutamente entusiasta. Per quanto riguarda Holland, devo dire che il suo atteggiamento positivo mi ha favorevolmente sorpreso. A distanza di circa un anno, ho ritrovato un giocatore pronto a giocare per la squadra, più disponibile ad accettare le logiche del gruppo e motivato a riscattarsi dopo la brutta parentesi di Bologna. Finora, l’impatto di Delonte è stato più che positivo e spero che continui in questo modo».

- Come si guarda la classifica in momenti come questi?

«Non la si guarda affatto, o meglio, non ci si deve soffermare, altrimenti ti assale la depressione. In realtà, adesso, l’unica cosa da fare è restare concentrati solo su di noi, sul nostro lavoro e su un aspetto: vincere il maggior numero di partite. Pensare al cammino degli altri o agli errori commessi sarebbe frustrante e improduttivo. Quindi, una gara alla volta, da affrontare al mille per cento dell’impegno e della determinazione. Le cose, ripeto, stanno migliorando, soprattutto in difesa e proprio partendo dal sudore profuso là dietro dobbiamo cercare di cambiare marcia. Domenica, arriva Teramo, una squadra che mette in mostra un basket di buona qualità. Chiudere tutti gli spazi ad un trascinatore come Tucker sarà fondamentale perché, in casa Siviglia, tutto parte da lì…».

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