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«Cimberio bollita? Meglio non fidarsi»


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di Massimo Turconi

Diciamolo: a prima vista l’etichetta di uomo nuovo del basket italiano stona un po’ sulla “fotografia” di Luca Vitali il quale, nel fisico adolescenziale - 85 chili distribuiti, con poca “carne”, su 201 centimetri - e su un viso incorniciato da una filo di barba, tradisce in pieno i suoi 21 anni. Poi quando lo vedi giocare, e quando ci parli, capisci che l’appellativo di “uomo” s’infischia ella carta d’identità e di ogni altra considerazione. Luca, la sua etichetta se l’è guadagnata sul parquet dove è attore maturo con una serie di brillantissime recite e da diverse stagioni. Tutta da scoprire è invece la sua storia, bella e particolare, come giocatore.

«Bolognese di nascita (San Giorgio in Piano, 9 maggio ’86 ndr) cominciai la mia avventura cestistica nelle giovanili della Virtus Bologna e - spiega Vitali -, rimasi con le “Vu nere" fino all’anno del “famoso” fallimento Madrigali. Avevo 18 anni, in quella stagione d’incertezza, anche a livello di settore giovanile, decisi di accettare le offerte della Montepaschi Siena. Nella società del presidente Minucci vissi una grandissima stagione vincendo ben tre scudetti in un memorabile “Grande Slam”: titolo Under 18, Under 20 e quello assoluto, in serie A, con coach Carlo Recalcati. Fu tutto bello e perfetto tranne il fatto che io non mi accontentavo più di girare gli asciugamani e dare i “cinque” ai compagni più forti ma ma volevo giocare, disposto ad andare ovunque avessi potuto farlo. Con la freccia, di nuovo in direzione Bologna, accettai le offerte della Virtus 1934, in serie B1, con un posto da titolare. Una sfida, quella di tenere in mano il volante d’una squadra, che a 18 anni andava accettata senza star troppo a riflettere sulla categoria».

- Eccoci poi alla A2 con Montegranaro e alla fiducia massima di coach Pillastrini...

«Stefano decise di puntare forte su un gruppetto di italiani, Amoroso, Canavesi e il sottoscritto con l’obiettivo di farci crescere al fianco di altri ragazzi che già avevano vinto la B1 e di stranieri di grandissimo spessore umano: Randolph Childress per tutti. L’esperimento, se così si può definire, produsse e produce tuttora, buonissimi frutti. Certo, lungo la strada abbiamo avuto bisogno anche di un pizzico di fortuna, elemento indispensabile per creare l’alchimia giusta ma, nel nostro caso, la buona sorte è servita solo per avvalorare le scelte intelligenti fatte».

- Quella programmazione ha portato al risultato attuale: un clamoroso terzo posto e una porta-playoff spalancata verso traguardi addirittura impensabili. Incredibile è il termine giusto?

«Assolutamente sì e - risponde Luca -, tutto quel che ci sta capitando può rientrare a buon diritto tra gli eventi, probabilmente, irripetibili. Sicuramente stiamo disputando un campionato al di sopra delle nostre possibilità ma non va dimenticato il gran lavoro che, come società e come squadra, ci siamo messi alle spalle nei cinque anni precedenti. Forse, adesso, siamo un po’ “esagerati” ma la nostra impresa non nasce, tengo a dirlo, dal caso».

- Lei è la dimostrazione lampante che i giovani, se capaci e fatti giocare, producono sempre qualcosa. Ma quanti "Vitali" sono disseminati tra serie A, LegaDue e B1 che non trovano spazio?

«Ho l’impressione, anche per mia conoscenza diretta, che sono tanti quelli che, per cecità societaria, non riescono a spiccare il salto o peggio che non hanno alcuna possibilità di farlo. Peraltro non sono granchè fiducioso sul futuro, non vedo nei dirigenti la volontà di giocarsi qualche scommessa. Il rischio non vale la candela dal momento che per i club è meglio affidarsi a giocatori stranieri sconosciuti e di dubbie qualità».

- Lei, potendolo, che cosa farebbe?

«E’ difficile proporre soluzioni, ritengo che vi siano nel nostro ambiente personaggi più preparati di me e preposti a questo ruolo. Forse, come sta succedendo in Russia, renderei libero il mercato ma darei l’obbligo di avere sempre due giocatori italiani sul parquet».

- Provi ora ad analizzare il match, surreale per Varese, di domani...

«Sarà una gara molto rischiosa, ella quale avremmo tutto da perdere. E’ pur vero che la Cimberio attraversa un cattivo periodo ma un colpo di coda è sempre possibile d’una squadra che, davanti al proprio pubblico, ha sempre molto da farsi perdonare. Dovremo giocare da squadra vera senza pensare alla classifica dei varesini o al fatto che sono già retrocessi».

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