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Aria di A2 già a novembre. Nessuno l'ha fiutata


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di Antonio Franzi

VARESENegli occhi abbiamo ancora il volto di Chiapparo in quella mattina di settembre nei giardini di Villa Recalcati: il rito della presentazione della Cimberio 2007/08 era appena stato celebrato nella sala del Consiglio Provinciale, portando con sé quell'ottimismo di maniera che si vuole obbligatorio in simili circostanze. Eppure, scavando nella sua emotività, si poteva cogliere qualche tratto di preoccupazione.

La parabola di Chiapparo

Il gm aveva creduto fortemente - perfino fin troppo - nel progetto di regalare ai Castiglioni una squadra che abbinasse la riduzione di un impegno finanziario fuori da ogni logica economica con una competitività quasi uguale a quella della stagione precedente. Non sapeva che sarebbe stato una delle prime vittime - subito dopo, naturalmente, chi alla domenica vive sugli spalti la grande passione per i biancorossi del canestro - di un gioco al massacro che, sebbene nella logica dello sport professionistico, ci è indigesto.

La parabola triste di Chiapparo - uno che ha sbagliato ma che merita le attenuanti che, in verità, solo il signor Gianfranco gli ha riconosciuto - è una delle chiavi per leggere in profondità il come e il perché di una stagione che la matematica condanna come la peggiore di sempre.

Troppe scommesse, tutte perse

Si era scelto di rinunciare a un punto di riferimento quale Magnano, cavalcando l'onda della presunta antipatia di qualche frangia del pubblico per giustificare un deciso taglio della posta economica destinata a chi siede in panchina.

Legittimo ridurre i costi o fare scelte tecniche diverse, non però svilire il peso dell'allenatore a quello di un ruolo che può essere ricoperto grazie ai semplici lustrini di un passato glorioso di giocatore, senza prima aver salito i gradini di un cammino d'apprendimento che richiede tempo.

La scommessa Mrsic è stata soltanto la prima a essere persa. Poi è toccato a quella legata ai due uomini-chiave del quintetto di partenza: Melvin e Hodge.

Un mistero il primo, che era sembrato in forte crescita sia tecnica che di personalità a Rieti. In Legadue, si dirà. Vero, ma negli anni precedenti lo stesso percorso aveva visto protagonisti tanto McIntyre che Sato, due uomini da vertice in Eurolega. Allora, che cosa non ha funzionato nel caso Melvin? Una guida tecnica insicura non lo ha di certo aiutato: la "strana" gestione della seconda partita - quella interna contro Udine con tre ragazzini (Mladjan, Petras e Marusic) in campo insieme mentre Allen scorazzava sul parquet - è stato un campanello d'allarme non compreso. Quando lo si è fatto, si è caduti in un "dejà vu" di un'epoca ormai passata e le cifre di bilancio sono impietose anche con Bianchini.

Hodge invece è la classica ex stella universitaria che, fallita a livello Nba, approda ai nostri lidi con la presunzione di aver in mano il pallino del basket. Peccato che senza punti nelle mani un Usa sia destinato a fallire, qui da noi.

La caccia al play, sport invernale

Si aggiungano i problemi fisici iniziali di Galanda, la caccia al play che dopo l'epoca del Poz a Masnago in pieno inverno cade come una mannaia sull'uomo di turno - da LaRue, quello sì modesto, fino a Capin passando perfino per McCullough e Becirovic - e quindi la sfortuna che inevitabilmente punisce i colpevoli con il ko di Skelin.

Di fronte a questo scenario la retrocessione è apparsa come una frana impossibile da evitare: lo si era capito addirittura sin dal 4 novembre scorso, quando si perse malamente in casa contro l'allora cenerentola Napoli.

Eppure, non doveva essere così: c'erano margini d'intervento che invece, lo dice la cronaca, non sono stati colti.

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