Lucaweb Posted July 20, 2008 Posted July 20, 2008 di Giancarlo Pigionatti "Mizziga, che sconfitta". Capo d’Orlando, più compiacente di una casa d’appuntamento, almeno con Varese che applaude al suo ingresso in campo, commuovendo i pochi astanti biancorossi, al seguito della squadra, alla fine resta di sasso. Non se l’aspettavano gli oltre tremila sugli spalti, il 30% degli abitanti della cittadina siciliana, non abbandonata da Dio solo perché abbraccia un mare splendido, convinti evidentemente di non dover temere una nobile decaduta come Varese ma, soprattutto, di onorare il loro sindaco e presidente, rinchiuso nel carcere di Siracusa con un’accusa pesante. Le brutte notizie, di solito, si rincorrono: l’Upea è l’azienda di Enzo Sindoni, vero benefattore del cestismo locale, coinvolta in una super truffa, tutta da dimostrare, ai danni dell’Unione Europea (milioni di euro per agrumeti finti), marchiata pure da un’associazione a delinquere. «Il presidente è pulito, la sua azienda è sana, nessun malaffare, se qualche cosa c’è, la responsabilità è di altri», spiegava, sabato, un sereno Gianmarco Pozzecco, in visita all’albergo della Cimberio. Proprio l’ex Rooster campione, da quel fuoriclasse delle sfide qual è, teneva a vincere per gratificare l’amico presidente in un momento delicato e imbarazzante. A Masnago, nella gara di andata, Pozzecco trascinò Capo d’Orlando al successo sulla "sua" Varese, con dedica al suo procuratore Cristiano Carugati, grande manager della Nike, pure sponsor biancorosso, ricoverato d’urgenza in ospedale. Sfide ne ha vinte tante Gianmarco, intendiamo quelle personali contro personaggi (Rusconi, Tanjevic e Repesa, per citarne alcuni) che s’era segnato nella sua testolina per prendersi una rivincita nel tempo o in favore di qualcuno, da riconoscere con squillanti dediche. Stavolta Pozzecco, dopo un primo tempo torrenziale, per acume tecnico, non è riuscito a spaccare la partita perdendo la sua personale sfida. Ci è rimasto così male che, in versione "vecchio cuore a fior di labbro" ha pizzicato coach Sacchetti rimproverandolo, ai quattro venti, d’"aver insistito troppo sui "cambi". Dunque, ieri, qualcuno, nei suoi commenti, s’è inventato... un’indulgenza di Pozzecco all’amata Varese. Ben altra è stata la realtà, chi c’era l’ha vissuta in diretta attraverso quei piccoli tormenti di Gianmarco, che stimando tantissimo Sacchetti, artefice d’un capolavoro, pentito del suo stizzito appunto, ha cercato di rintracciare il tecnico sino a notte inoltrata. Abbiamo incontrato un Sacchetti inquieto nell’ora dell’apoteosi, innanzitutto senza i suoi inconfondibili baffoni, eliminati da una scaramantica promessa in caso di play off conquistati, quindi intento a dare dimostrazioni del suo valore proprio a Varese che gli ha preferito, nel suo futuro ordine di idee, un altro tecnico, cioè Alessandro Ramagli. Di mezzo, fra il dire e il fare, c’era però la Cimberio. Che ha sfoderato una prova gagliarda, scaltra e cinica grazie a Bianchini e ai suoi uomini, con la sola eccezione di Tierre Brown "come Amleto che vaga sugli spalti di un castello" per dirla come il tecnico. Dunque, una Varese sorprendente ma non troppo, per aver superato di questi tempi Siena e Montegranaro, la prima e la terza, quindi la quinta in classifica e nel suo entusiastico padiglione. Troppo tardi, è vero. Ma meglio tardi che mai, conciata com’era Varese. Questo scuotimento da scala Mercalli sembra persino un segno del destino d’una stagione nella quale abbiamo dovuto ingoiare un fritto misto di errori e di inganni (al posto di rimedi), poi di disgrazie, contagiose come peste, quindi di sfortune, perfide e demoniache e, infine, di lacerazioni d’un gruppo diviso in parrocchie e parrocchiette. Che ora stia per accadere il contrario di tutto attraverso ciò che d’orgoglioso resta di questa squadra, coniugabile con il talento di Holland? Dopo tanta sofferenza un po’ di felicità, chiamala, se vuoi legge di compensazione. Resta da chiedersi se serva ora, non dovendo illudersi la gente delle Prealpi di fronte a una retrocessione già annunciata e ufficiale ma v’è un penultimo posto da afferrare per non mancare, irrimediabilmente, all’appuntamento di un eventuale ultimo treno, se passerà. Domenica, al suono della sirena, gli uomini di Bianchini si sono abbracciati come per festeggiare una missione impossibile, hanno gioito con quei tifosi spintisi sin laggiù e, soprattutto, nel rientrare negli spogliatoi, si sono soffermati davanti al televisore della saletta di rappresentanza per conoscere, attraverso televideo, il risultato di Scafati - Virtus Bologna. C’erano tutti gli italiani, più i giovani e Holland non senza smorfie di delusione per il successo dei campani. Ciò basta e avanza come segnale forte d’una Cimberio che cerca con maggior credo di scansare l’ultimo posto che potrebbe anche tradursi - extrema ratio - in un ripescaggio qualora uno dei club più chiacchierati facesse crac. Credere si può, non costa nulla, innanzitutto un penultimo posto vale più dell’ultimo, tanto per non smentire Catalano, il principe dell’ovvio. Poi, chissà, può anche succedere l’incredibile... I biancorossi già pensano alla gara di domenica prossima, a Masnago, con Scafati, da battere con almeno 26 punti di scarto, quanti ne subì Varese in Campania, vista la differenza canestri totale, favorevole ai biancorossi. Per non saper leggere né scrivere (si dice così?), sarà adunata biancorossa. Osar si può, anzi si deve.
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