Lucaweb Posted July 20, 2008 Share Posted July 20, 2008 di GIANCARLO PIGIONATTI Il giorno del giudizio ha fatto risaltare, come per giustizia divina, i misfatti di un’intera stagione. Povera Cimberio! Afflitta dai suoi orrori di lungo corso, figli diabolici di un noto peccato originale, ha "appioppato" ai suoi tifosi l’ultima atroce disillusione. Paventammo questo rischio, nella vigilia della gara d’addio, contro Scafati, trovandosi Varese di fronte a una formazione modesta ma tignosa, rassicurabile da un po’ di architettura e da molta manovalanza ma, ugualmente, osammo sperare in un miracolo sotto il Sacro Monte, come sarebbe stato un successo, con almeno 26 punti di margine, che avrebbe collocato la squadra al penultimo posto. Il che potrebbe valere un fico secco ma anche un ripescaggio qualora uno dei club più chiacchierati facesse crac. Se ciò accadesse, sarebbero lacrime amare per un piccolo sforzo, fra i tanti non pervenuti, richiesto e possibile in considerazione di Scafati, l’altra penosissima retrocessa, la quale s’è permessa di mettere insieme 4 punti con 32 punti di scarto nel confronto diretto. Certo, se ritrovassimo i campani in serie A, dovremmo chiedere i danni a tutti i biancorossi, nessuno escluso, a cominciare da chi ha avuto la cattiva pensata di queste scelte e dei loro mal assortimenti come dell’aver gettato benzina sul fuoco nel tentativo di spegnere un incendio. Probabilmente conviene a tutti accettare con serenità una così storica punizione se essa porterà, come dovrà accadere, una purificazione totale per filosofie e mentalità. In fondo la fine di Varese, persa e ripersa per la pista, era annunciata, almeno su queste colonne, a differenza di altre, per dire anche di molte opinioni della prima ora, tant’è che, nello scorso settembre, azionammo le sirene dell’allarme e, un mese dopo, suonammo le campane a morto. Errori hanno chiamato errori tra i biancorossi, modesti ma presuntuosi, baciati dalla sfortuna. Restano i perchè di tante sconfitte di un’inezia ma, più verosimilmente, per dirla come il presidente, ci dovremmo interrogare sulle famose tre vittorie in quattro giornate. Una cosa è certa: a Capo d’Orlando non fu vera gloria. Lo accertano il risultato dei siciliani a Siena, sepolti sotto un’impressionante valanga di canestri e la sconfitta della Cimberio nel giorno di un possibile dignitoso commiato. Ora si faccia tesoro dei molti insegnamenti, le cui impronte sono chiare nell’ultima gara per una squadra che, ben lungi da una carica di Sioux, ha affrontato il nemico con i soliti assilli d’un gruppo che sembra contarsi in ogni momento. Attorno a un brutto spettacolo, già visto, si sono consumati consensi e dissensi sugli spalti per i biancorossi, divisi in buoni e in cattivi, a prescindere da loro rendimento del momento. Bisogna dire che il disprezzo per Tierre Brown (nella prima foto in alto contestato dai tifosi) non faceva più notizia: il play americano e Hodge sono "pietre dello scandalo", mai sarebbero dovuti approdare qui. E Brown era preceduto da una cattiva réclame per i suoi precedenti a Napoli. Ci ha rimesso, di riflesso, Bianchini, inadeguato nella parte di salvatore, pagando un conto salato in popolarità la sua derelitta scelta. Domenica Brown, sempre abbastanza irritante a vederlo, non è stato invero malaccio ma per lui grandinate di fischi e insulti, mentre per altri compagni, nulli o quasi, inneggi a catinelle. Fortunatamente non vedremo più da queste parti l’americano e Dio ci scampi da Marcus Melvin, una delle "tombe" di Varese, nonostante un contratto ancora aperto. L’americano, inespressivo e triste, non poteva circolare fra gli atletici lunghi del campionato. Un potente addio va dato anche a Lloreda che ricorda quella mucca che, con un calcio al secchio, getta via il suo latte. E uno, ma con tanta fortuna, va dato a Holland (nell’altra foto), malissimo domenica, a parte qualche numero ma degno di un buon ricordo per aver esibito alla platea molti pezzi di vero talento cestistico. Passera e Boscagin sono tracce precise e iniziali del futuro biancorosso. Al play, la cui positività in mezzo a tanto oscurantismo, calamita giustamente i gradimenti del pubblico, suggeriamo di prepararsi convenientemente alla prossima stagione nella quale, se vuol diventare un vero leader della Cimberio, deve fare canestro, sennò, un giorno, rischierà di perdere la sua aureola. Stesso discorso vale per Boscagin: il basket significa non solo difesa alla morte ma anche pericolosità in attacco. Gli affetti della tifoseria sono sentimenti sacri ma il campo, a volte, impone altri criteri di valutazione per efficienza atletica e garanzia tecnica. E’ il caso di Alessandro De Pol, vera bandiera di Varese, come testimoniano temperamento e orgoglio, immutabili nel tempo, se non che la sua ardente voglia d’essere un leader in gara, sicuramente ammirevole, non trova una compiuta realizzazione per troppo logorio fisico. Il capitano si merita, per riconoscenza, anche un monumento ma il futuro, come fa capire la stessa società, impone nuove prospettive, quindi scelte diverse. Morale, stendiamo un velo pietoso sulla stagione di questa Cimberio: chi ha dato, ha dato, chi ha avuto, ha avuto. E scordiamoci il passato. Link to comment Share on other sites More sharing options...
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