Lucaweb Posted July 20, 2008 Share Posted July 20, 2008 di Massimo Turconi "E ora, la fine è vicina e quindi affronto l’ultimo sipario…" Le parole di “My way”, favoloso standard di Frank Sinatra raccontano di una storia che parte dal fondo. Dal quel sipario calato, dietro il quale, in dubitativa attesa, c’è Sandro De Pol. Sandro, capitano triste. Se non arrabbiatissimo per la peggior edizione della Pallacanestro Varese di tutti i tempi ed ora, per la prima volta in carriera, si trova alla fermata del bus senza avere in tasca il biglietto della prossima destinazione... «E’ vero e dopo vent’anni di vita da professionista. Non ho nemmeno le idee chiare - spiega De Pol - di che cosa mi potrà riservare il futuro, non ho in tasca contratti, né contatti. Di fatto sto vivendo in una realtà né bella, né brutta ma, più semplicemente, strana, perché nuova. Tutta da imparare a gestire». - Due comportamenti che, se volgiamo lo sguardo alla stagione da poco conclusa, da capitano della Cimberio, non le sono riusciti granché bene... «Ho ripensato migliaia di volte alla nostra disgraziatissima stagione riflettendo innanzitutto sui miei errori, sulle mie manchevolezze. Sempre mi sono detto che, forse, come capitano, avrei potuto fare di meglio e dare qualcosa di più in termini di presenza, sostegno e spinta all’interno dello spogliatoio. Ma le mie intenzioni si sono scontrate con un’oggettiva difficoltà: quella d’essere un punto di riferimento credibile per i compagni, principalmente quelli stranieri, anche a causa di un ruolo tecnico, sul campo, decisamente marginale. Usando una similitudine potrei rispondere che, talvolta, se lavori con i tacchini, è impensabile poter volare come le aquile». - Metafora capita ma la preghiamo di ampliarla... «Spiegata in poche parole funziona così: quest’anno, nel nostro spogliatoio, ci sono stati compagni che non hanno capito nulla della situazione, soprattutto dopo che s’era cercato di chiarirla in diverse riunioni tra noi. Invece ci sono stati ragazzi che mai hanno voluto capire o, addirittura, sull’onda del menefreghismo più bieco, hanno finto di capire continuando imperterriti per la propria strada che, come sapete, non ha portato a nulla. Ed io, ma anche Galanda, da un certo punto in poi, ci siamo stancati di parlare con gente cui non poteva fregare di meno dei nostri pareri e delle nostre considerazioni». - Invece che cosa significa il suo riferimento al ruolo tecnico marginale. «Sono infatti convinto che in tante partite - spiega De Pol - avrei potuto dare il mio onesto contributo ma l’occasione mi è stata offerta solo a sprazzi». - Inevitabile, a questo punto, il riferimento allo staff tecnico. «Veljko Mrsic si è dimostrato allenatore puntiglioso, metodico ed eccellente lavoratore in palestra ma, probabilmente, troppo buono o accondiscende nei rapporti tecnici». - In poche parole Mrsic era adeguato alla situazione o no? «A mio parere sì, anche se, in ultima analisi, giudicare un tecnico in una stagione così negativa resta, comunque, un errore. Tuttavia la squadra con lui aveva un senso e in campo sapeva cosa fare». - Resta allora Bianchini... «Ho profondo rispetto per l’uomo e per l’allenatore che è stato ma, nel suo caso, scelte tecniche, tattiche e comportamenti parlano da soli perché, in palestra, ci sono stati momenti a dir poco imbarazzanti. Bianchini si è rivelato poco adeguato e non sempre credibile come quando minacci provvedimenti severi e poi non li mantieni. Personalmente, e con tutta la modestia possibile, in qualità di capitano, mi offrii di dargli una mano, sarebbe stato sufficiente che mi avesse indicato il modo ma mai ricevetti risposta. In definitiva gli allenatori, esattamente come noi, sono responsabili del disastro combinato e, credo, nessuno può lavarsene le mani». - Dello staff, all’inizio, faceva parte anche Cecco Vescovi... «Non c’è la controprova ma ho motivo di credere che se, nel mese di dicembre, gli avessero affidato la squadra forse le cose sarebbero cambiate in meglio». - Che cosa le rimane dopo un naufragio simile? «Sentimenti sparsi di varia natura: rabbia per come sia andata e come sia finita; dispiacere per aver deluso in pieno le aspettative dei nostri tifosi; frustrazione per non essere mai riuscito a fare qualcosa di buono e anche disappunto nel vedere alcuni miei compagni, come Passera, Boscagin e Marusic, migliorare poco nella stagione, travolti anch’essi dagli eventi. O forse sono migliorati per l’esperienza acquisita soltanto grazie ai minuti di gioco, non certo per il lavoro svolto in palestra che, da un certo punto in poi, è stato di bassa qualità e intensità». - Ha già pensato al suo futuro? «Non so che cosa potrà succedere. Sentendomi tranquillo attendo che Varese definisca i suoi progetti, anche all’interno della società, poi spero di potermi sedere intorno a un tavolo per parlare del domani». - Ma, realisticamente, ritiene di poter pretendere qualche cosa? «I dirigenti conoscono il mio attaccamento alla squadra e alla società e sanno che una delle cose più tristi sarebbe lasciare Varese con l’onta di una retrocessione vergognosa. Non me lo merito».. - Quindi De Pol ferma il sipario sperando di restare sulla scena... «Firmerei a occhi chiusi pur di esserci ma, attenzione, solo per giocare e con un ruolo significativo. Per sventolare l’asciugamano o dare i “cinque” ai miei compagni, c’è tempo». 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