Lucaweb Posted August 1, 2008 Posted August 1, 2008 di Massimo Turconi “Chi nasce quadrato, non muore tondo…”, il famoso proverbio ci rimbalza nella mente ripensando alla storia recente di Massimo Ferraiuolo, nuovo team manager della Pall. Varese. Ripensando a quel quadrato o a quegli spigoli del carattere, dell’animo, del cuore, non puoi fare a meno di apprezzare uno come Max, piccolo grande uomo. Le sue strade, prima da giocatore, ed ora, da dirigente, se le è costruite nell’ombra. Senza chiedere favori né sgomitare. Direbbe il suo mentore Joe Isaac: Ferraiuolo è nato senza cucchiaio d’argento. «Mai stato accondiscendente e ipocrita in vita mia - spiega Ferraiuolo -, non mi è mai piaciuto chiedere aiuti e spintarelle. Forse per queste ragioni di fondo, legate anche al mio carattere, non certo facile, di sicuro poco morbido, al termine della mia carriera agonistica, rimasi fuori dal grande giro di serie A». - Anzi, per arrivare di nuovo nel basket che conta Ferraiuolo ha imboccato una lunga tangenziale. Quale fine aveva fatto? «La serie A, negli ultimi anni della mia permanenza, mi regalò solo amarezze con veri buchi di bilancio, assolutamente immeritati. Insomma stipendi saltati, fatica e tempo sprecati, avvocati per cercare di ottenere ciò che, controfirmato da un club, mi spettava. La serie A stava già cambiando, ovviamente in peggio e, in mezzo a tante contraddizioni, sembrava suggerirmi una sola cosa: Max, torna a casa, gioca con gli amici e cercati un lavoro. Detto e fatto. Penso agli anni felicissimi della Robur et Fides, della Pallacanestro Legnano, ai tempi di Casale Monferrato e Costa Volpino e, infine, in Promozione, dietro casa. Tutto bello, con dentro il piacere di giocare, di stare con gli amici e, negli ultimi tre anni, di allenare squadre di ragazzini, senza mai perdere di vista le cose che contano: famiglia, lavoro e, sempre, ogni giorno, l’enorme, infinita passione per la pallacanestro». - Poi, qualche mese fa, la chiamata di Cecco Vescovi: sensazioni a caldo? «Mamma mia, che emozione perché, dai, chi se l’aspettava una proposta del genere? Anzi, se un anno fa, qualcuno mi avesse detto che sarebbe andata a finire così, come minimo mi sarei messo a ridere. Sulle prime non credevo che Vescovi volesse proprio me ma, passato il momento di iniziale sconcerto, gli ho solo chiesto: "Cecco, sei proprio sicuro di quello che sta facendo?". Domanda stupida perché Cecco è uno che medita molto sulle cose e quando apre bocca, non lo fa mai a vanvera. Sono bastate davvero due chiacchiere tra noi per capire quali fossero le esigenze della società e quali i bisogni di Francesco». - Nel tempo di una stretta di mano s’è ricomposto il famoso duo Cecco & Max: solo un caso? «Non credo: io e Cecco ci conosciamo da oltre trent’anni, le nostre carriere, fin dalle giovanili, si sono incrociate e intersecate. In questo lunghissimo periodo abbiamo vissuto tanti momenti comuni, condiviso migliaia di sensazioni. Tutto con un comune denominatore: il carattere. Entrambi siamo tipi di poche parole e tanti fatti. Meno vetrina e più lavoro dietro il bancone o, se volete, in officina». - L’officina rimanda direttamente al “laurà”: quale sarà il suo ruolo e, ancora, avrà un modello di riferimento? «Sarò il team manager della squadra, questo è già noto. Meno noto è invece il fatto che, nelle ultime stagioni, il buon Mario Oioli, complici i mille impegni ed adempimenti, non è riuscito a svolgere al cento per cento questa funzione, certamente fondamentale, nella vita d’una squadra. A me toccherà il compito di vivere 24 ore al giorno al servizio del gruppo. Aiuterò i giocatori, lo staff tecnico, quello medico-sanitario, il preparatore atletico e tutte le figure che ruotano intorno alla squadra a svolgere al meglio il loro lavoro e, ovviamente, sarò l’elemento di raccordo nel triangolo tra Vescovi, la famiglia Castiglioni e il gruppo allenato da coach Pillastrini. Modelli da seguire? Non ne ho, non per presunzione ma, semplicemente, perché, da neofita, sarò una sorta di “apprendista stregone” e, al limite, potrà contare sulla lunga esperienza maturata come giocatore. Per il resto tanta umiltà, voglia di imparare, unita al desiderio di ascoltare i consigli di tutti e, naturalmente, tonnellate di buon senso. In questo senso mi sosterrà il fatto che, fin dai primi giorni di lavoro, si è già creata tra noi una buonissima intesa, rafforzata dalla filosofia creata da Cecco in questi mesi: ci sono due squadre, quella dei dirigenti e quella “vera” che lavorano insieme, fianco a fianco, sostenendosi a vicenda e i risultati, che saremo capaci di ottenere sul campo, saranno l’espressione degli sforzi di tutti. Questo sarà il primo concetto fondamentale che cercheremo di trasmettere ai ragazzi che faranno parte della squadra». - Capitolo giocatori: lei avrà voce in capitolo? «Agiremo in equipe, le scelte saranno di Cecco, Pillastrini, Oioli e del sottoscritto. In termini pratici ogni operazione prenderà il via dalla decisione di Galanda che, come ha sottolineato l’allenatore, e se lui lo vorrà al 100%, sarà l’architrave del nostro progetto. Attendiamo con pazienza che Galanda si goda in santa pace i primi giorni di neo-papà, poi, però, attendiamo da lui risposte esaustive, la Pall. Varese, che ha sistemato tutte le pedine del front-office e che vuole fare le cose bene, non può permettersi di perdere altro tempo».
Recommended Posts