Lucaweb Posted October 5, 2008 Posted October 5, 2008 di Massimo Turconi Un anno fa di questi tempi Giacomo Galanda, dalla panchina del PalaIgnis che lo ospitava durante gli allenamenti dei compagni, scrollava il testone e masticava disappunto. La mano, ingessata d’azzurro, faceva il paio con il cuore in preda ad un subbuglio colorato di biancorosso. Cromatismi che evocano solo ricordi dolorosi nella memoria dell’ala grande della Pallacanestro Varese. Dodici mesi dopo, Galanda è di nuovo sul parquet e sembra tutta un’altra vita. Gek, nel frattempo, seguendo una sceneggiatura in cui si mescolano l’amaro dello sport ed il dolce della vita, ha messo insieme la prima paternità, la prima retrocessione della sua pur brillantissima carriera e un po’ di suspence, legata alla sua permanenza a Varese che, per diverse settimane, ha tenuto staff e tifosi col fiato sospeso. «Intorno al rinnovo del mio impegno con la Cimberio - minimizza Galanda -, credo si sia sollevato un polverone inutile e, per dir la verità, mi ha dato abbastanza fastidio leggere che, alla base dei miei tentennamenti, ci sarebbero stati problemi economici tra me e la Pallacanestro Varese. Un’ipotesi, quest’ultima, da smentire perché non bisogna dimenticare che, tra il sottoscritto e Varese, stante il contratto firmato nel 2006, non c’è mai stato bisogno di parlare di quattrini». - Allora, perché tanti dubbi o, in altri termini, come mai l’attesa della firma si è trascinata così a lungo? «Semplicemente perché volevo essere sicuro che Varese fosse, sotto tutti i punti di vista, la scelta giusta - risponde Giacomo -. Quindi mi sono preso il tempo necessario per valutare eventuali altre opportunità e anche per capire le reali prospettive della Cimberio. In fondo, si trattava, a 33 anni suonati, di giocare per la prima volta nella mia vita in un campionato che non conosco, con un allenatore nuovo e in una squadra tutta da ricostruire. A occhio, mi sembra che vi fossero ragioni sufficienti per giustificare le mie perplessità di giugno». - Poi, s’è spostato improvvisamente l’ago della bilancia... «Sono accadute tante cose: la presenza di un coach come Pillastrini, le prime mosse effettuate in sede di mercato dalla società e il fatto che Cecco Vescovi, lasciandomi tutto il tempo per riflettere sul da farsi, abbia ribadito che il mio nome rappresentava un punto fermo dal quale Varese voleva assolutamente ripartire». - Nel frattempo attorno alla sua figura, si sono scatenati i giudizi lusinghieri di addetti ai lavori e tifosi. Non a caso il commento più tranquillo è stato: “Galanda, in LegaDue, sarà un’arma illegale. Sente addosso un “filo” di pressione? «Americano di A2, arma illegale, giocatore che sposta gli equilibri: in questo periodo ne ho sentite tante che, quasi quasi, ci credo anch’io. Battute a parte, dico che la pressione per me costituisce solo un elemento positivo che funziona da stimolo ma, senza scappare dalla responsabilità, aggiungo che sotto il profilo tecnico preferirei che il bastone del comando fosse sempre nelle mani dei playmaker il cui ruolo istituzionalmente è, e così dev’essere, quella della “lunga mano” dell’allenatore. Noi, in questo senso, siamo fortunati perché con Childress e Passera dovremmo poter disporre di una coppia di registi e costruttori di gioco di alto livello in A2. Ad ogni modo so benissimo che, a ogni partita, buona parte dei riflettori saranno puntati su di me, io però non voglio agire da elemento accentratore ma bensì da giocatore in grado di alzare anche il livello dei compagni, in particolare di quelli che, accanto a me, giocheranno nel reparto lunghi». - Quali difficoltà si attende in LegaDue? «La prima, la più importante, sarà quella di tornare a giocare centro dopo tante stagioni in cui il mio ruolo principale, in serie A, è stato quello di ala grande se non, talvolta, ala piccola. Per il resto si tratta di cose già dibattute: campionato adatto a giocatori più veloci e dinamici di me e con un ruolo poco definito. Poi, immagino un grande spessore agonistico che tenderà ad annacquare i valori tecnici, ma non è il caso di metterla giù troppo dura perché la pallacanestro è sempre quella e, come sempre, serviranno solo alcuni aggiustamenti per trovare in fretta il passo». - Quali sono le sue prime impressioni a caldo? «Questi ragazzi, per i miei gusti, corrono un po’ troppo ma - sorride Galanda -, a parte questo difetto, peraltro rimediabile, credo che nel gruppo si sia già creata una buona atmosfera che a Druogno, in ritiro, stiamo cementando».
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