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di Massimo Turconi

Diciamo la verità: a Giacomo Galanda la pallacanestro vista da quel lato lì, quello, tanto per intenderci, della LegaDue, mica gli piace tanto...

Con tutti quei giocatori senza ruolo, né carne, né pesce, né "4" consolidati, né centroni degni di tale nome. Con quei giovani, per lo più sconosciuti al grande pubblico, con tutti quegli stranieri “parvenu”, in cerca di affermazione, sempre pronti, in attacco, a saltarti in testa come cavallette impazzite o, in difesa, a martellare come in una fucina. Per non parlare delle squadre: tutte caricate a molla e formate da gente che appena sente vede il rosso sulle maglie di Varese diventa più aggressiva di un toro nell'arena. Così, non è un caso...

"Non è un caso che la nostra squadra abbia racimolato due ottime figure contro formazioni di serie A (Biella e Udine) e non è un caso che io faccia un tifo spudorato per il nostro ritorno in serie A», osserva papale Galanda.

«Le ragioni sono diverse - aggiunge Galanda - , è ovvio che, sotto il profilo tecnico e tattico, preferisca il campionato di serie A. Poi questioni di stringente opportunità mi fanno dire che sarebbe molto meglio partire per salvarsi in serie A, piuttosto che buttarsi in un inferno come quello della LegaDue".

- Inferno dal quale, per ora, siete usciti con ustioni di terzo grado su tutto il corpo.

«In effetti l'impatto con la LegaDue, con quelle tre batoste subite da Livorno, Pistoia e Pavia, è stato abbastanza mortificante. In verità mi sono anche preoccupato perchè, pur considerando tutte le attenuanti generiche e di specie, "beccare" tre sconfitte così pesanti consecutivi non è stato esattamente salutare. E’ pur vero che bisogna anche tener conto del successo a Casale ma con i piemontesi a file incomplete. Allora ragionando, a parziale scusante, devo aggiungere che nelle gare infauste non abbiamo avuto l'occasione di inserire almeno un allenamento, ovvero un momento che sarebbe stato utile per analizzare gli errori e, probabilmente, trovare qualche rimedio. Così, viaggiando e basta, abbiamo infilato prestazioni all'insegna del "brutto stabile"».

- Senza accennare, per le partite in oggetto, ai fattori psicologici e motivazionali.

«Per i nostri avversari affrontare Varese significa misurarsi col suo nome, la sua tradizione e, se vogliamo, anche con il ruolo di presunta protagonista, che ci è stato appiccicato addosso. Ragioni più che sufficienti, mi sembra, per solleticare le corde più profonde e stimolare chi gioca contro di noi a produrre il massimo».

- Mentre, contro Udine e a Casale avete messo in mostra ben altro atteggiamento.

«Una piccola rinascita costruita attraverso “ramadan” e allenamenti - commenta con una battuta il capitano della Cimberio -. Dopo Pavia ho riunito la squadra e chiesto a tutti i compagni di mettere da parte per qualche giorno i divertimenti e limitare le uscite serali per concentrarsi totalmente sul lavoro tecnico e dedicare più ore al riposo. In queste settimane ci abbiamo dato dentro parecchio e penso che ognuno di noi, chi più, chi meno, abbia tossine fisiche e mentali da smaltire. Dunque, girare al gruppo la richiesta di una piccola pausa mi è sembrata cosa del tutto lecita. Allo stesso tempo, in palestra, abbiamo messo l'accento sugli errori "di sistema" e ripreso a lavorare sulle nostre situazioni e piccoli miglioramenti, già contro Udine, si sono visti».

- Se davvero ci si deve preparare alla serie A, avrete bisogno di carichi supplementari.

«In tutta sincerità nessuno di noi sta pensando concretamente al piano di sopra e a una ipotesi che, com'è facile immaginare, cambierebbe radicalmente le prospettive di questa squadra e di questi ragazzi. Le considerazioni su questa vicenda toccano alla società. A noi non resta che aspettare e pensare a Casale, Veroli, Venezia o Soresina».

- L'ultima annotazione è relativa al suo rapporto con la Nazionale e alle recenti dichiarazioni di coach Messina il quale, come s’usa dire, l’ha tirata in mezzo...

«Penso che coach Messina, indicando il sottoscritto, Basile e Maggioli come protagonisti di una “fuga” dalla maglia azzurra, abbia commesso un errore o, comunque, parlato senza conoscere le situazioni individuali. Io, in tutta tranquillità, posso semplicemente dire che, a 33 anni, dopo una decina d’estati passate a tirare la carretta, non ce la faccio più. Non reggo più i carichi, le trasferte, il disputare due-tre partite in tempi ravvicinati, il ritmo degli allenamenti. Da questo punto di vista pensavo, e penso tuttora, di non poter più dare nulla. Ma, a giudicare dalle prestazioni offerte nel corso delle ultime apparizioni in Nazionale, credo di poter affermare la stessa cosa anche per Basile. Tra l’altro, con Gianluca, ho diviso la camera nei lunghi anni in maglia azzurra, lo conosco molto e ho avuto modo più volte di raccoglierne stanchezza e dubbi. La sortita di Messina mi lascia perfettamente sereno perché, in tutta onestà, alla Nazionale penso di aver già dato tutto, ricevendo in cambio altrettanto. Poi coach Recalcati era ed è al corrente della situazione e, forse, Ettore avrebbe fatto meglio a segnalare altri giocatori che, il campionato parla chiaro, hanno fatto pure meglio di noi e nonostante che siano più giovani si sono chiamati fuori».

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