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Da ombre a furie rosse. Giuste le premesse


Lucaweb

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di GIANCARLO PIGIONATTI

Ombre o furie rosse, fa lo stesso. Prima le une, poi le altre, che bastano a seppellire le velleità degli abruzzesi. Trenta minuti da paura, poi dieci da faville per Varese che si rischiara, come gruppo, nella luce di Childress i cui riflessi, per certezza e personalità, trovano un Passera illuminato e, finalmente, velenoso nelle triple.

Cose già viste se pensiamo a quei talenti, d’"usato sicuro", come lo è il regista e bomber americano, che Pillastrini ha voluto per pararsi alle spalle e non solo a quelle, in un campionato che assomiglia a un’inospitale "Isola di non famosi". Già, ma il basket, facendo emergere alla distanza di una gara o di una stagione, i suoi valori, è sempre abbastanza scientifico. Qualche cosa di simile è accaduto a Roseto per una Cimberio presa d’infilata quando s’è esposta mollemente nelle sue rotazioni, giovani e vecchie, italiane o straniere, almeno sino all’avvicinarsi della resa dei conti. Qualità del legno, come quello di Childress, che non è torto. Soprattutto vale sempre la famosa battuta di Guzzinati, driver del trotto, che soleva dire: «Le balle sono balle, le categorie sono categorie". Scusateci la ripetizione ma ci vuole proprio per far risaltare l’imprimatur di Childress sul match, firmato anche da Passera e compagni, infine timbrato da Cotani. Ecco allora una Cimberio deludente ed esaltante, pavida e coraggiosa, balbettante e prepotente, infine vittoriosa, proprio al debutto d’una stagione che dev’essere d’avanguardia.

A un certo punto Roseto è parsa un labirinto per i biancorossi: questione di limiti insidiosi, per costruzione, da cantiere aperto (basti pensare a Dickens e Nikagbatse, aggregati al gruppo da giorni contati) e da scelte rischiose, seppur calcolate, come quella relativa al pivot vero, che manca nella nuova Cimberio.

L’inezia d’un canestro, che ha diviso Roseto e Varese, resta un’enormità gioiosa per premesse e promesse, sulle quali ci siamo soffermati più d’una volta. Varese, per ciò che ispira negli avversari, indipendentemente dal suo effettivo potenziale, è tra le squadre più sfidate d’Italia, accadeva in serie A1, pur da "Armata Brancaleone", figuriamoci adesso in LegAdue, sicchè il suo grado di competitività deve risultare sempre superiore a quel rapporto misurato fra potenziale e rendimento che può bastare ad altre squadre. Da qui la sofferenza con cui convivere in trasferta, laddove la Cimberio si giocherà i play off per essere promossa di fronte a quelle formazioni che hanno scelto il centrone potente piuttosto che un esterno al fulmicotone.

Una questione di strategie biancorosse, l’una o l’altra resta opinabile o discutibile, impossibile oggi pensare ai torti o alle ragioni, sicuramente tutt’e due, assieme (con un esterno e un centro d’altra scuola e personalità), evitando a Galanda di finire impiccato (per falli), avrebbero issato Varese in cima a un grafico dei pronostici. Una cosa è certa, l’antico asse play - pivot resta un cardine negli equilibri della pallacanestro cui la squadra biancorossa, probabilmente, può rinunciare in casa ma un po’ meno in trasferta, avendo già una dimostrazione a Roseto, da parte di Bryan, pur come sostituto, e a gettone, di Lloreda per dire di Dillion Sneed, centro di Scafati, del solito Maggioli e del "pistoiese" Tyler, cannonieri al debutto. Ma la Cimberio è questa, da seguire con passione, come dimostrano, sin qui, i circa 2000 abbonati, destinati a crescere, aspettando a Masnago quel furore di squadra... covato dalla filosofia del valente Pillastrini.

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