Lucaweb Posted January 17, 2009 Share Posted January 17, 2009 di Francesco Caielli VARESE Simone Cotani ci ha messo un attimo. Un paio di partite, qualche urlaccio da guerriero sotto la curva, ed è diventato l'idolo incontrastato di Masnago. Il gladiatore romano ha conquistato tutti, sembra che indossi la maglia biancorossa da una vita mentre in realtà è qui solo da qualche mese: eppure risulta già così difficile immaginarcelo con un'altra maglia. DALL'INFERNO AL PARADISO Sono già passate quasi due settimane. Ma sarà difficile dimenticare tanto presto la partita contro Jesi, con quella rimonta insperata, con quel canestro pazzesco con cui Cotani ha mandato tutti al supplementare. «A volte, per passare dall'inferno al paradiso ci vuole davvero un attimo: il tempo di un respiro, un battito di ciglia». Oppure un tiro da tre punti in faccia al mondo, scoccato sulla sirena: «Ho visto e rivisto quell'azione, e ho sempre avvertito lo stesso senso di incredulità che provavo mentre venivo su in palleggio prima di tirare. Ricordo che mentalmente pensavo: ora mi faranno fallo, ora mi faranno fallo. E invece tutti mi stavano a guardare, probabilmente pensavano di avere già vinto, o forse non si aspettavano i due errori ai liberi di Ryan: sono arrivato in attacco, e ho tirato. Il boato del pubblico mi ha fatto capire che avevo fatto canestro». Eroe per una sera, idolo per sempre: «La cosa sensazionale di quella partita non è stata la mia bomba, ma la rimonta pazzesca che ha fatto la squadra. Eravamo sotto di venti punti, tutti ci davano per morti, e siamo riusciti a oscurare il canestro a Jesi per tutto l'ultimo periodo: è stata un'impresa. Poi, certo, il mio canestro è stato decisivo, ma adesso posso dirlo: voi scrivetelo come volete, ma ho avuto un gran culo...». IDOLO DI MASNAGO Uno striscione che lo raffigura come un gladiatore. Il coro urlato dalle folle: ?Uno di noi, Cotani uno di noi?. Cosa ci vuole per diventare un idolo dei tifosi? «La gente ama i giocatori che non si tirano mai indietro, quelli che si buttano per terra a recuperare un pallone, quelli che pensano alla squadra prima che alle statistiche personali. Io sono sempre stato uno così, e i tifosi delle squadre in cui ho giocato hanno sempre amato il mio modo di essere giocatore. Certo, poi farsi amare dal pubblico di Varese è qualcosa di speciale». Cosa c'è di così speciale, nella gente di Masnago? «Tremila abbonati, il palazzetto sempre pieno, andare a giocare a Pavia e capire fin dal riscaldamento che si giocherà in casa perché sono più i tifosi di Varese rispetto a quelli della squadra di casa, i tifosi che ti fermano per strada e la gente agli allenamenti. Può bastare?». COME SI FA A TIFARE CANTU'? Ce l'aveva confessato Cecco Vescovi, in una delle sue recenti interviste: «Ma lo sapete che quest'estate Cotani voleva smettere di giocare?». Simone abbozza un sorriso e scrolla la testa, poi ammette: «È vero. Non ne potevo più, non mi piaceva quella strana cosa che ci ostiniamo a chiamare campionato ?italiano? di pallacanestro. Cosa c'è di italiano in squadre che schierano sette, otto stranieri? Dai, prendete Cantù: per avere il numero minimo di italiani si sono inventati di tutto. Due anni fa hanno pure tesserato la vecchia gloria Marzorati: avrebbe dovuto giocare solo una partita, e invece spesso andava a referto. Non ne potevo più di stranieri mercenari, di americani capaci solo di guardare se a fine mese era arrivato lo stipendio sul loro conto corrente, di giocatori buoni a specchiarsi nelle statistiche. Per me il basket è un'altra cosa, e stavo valutando seriamente di smettere, o di scendere di categoria: sarò pirla, perché ho rifiutato offerte economicamente allettanti, ma il giorno in cui mi troverò a scegliere tra una squadra o un'altra guardando esclusivamente all'aspetto economico, sarà arrivato il momento di smettere per davvero». SOGNO CHIAMATO VARESE Poi arriva la proposta di Varese, e Simone non ci pensa due volte prima di accettare. «Non mi è stata presentata un'offerta, ma mi è stato presentato un progetto. Non ho valutato delle cifre o dei contratti, ma ho parlato con delle persone. Sono stato convinto dalla schiettezza di Vescovi e dalla garanzia di un allenatore come Pillastrini. Ho scelto di continuare a lottare con una maglia addosso, ho scelto Varese, e oggi posso dire di avere fatto la cosa migliore». Dall'alto della classifica, con i tifosi che urlano il suo nome, Simone Cotani è orgoglioso della sua Cimberio: «Ho letto un'intervista a Vescovi sul vostro giornale, e man mano che scorrevo le righe mi trovavo sempre più d'accordo con quello che diceva. Tra le tante verità, una fondamentale: tutti noi siamo stati eroi per un giorno. Togliete Childress e Galanda, che son due fenomeni e sono sempre i migliori in campo: ogni partita ha avuto un eroe diverso. Una volta io, una volta Gergati, domenica scorsa Martinoni: questo ci rende grandi, questo ci rende un gruppo». Link to comment Share on other sites More sharing options...
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