Lucaweb Posted January 17, 2009 Posted January 17, 2009 di Massimo Turconi Kaniel Dickens ha scelto la “nona” per mostrare al pubblico di Masnago tutto il suo pazzesco talento. Quasi avesse sentito la solennità del momento, Kaniel ha lanciato, sotto il profilo cestistico, un acuto che avrebbe avuto nulla da invidiare alla ben più famosa opera di Beethoven meritandosi, per questo, un solo aggettivo: sinfonico. In mezzo a una prestazione corale ben orchestrata e diretta, la voce di Kaniel s’è alzata potente su tutte le altre. Fin dalla schiacciata, assolutamente devastante (il tabellone trema ancora adesso), con cui il giocatore americano ha iniziato la sua personale lettura dello "spartito" per finire con un setticlavio che, col passare dei minuti, s’è sviluppato in modo assolutamente delizioso: imperiosi appoggi al vetro, saggio uso del piede perno, triple morbidissime, rimbalzi, stoppate. Insomma tutto quello che serve per strappare applausi e, meglio, per vincere. «E’ vero, nel mio tabellino contro Sassari, c’è stato spazio per tutto: anche per una serie di falli non graditi che - commenta Dickens -, hanno sporcato la mia partita. Tuttavia, nelle chiamate arbitrali, c’è stata anche la mia responsabilità perché, devo ammetterlo, non sono stato molto furbo nell’interpretare il metro di giudizio degli arbitri. Con un terzetto sempre pronto a fischiare falli sul “pick and roll”, mi sarei dovuto comportare in modo diverso evitando di accentuare i movimenti sui blocchi. Invece mi sono fatto “beccare” come un pivello e la cosa non mi è tanto piaciuta». - Un peccato “sprecare” una simile serata di grazia con solo 22 minuti di gioco. «Diciamo che - continua con una battuta Kaniel -, grazie agli arbitri, mi sono tenuto nella mia solita media. Ironie a parte, non bado granchè alle mie statistiche né a quanto riesco a stare in campo. Gli aspetti davvero importanti per me sono altri: lavorare bene per la squadra, svolgere al meglio i compiti affidatimi da coach Pillastrini e aiutare i compagni e vincere. Un giocatore con numeri eccellenti e una brutta classifica, dal mio punto di vista, è un perdente». - Tutto giusto ma, per la prima volta, in stagione, tutto il palazzo le ha tributato “Ohh” di ammirazione, cori e battimani a scena aperta. «Situazioni che mi state raccontando voi perché io, giuro, non ho sentito nulla di tutto ciò. Quando sono in campo, vivo distaccato da quel che mi succede intorno. La mia concentrazione è rivolta esclusivamente al gioco e, qualche volta, anche i miei compagni sono costretti a gridarmi nelle orecchie per farsi sentire». - Il bello e il brutto di questi primi due mesi di campionato con relativi voti... «Il brutto è rappresentato dagli infortuni e acciacchi che non ci danno tregua e, per questa ragione, gli allenamenti sono sempre problematici. A questa negatività è strettamente legato il fatto che non riusciamo ancora a giocare bene come vorremmo e come ci piacerebbe fare. Il bello è costituito dal cuore o, se volete chiamarla in modo diverso, dalla “chimica” di questo gruppo. Fa piacere essere dentro un sistema che funziona dal punto di vista tecnico ma, soprattutto, perchè c’è gente che non molla mai e piuttosto che perdere si farebbe affettare. Per la prima volta in carriera avverto la sensazione, davvero bella, di uno spogliatoio unito, con professionisti che tirano tutti dalla stessa parte. Per ciò che mi riguarda sento di non avere ancora il totale controllo di come mi muovo e di ciò che faccio in partita. Non a caso, finora, ho messo insieme prestazioni buone accanto ad altre del tutto trascurabili. In poche parole: manco di continuità ma per fortuna la squadra ha tante risorse, capace com’è di superare i miei momenti no. Il voto? Un 8 alla squadra, anche per le difficoltà superate e un 6- per me perché, esattamente come mi dicevano a scuola, posso fare di più». - I compagni continuano a raccontare di un Dickens casalingo e pantofolaio: tutto casa e palestra. E’ proprio così? «Sì, confermo. Sono un uomo tranquillo e dopo l’allenamento mi piace stare in casa, leggere, sentire musica e passare le serate con la mia ragazza. A maggior ragione adesso (il volto gli si illumina ndr), che la mia compagna è incinta, al quarto mese, e ha bisogno di attenzioni e cure. Varese e dintorni sono ancora sconosciuti ma avrò tempo per scoprirli. Del resto - conclude con un timido sorriso Kaniel -, anche il pubblico del PalaWhirlpool ha dovuto aspettare due mesi prima di vedere qualcosa di buono da me».
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