Lucaweb Posted February 7, 2009 Share Posted February 7, 2009 di Massimo Turconi Strani giorni per Randolph Childress. Giorni pieni di situazioni, per lui, inconsuete, sulle quali riflettere. Lo avevamo lasciato, prima di Natale, con la faccia scura, la testa già impegnata in un viaggio, non solo metaforico, verso mete lontane. Lo ritroviamo, dopo Santa Claus, a Capodanno, con lo stesso volto pensieroso perché il viaggio a Washington D.C. non è bastato a risolvere qualche problema personale, ma il linguaggio, quello del corpo e quello delle idee, restituisce alla Pallacanestro Varese un giocatore che, consapevole del momento critico, si dichiara prontissimo a prendere il toro per le corna. «La sconfitta subita a Brindisi - spiega Childress -, ha avuto l’effetto di una brutta botta per tutto l’ambiente perché, in tutta onestà, dopo aver dominato i primi due mesi di campionato, nessuno di noi aveva minimamente pensato che la Cimberio potesse inanellare una striscia negativa così lunga. Nel giro di un paio di settimane, complici tre sconfitte di fila, ci siamo bruciati il vantaggio accumulato ed ora, tornati bruscamente sulla terra, dobbiamo ripartire. Tutto qui». - Sono queste ragioni buone per spiegare la frenata? «Il cattivo atteggiamento difensivo è il denominatore comune che, a mio parere, è possibile trovare nelle tre partite perse. Contro Casale, Reggio Emilia e Brindisi, in difesa, siamo stati assenti per troppi minuti commettendo errori banali in particolare alla voce concentrazione. Non ci sono scuse in proposito perché un fatto è assodato: là dietro, testa, attenzione, intensità non sono state le stesse delle prime giornate». - Lei parla di sbandate difensive ma balzano all’occhio, in tutta la loro evidenza, anche problemi in attacco e soprattutto si guarda con preoccupazione ai tabelloni “eterei” che lei ha messo insieme nell’ultimo periodo. «In effetti mi sento un responsabile per le tre battute d’arresto non tanto per la scarsa produzione offensiva o per le cattive percentuali quanto - confessa Randolph -, per non aver capito in tempo il disagio vissuto dalla squadra. Ho sempre pensato che fare punti, essere più aggressivo sul fronte offensivo e costantemente pericoloso non fossero obiettivi così importante per una squadra con talento e tante opzioni come la nostra. Invece mi sbagliavo, sono stati proprio i miei compagni, in spogliatoio nel dopo-partita brindisino, a farmelo capire chiedendomi in maniera esplicita di essere più presente e incisivo là davanti». - D’ora in poi Childress tramuterà in punti i consigli della squadra? «Nell’anno nuovo, quando il gruppo dimostrerà di avere bisogno, vedrete un Childress più attento nel cercare il canestro avversario e, in un certo senso, un giocatore più egoista». - Come mai non ha pensato prima a questa possibile soluzione? «Semplice: in questi primi mesi di lavoro ho pensato solo alla squadra, a scandire nel migliore dei modi il ritmo di gioco sui due lati del campo cercando di coinvolgere tutti i compagni, facendoli sentire importanti. Quando ti alleni con questo traguardo in testa poi, la domenica, è difficile cambiare abitudini. In questo caso, non ci sono interruttori da alzare o bacchette magiche da azionare e anche per un giocatore come me non è facile inventarsi da un giorno all’altro un ruolo da attaccante. Anche perché - sottolinea Randy -, il rischio di rompere equilibri delicati è sempre dietro l’angolo e il compito principale di un playmaker è tenere insieme i fili del gioco. Non romperli». - Quindi, sussurrando un po’ a malincuore, “Me, first!”, Childress, mette se stesso davanti alla squadra (ma solo per guidarla con mano più ferma) e si prepara ad aggiustare il meccanismo della Cimberio, apparso scheggiato da tre bastonate consecutive. «Non sono preoccupato e non devono esserlo nemmeno i miei compagni, tuttavia, per restare leader indiscussi, dovremo ritrovare la concentrazione esibita nella prima parte della stagione quando, seppur in condizioni fisiche rimaneggiate, avevamo messo in mostra tutta la nostra forza. Quello, Childress o meno, è l’unico modo». Link to comment Share on other sites More sharing options...
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