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«Lo stipendio alto? Solo un pretesto, mi hanno fatto fuori»


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di Francesco Caielli

VARESE Ritrovarsi la vita ribaltata, da un giorno all'altro, facendo fatica a capire cosa diavolo sta succedendo. Sballottato dagli eventi, costretto a cambiare casacca, amici, abitudini e compagni di squadra nel giro di poche ore. Giorgio Boscagin ieri era un giocatore di Varese, convinto di giocarsi sul campo la sua voglia di tornare un atleta di livello nazionale. Giorgio Boscagin oggi è un giocatore di Reggio Emilia, vittima delle sacrosante regole di uno sport che non può guardare in faccia ai sentimenti e deve fare i conti con l'attualità cinica e spietata.

Come si sente, oggi?

Dai, sto bene. In fondo sono tornato a casa, da Reggio arrivavo e a Reggio sono tornato: la società e le persone sono le stesse che avevo lasciato, e la novità non è stata così traumatica.

Quali le sensazioni dopo il divorzio da Varese?

Contrastanti. Da un lato sono contento che una società come Reggio mi abbia cercato e voluto, dimostrando di credere ancora in me. Dall'altro sono ancora un po' scioccato.

Perché?

Perché non me l'aspettavo: è stato un fulmine a ciel sereno che mi ha lasciato sconvolto.

Ci racconti come è andata.

Venerdì scorso Vescovi ha chiamato il mio procuratore dicendogli di trovarmi una squadra, perché l'intenzione di Varese era quella di cedermi. Il mio agente non mi ha detto nulla perché voleva che la domenica giocassi tranquillo e ha iniziato a guardarsi in giro per trovarmi una soluzione.

Quando è stato informato della cosa?

Solo il lunedì: io sono stato tre giorni bloccato a casa dalla tonsillite, lunedì stavo uscendo per andare a fare pesi quando l'agente mi ha detto che Varese non mi voleva più. Martedì mattina è arrivata l'offerta di Reggio Emilia, e in poche ore ci siamo messi d'accordo.

Davvero non se l'aspettava?

Ma no, per niente: da qualche giorno era stata definita la situazione di Nikagbatse, per cui l'ultima cosa che mi passava per la mente era la possibilità di cambiare squadra.

La motivazione ufficiale è stata: Boscagin costava troppo.

Credo che sia un pretesto: la società quest'anno ha fatto tanti investimenti importanti, da Nikagbatse e Dickens fino a Lauwers. No, non credo che il problema siano stati i soldi.

E allora come se la spiega?

Non me la spiego: non capisco, ma mi adeguo. Anche se un paio di cose vorrei capirle.

Quali?

Dopo la partita di Rimini coach Pillastrini ha dichiarato che con la mia cessione cambiava poco, perché praticamente non mi aveva mai avuto a disposizione. Non mi pare corretto dire una cosa del genere: stiamo insieme dal mese di agosto e io ho saltato solo quaranta giorni, e non mi sono mai tirato indietro. Così come non mi pare corretto aggrapparsi alla scusa dello stipendio: dicano che Varese non mi voleva più, e facciamola finita.

Perché non la volevano più?

Non lo so, ma di certo da qualche tempo stavano succedendo delle cose un po' strane. Sono rientrato dopo la sosta e ho giocato trentatrè minuti contro Cremona: non ho fatto mai canestro, ma ho preso undici rimbalzi e difeso come una bestia. Poi a Veroli ho giocato venti minuti, la volta dopo con Roseto solo dieci, e l'ultima volta a Livorno credo di avere giocato molto bene, anche se sono stato in campo solo diciassette minuti. Minutaggi strani, sospetti: secondo me la società pensava di cedermi già da qualche tempo.

Come hanno reagito i suoi compagni alla notizia?

Sono rimasti tutti allibiti, perché nessuno di loro se lo aspettava. Io ero al palazzetto a fare video, quando mi hanno detto che sarei andato a Reggio: in fretta e furia ho salutato tutti e sono andato a casa per preparare le mie cose. Dopo l'allenamento quasi tutti i miei compagni sono venuti a casa a trovarmi e salutarmi, tutti erano senza parole: bello, significa che al di la del basket ho lasciato dei bei ricordi e delle amicizie importanti.

Cosa vuole dire ai compagni?

Che faccio il tifo per loro, davvero. Di continuare su questa strada e che si meritano la serie A1: saremo avversari, e il mio sogno è quello di vedere Varese e Reggio Emilia salire a braccetto in serie A. Lo dico con la massima sincerità, credetemi.

E ai tifosi?

Ringrazio tutti, uno per uno: chiedo scusa per qualche mia ?boscata?, ma li ringrazio per la pazienza che hanno avuto con me, per gli applausi, per i cori, per il tifo e il sostegno. E adesso basta, perché se no mi commuovo per davvero.

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