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«Ora prendiamoci quel che è nostro»


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di Massimo Turconi

Cuffiette alle orecchie, I-Pod tra le dita: Randy Childress s’è presentato così nel dopo gara di Cremona. Con la solita espressione seria. Anzi, con un'espressione più seria del solito. Quale musica stia ascoltando non importa, stavolta la colonna sonora della chiacchierata con il playmaker della Cimberio Varese la scegliamo noi e ci piacerebbe fosse: “Se piangi, se ridi...”, uno standard anni '60, cantato da Bobby Solo. Parole perfette, ci sembra, per descrivere il momento vissuto da tutto il clan biancorosso. "Se piangi" vale le lacrime versate dopo una brutta sconfitta subita in brutta partita maturata in fondo a una brutta domenica. Per dire di un e brutto arbitraggio.

«Avete detto bene - commenta Randy -, una cattiva direzione arbitrale inserita, però, in una partita nella quale noi non siamo stati capaci di gestire prima un buon vantaggio, poi situazioni potenzialmente favorevoli come, per esempio, il +14 che abbiamo sprecato alla fine del primo tempo. Il mio pensiero, in altre parole, è che prima dobbiamo pensare ai nostri sbagli. Attaccarsi all'arbitraggio in un momento in cui sai d’aver subito uno o più torti può essere giusto e umanamente comprensibile ma, alla fine, dal mio punto di vista, rappresenta un errore, oltre che costituire un alibi del quale non abbiamo bisogno. Insomma, non ci sono scuse: a Cremona, anche in circostanze difficoltose, anche con un organico ridotto ai minimi termini dalle chiamate dei “fischietti”, avremmo potuto vincere. Questo aspetto, a mio parere, è quello che conta di più e, anche, quello che ci deve far riflettere perché i giocatori, più di tutto, devono pensare al lavoro da sviluppare sul campo e tenere alta la concentrazione solo sul piano gara. Contro la Vanoli, me ne rendo conto, non è stato facile poiché rabbia e frustrazione, in alcuni frangenti hanno preso il sopravvento. Ma la realtà è una sola: se una squadra vuole vincere deve essere più forte di tutto e di tutti. Anche delle avversità».

Contro la Vanoli alcuni suoi compagni più esperti hanno perso le staffe...

«Sono comportamenti che si possono giustificare soprattutto quando, nel giocare una delle partite importanti dell'anno, ti senti defraudato o, peggio, preso in giro. Ma, ripeto, quella del nervosismo è una trappola nella quale dobbiamo cercare di non cadere visto che, alla resa dei conti, fa del male solo a noi e finisce col favorire le squadre che hanno nulla da perdere e possono giocare con la testa leggera».

- A proposito di testa, domenica prossima nel big-match contro Veroli, quanto potrà pesare la vostra?

«Ho giocato decine e decine di queste partite e so che , in una finale secca, perché di questo si tratterà, la testa pesa in eguale misura per tutti. Anche per Veroli. Che è una buona formazione e che merita rispetto per quanto sia migliorata nel corso della stagione. Ora ci crede e verrà a Varese come se dovesse fare una scampagnata. Tuttavia, esaurita questa premessa, non possiamo nasconderci il fatto che saremo nelle migliori condizioni possibili dal momento che, pur costretti dagli avvenimenti, tutti vorrebbero giocarsi uno spareggio in casa davanti al loro pubblico. Abbiamo una settimana per prepararci bene alla gara e per trasformare la delusione, lo scoramento, la rabbia, cioè tutte quelle sensazioni provate contro Soresina, in elementi di carica da sfruttare positivamente».

E lei, come vive questo momento?

«Playoff, spareggi, finalissime: vivo situazioni del genere da almeno sei stagioni consecutive. Quindi sono sereno e devo cercare di esserlo il più possibile poiché la squadra, in questo momento, ha solo bisogno di calma, tranquillità e forza d'animo. Quindi, coraggio, andiamo in campo e prendiamoci quello che è nostro. Le squadre vere, fanno così».

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