Lucaweb Posted June 8, 2009 Share Posted June 8, 2009 di Giancarlo Pigionatti Il solito Pozzecco, vero e divertente. Spunta in redazione, come ai bei tempi, stavolta di passaggio verso l’incontro con Andrea Meneghin, coach della Whirlpool Under 15 che ospita l’Armani Jeans Milano. Gianmarco lavora per Armani Junior, un progetto giovane e nel vero senso del termine. Ha belle idee in testa, si sta impegnando, forse più che da giocatore, almeno in allenamento. Certo, in campo gli bastava un’innata creatività per esaltare la sua classe pura: ancora gli chiedono l’autografo, evidentemente i suoi trascorsi sul campo restano vivissimi. Il suo albo personale, pur senza fior di titoli sportivi, è ricco di piccoli e grandi storie come solo un grande personaggio sa viverle. Già, Pozzecco sta nel basket come Valentino Rossi alla Moto Gp. Oggi è una persona seria, non solo quando dorme, lavora per Armani. Sfilate di moda? No, solo passerelle, le sue. Anche tra tifoserie, una volta avverse. Quando ha conosciuto Giorgio Armani indossava un cappottino nero e aveva una bandana in testa, stile Formentera: «Fu un incontro casuale, sennò non mi sarei presentato così conciato, eppure ricevetti i complimenti per il mio look. Mi resta ancora un dubbio. Che mi abbia preso in giro? Armani è una grande persona, al di là di quel che, già di fantastico, si possa immaginare e credere». E il basket giocato? Gianmarco ha debuttato settimana scorsa nella squadra di suo fratello a Trieste: 34 punti e 10 assist. Quanto lusso sprecato davanti a nemmeno cinquecento persone, fortunate e appagate. «Ho fatto contenti tanti bimbetti, presenti in palestra ma anche un favore a questa squadra che, seconda in classifica, punta alla C1». A proposito di vezzi, anzi di malvezzi, gli chiediamo se sia salito sulle balaustre a esultare dopo un arabesco dei suoi. «Per nulla, anche perché in quella palestra non ci sono balaustre», fa Pozzecco ridacchiando nel ripensare al Rossini di Cantù mentre segnava, dimenticato da Gianmarco che rimase a flirtare con il popolo biancorosso. Quello di un giocatore sotto misura è solo un passatempo, avendo Gianmarco ben altro in testa, come un enorme play-ground, per far risaltare il suo nuovo impegno professionale, al di là delle opinioni disincantate che spiattella agli appassionati dalla tribuna televisiva di Sky. Varese gli è sempre nel cuore. Quando parla della squadra e dei tifosi gli brillano gli occhietti. Se non provasse veri sentimenti, non sarebbe andato a Cremona domenica scorsa né avrebbe spostato un viaggio di lavoro a Catania e già programmato nel prossimo week-end per essere fatalmente a Masnago. «A Cremoma ho sofferto come un maiale, non l’avrei mai creduto. Mi è spiaciuto veder cadere alla distanza Varese che. comunque, non può mancare dal grande basket. Alla fine ho raggiunto gli gli arbitri che mi sono parsi sconsiderati nell’appioppare due tecnici alla Cimberio, il secondo poi... Ho cercato di farli ragionare, sicuramente non erano in malafede. Non v’è alcuna congiura contro Varese che deve solo restare se stessa, come il campionato l’ha rivelata». Adesso viene il bello... «Spuntarla si può, anzi si deve. Come battere Veroli? Facendole trovare un ambiente impossibile, infernale. Ecco, ci vorrebbero cinquemila trombette. Che fanno non un casino ma un grande casino: roba da stordire gli avversari che non mi sembrano abituati a un impatto del genere». Ci vorrebbe anche l’amico Dino Belli, imprenditore varesino che ha conquistato la Cina e che, dieci anni fa, fornì il sonoro per un film da Oscar. «Certe cose - conclude Pozzecco - le ho provate, anche a parti rovesciate, sicuramente l’ambiente fa il suo effetto. A un altro risultato non ci voglio pensare: Varese e Pillastrini si meritano una giusta apoteosi». Link to comment Share on other sites More sharing options...
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