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Bob Morse: "Non vedo l'ora di tornare lì ad abbracciarvi"


Lucaweb

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di Francesco Caielli

La sua favola inizia nell’estate del 1972. Bob Morse è uno studente,

un ragazzo americano bravo con la palla a spicchi e terribilmente

curioso, innamorato dell’Italia. Quell’anno decide di partire, e

venire ad imparare la nostra lingua: <Magari - pensa - per un paio

d’anni mi mantengo giocando a basket>. Il professor Aza Nikolic lo

nota subito e decide di fare una follia: lo vuole a tutti i costi a

Varese nella sua Ignis, al posto dell’idolo locale, il messicano

Manuel Raga. Bob debutta con la maglia gialloblù in una partita

amichevole, davanti a un sacco di gente scettica e decisa a

contestare la vendita di Raga. Il primo tempo di Morse è un disastro:

non segna praticamente mai, e il pubblico inizia a rumoreggiare.

Ci vuole però poco perché il malcontento del popolo varesino si

trasformi in sognante incredulità: nella seconda frazione di gioco

Bob si scatena e infila dieci canestri su dieci tentativi da distanza

siderale, ben oltre quella che oggi delimita il tiro da tre punti. La

maglia numero nove è sua, e al primo anno a Varese vince tutto:

scudetto, Coppa Italia, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale.

Morse resta a Varese fino alla stagione 1980/81, l’ultima dell’era

Borghi: se ne va dopo aver vinto quattro scudetti, una coppa Italia,

tre Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale. E’ ancora il

miglior realizzatore nella storia di Varese con 9785 punti segnati,

il terzo assoluto nel campionato italiano, pur senza il tiro da tre

punti.

Oggi Bob è un uomo felice. Al telefono, mentre gli diamo la notizia

della decisione del sindaco di conferirgli la più grande delle

onoreficenze, la voce gli trema dall’emozione. "Non so che dire -

balbetta nel suo italiano quasi perfetto - se non una parola: grazie.

Varese è sempre stata nel mio cuore, nei dieci anni trascorsi da voi

mi sono sentito, giorno dopo giorno, sempre più varesino. Le mie

figlie sono nate lì, e credevo che la casa di Ghirla dove abitavo

sarebbe stata la mia casa per sempre: purtroppo le cose sono andate

diversamente, ma Varese è sempre stata la mia città".

Varesino nel cuore, varesino per acclamazione, varesino per onore: "Sono

orgoglioso, e non vedo l’ora di arrivare e abbracciare amici che non

vedo da tanto tempo, di conoscere il sindaco Fontana che tanto si è

speso per farmi avere questo riconoscimento così importante. Sarà una

giornata bellissima, nella quale farò il pieno d’affetto: in queste

ore sto chiamando un sacco di persone qui in America per mettere al

corrente tutti della cosa splendida che mi sta succedendo. Una volta

a Varese mi piacerebbe rivedere il palazzetto, dite che lo apriranno

solo per me?".

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