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Limiti che covano sotto la cenere di ambizioni tradite


Lucaweb

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di GIANCARLO PIGIONATTI

Ambizioni in cenere sotto un mucchio di certezze tradite dove cova la paura. In venti giorni sono cambiati gli scenari, non più verdeggianti di belle speranze ma cupi di dubbi e di ansie. Ora la Cimberio, dopo i ceffoni di Caserta, si trova tramortita nei suoi crucci per rimpianti ed errori che ha seminato per strada, a causa della malasorte ma, soprattutto, con le proprie mani.

Se fino a un mese fa la tifoseria poteva concedersi un immaginario gaudente grazie a una posizione abbastanza nobile della squadra, adesso avverte il respiro pesante di una classifica in affanno, tanto per non usare termini più brutali. Il campionato è lungo ma, per una "piazza" scottata due anni fa e non nel secolo scorso, certi pensieri diventano ossessivi, come tarli.

Due punti persi a tavolino e quattro lasciati sul campo significano qualche cosa di più profondo e di più serio rispetto alla combinazione stessa di gare finite male, anche perché c’è di mezzo una penalizzazione che sta ancor più affossando gli attuali limiti biancorossi.

Pillastrini, giorni fa, su queste colonne, s’è detto convinto di una restituzione, in appello, di tale ammanco ma se così sarà, senza dover mettere le mani sul fuoco, quando avverrà? Visti i tempi della presentazione del ricorso e quelli in agenda del Tribunale del Coni v’è da chiedersi quanti mesi ancora passeranno.

Nel frattempo il piatto piange. Anche, a onor del vero, per le magre di una squadra che non riesce più a trovare le misure ai suoi limiti e alle sue rinunce. A proposito di assenze, colpisce la loro frequenza: appena un giocatore accusa un accidenti qualsiasi, finisce in infermeria, se non in "quarantena" per una rigorosa prescrizione medica.

Sarà anche giusto così, se non altro per un indubitabile riscontro sanitario ma a un atleta generoso e forte si può anche chiedere di "stringere i denti" e di provarci lo stesso: Kobye Bryant ha giocato con un dito fratturato, segnando pure a raffica, ovviamente questa è un’altra storia, data la sua inconfondibile classe.

La rinuncia a Reynolds (fermo per un’infiammazione a un piede, sino a quando non si sa), in ogni caso ininfluente nella gara disgraziata di Caserta, ha costretto il club a trovare un suo sostituto: l’irlandese Mc Grath (foto) che, se sarà tesserato nei termini regolamentari, affronterà sabato, da ex, proprio Cantù in un derby feroce. Ci è voluto un nuovo sforzo economico per mettere una bella pezza laddove mancava, pur già avendo potuto immaginare l’estate scorsa che Childress e Thomas avrebbero avuto bisogno di un cambio, almeno nelle premesse, alla loro altezza.

E, per restare in tema di vecchie opinioni (le nostre), ci vorrebbe un altro impegno della società per evitare nuovi rischi o, peggio, pentimenti da... coccodrillo: riguarda l’arruolamento di un pivot di mestiere la cui mancanza, per l’assenza dell’esplosivo Slay, al di là dell’affidabile rendimento di Tusek, è come un nervo scoperto in una squadra nella quale i lunghi, non spaventosi fisicamente, possedendo un buon tiro, indulgono così, tendenzialmente, nel loro pregio più caratteristico.

Risultato? Questa Cimberio non solo punge poco nell’area pitturata ma, in alcune sfide, non fa nemmeno il solletico al tabellone, sicché i suoi attacchi diventano prevedibili e senza alternativa, dovendo sperare in una giornata di totale grazia al tiro.

Morale, non si può vincere una battaglia spianando soltanto l’artiglieria, avendo necessità d’appoggio nell’aviazione: qui sta un po’ l’equivoco, grosso come lo è il peso specifico di un "centro" vero, d’equilibrio in un sistema offensivo che deve battere più e diverse strade. Pillastrini, giorni fa, riconosceva l’esattezza di questa osservazione ma, costretto a scegliere ora dove allungare la coperta, non ha avuto dubbi nel mettere mano là dietro.

Particolare non trascurabile: la coperta resta pur sempre corta da una parte. E’ un peccato, pure originale, visto che, quando si disegnò la squadra, l’argomento di un "centro canonico" fu, probabilmente, giudicato come l’ultimo dei mali, se non addirittura ignorato. Non pretendiamo d’avere ragioni ma il campionato (con Varese ultima nella classifica del tiro da due con il 48%) e la gara di Caserta (con la squadra di Pillastrini al 26% nel totale dei tentativi) sembrano dimostrare qualche dubbio nella prima concezione di squadra.

Da quando esiste il basket, l’asse play-pivot è fondante nella potenzialità d’una squadra, basti pensare alle stagioni migliori di Varese con fior di pivot come Dino Meneghin, l’americano Pittman, Stefano Rusconi, Petruska e Santiago. Probabilmente con Skelin, ma anche con Billy Keys in regia, la Cimberio non sarebbe retrocessa. E’ anche vero che certe mode d’una pretesa modernità hanno spinto diversi tecnici a puntare sui quattro... come cinque ma guai a non essere previdenti. Ci si può vestire casual ma un abito classico va sempre conservato in un armadio per l’occasione.

E’ un’analisi amara, come lo è la realtà oggi, augurandoci tempi migliori, d’una riscossa possibile e credibile nonostante le carenze

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