Lucaweb Posted February 18, 2010 Posted February 18, 2010 Dopo tanti anni è davvero un piacere ritrovare lungo i percorsi di basket un personaggio come Andrea Conti. La 35enne ala della Vanoli Cremona si riaffaccia al massimo campionato dopo un dozzina d’anni - ultima apparizione proprio con la maglia di Varese nel 1997/’98 - e una lunga carriera con tanta B1 tra Biella, Latina e Vigevano fino all’approdo cremonese nel 2000. Nella splendida città del Torrazzo il rhodense Conti (fratello di Paolo, altro più noto ex varesino), ha trovato la sua dimensione cestistica e umana, mettendo su casa e famiglia, allietata tre mesi fa dall’arrivo della piccola Martina. «Dopo la fusione tra Ju-Vi, squadra di B1 nella quale militavo, e la Vanoli Soresina, neopromossa in A, i dirigenti hanno constatato la penuria di giovani in grado di tenere il ritmo d’allenamento e mi hanno proposto di fare il dodicesimo del gruppo. Ho accettato con gioia, animato anche dallo spirito di servizio perché già da diversi anni sono inserito nei quadri tecnici come allenatore delle giovanili cremonesi (è coach campione regionale con l’Under 19 - ndr). L’ingresso in serie A mi permette di acquisire un’esperienza preziosa e irripetibile». Una serie A che, per ora, significa tanta panchina... «Sapevo benissimo che la mia presenza sarebbe stata, passatemi il gioco di parole, solo una questione di... presenza. Sono, consapevolmente, un giocatore ai margini della rotazione, ma mi sento qualcosa più di un giocatore perché svolgo un ruolo importante in allenamento, lavoro già con lo staff tecnico, come collaboratore di Stefano Cioppi, occupandomi della preparazione dei video. Insomma, sto studiando da vice-allenatore per potermi inserire in futuro nello staff tecnico». Le va di parlare per un attimo del suo passato varesino? «Più che volentieri, anche perché con Pallacanestro Varese, cui devo tanto, quasi tutto, oltre ad aver disputato le giovanili ho avuto l’opportunità di mettere il naso nella massima serie. A Varese ho vissuto quasi due epoche di passaggio avendo fatto parte di squadre che, in negativo e in positivo, sono entrate nella storia della società. In negativo, in A2, con la squadra di Montecchi, Brusamarello, Rogers, Vranes, Vescovi, mio fratello Paolo e via discorrendo. Sulla carta tanti campioni che non trovarono mai la chimica giusta per funzionare in spogliatoio e in campo. In positivo, l’anno dopo, ancora in A2, con il team dei “peones”, giovani vogliosi dimostrare il loro talento. Il gruppo di Tony Bulgheroni, Biganzoli, Meneghin e compagnia, impreziosito da un diamante purissimo: Komazec. Infine, nel ’97/’98, ho fatto parte del gruppo che stava gettando le basi per lo scudetto della stella: Pozzecco, Meneghin, De Pol, Petruska e soci. Un gruppo fantastico per talento, voglia di stare insieme e follia». Veniamo al presente: tocca a lei, in doppia veste, il compito di presentare la gara di domani sera. «Ho studiato Varese, una squadra che sa gestire bene i ritmi di gioco, esprime buona intensità in difesa e si muove con intelligenza in attacco. Noi, invece, abbiamo una squadra dotata di buon talento offensivo, con diversi giocatori in grado di produrre tanti punti. Per queste ragioni ci piace correre a mille all’ora pensando poco. Alla Cimberio, compagine non proprio freschissima, dovremo imporre il nostro basket costringendola ad andare fuori ritmo. Ma pure le condizioni psicologiche avranno un peso rilevante. Varese, dopo Cantù, è sulle ali dell’entusiasmo; noi siamo in striscia perdente da cinque partite e un “leggerissimo” peso sulla testa. Un successo contro la Cimberio - chiude Andrea - sarebbe fondamentale per scacciar via fantasmi e cattivi pensieri». Massimo Turconi «Pozzecco era un talento stratosferico E Andrea Meneghin era instancabile» (ma.tu.) - Varese e una sottile venatura di follia rappresentano, per Andrea Conti, un binomio imprescindibile nelle edizioni targate Pozzecco-Meneghin. «Il Poz aveva un talento stratosferico, gli ho visto fare cose incredibili, soprattutto se messe in relazione al fatto che “fuggisse” da tutte le sedute con Cecco Lenotti. Anzi, per lui, la sede della preparazione atletica era... il bar del Campus. Del Menego (nella foto), invece, ho sempre pensato che fosse caricato con una pila nucleare: non si stancava mai. Nella casa in cui viveva assieme a Di Sabato, Costantino e Girardin ogni notte si tenevano sfide alla playstation che duravano sino al mattino, ma Andrea arrivava all’allenamento sempre fresco e, come d’abitudine, dava pure la paga a tutti». - Il meglio e il peggio che lei ha visto a Varese? «Tra gli italiani Andrea Meneghin: l’unico che poteva tranquillamente guardare in faccia i top-Nba. Tra gli stranieri Komazec: un giocatore strepitoso e un professionista-perfezionista di altissimo livello. Nel peggio metto Milan Relic: ancora mi chiedo che cosa ci facesse in serie A un giocatore assolutamente normale come lui».
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