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«In credito di una vittoria»


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di Massimo Turconi

Se è vero che una squadra è spesso definita come un cantiere aperto, a noi piace immaginare Randy Childress (foto in alto) nelle inedite vesti di capomastro: casco giallo di sicurezza in testa, progetti in una mano, livella nell’altra. A lui, dal mese di agosto scorso, tocca però un compito gravoso: costruire "casa Cimberio" con disegni tecnici che cambiano troppo e troppo spesso.

Quando gli spieghiamo la sua nuova funzione di "building foreman", Randolph scuote la testa, abbozza un sorriso stanco, e dice: «Sì, il paragone ci sta ma che fatica! Qui, per la quarta volta in stagione, dopo essere arrivati al primo piano dell’edificio, siamo stati costretti a buttare giù tutto e ripartire praticamente da capo. Prima, con Slay, abbiamo lavorato in un certo modo, con Tusek, giocatore dalle caratteristiche differenti, in un altro e infine con Reynolds e Mc Grath in maniera ancora diversa.

Ogni cambiamento costa molto impegno poichè tutti i compagni meritano attenzione e disponibilità massimali, ma soprattutto tempo e dedizione. Mettere ordine in queste situazioni e cercare di dare il giusto "timing" alla squadra rientra nei miei compiti, lo so bene, ma non si può far finta di niente e pensare che queste cose non abbiano inciso sulle dinamiche di gioco. Tutto ciò senza parlare degli infortuni che, con cadenza settimanale, tolgono di mezzo alcuni giocatori e, di fatto, ci impediscono di svolgere buoni allenamenti. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale, specialmente in un basket di sistema come quello voluto da coach Pillastrini».

- Un sistema che, come dimostrato, non può fare a meno di lei e le recenti partite - Cremona e Pesaro - rappresentano i due lati della medaglia...

«A Cremona ho disputato la mia peggior prestazione negli ultimi tre anni e, davvero, non ricordo una gara così insignificante. Tuttavia, per il mio modo di giocare e per il valore complessivo della squadra, non credo sia giusto considerarmi così determinante là davanti. Continuo a pensare che il mio appporto offensivo sia il prodotto di un meccanismo che gira in modo fluido ed è in grado di creare buone iniziative e opportunità per tutti. Poi, quando proprio occorre…».

- La "casa" negli ultimi tempi è parecchio cambiata nella sua struttura: che cosa manca, o meglio, che cosa si potrebbe fare di diverso con un assetto tecnico abbastanza differente rispetto a quello pensato la scorsa estate?

«I progetti importanti da portare avanti sono almeno due. In attacco: aumentare la velocità, le soluzioni in contropiede primario e secondario e, in definitiva, incrementare il numero di tiri. Tuttavia, per centrare questo obbiettivo, sarà decisivo aumentare la quota di rimbalzi puliti e correre rapidamente dall’altra parte. In difesa: con una batteria di piccoli di alto livello e di buon impatto fisico, aumentare la pressione difensiva perimetrale e impedire che le squadre avversarie si avvicinino all’area. Tutte cose che, peraltro, stiamo cercando di perfezionare dall’inizio del nuovo anno».

- La Cimberio è arrivata al giro di boa: quale il suo giudizio?

«Non può che essere positivo perché, al netto di infortuni, vicissitudini, interventi chirurgici, attese nelle aule di tribunale, penalizzazioni inaspettate, la squadra ha sempre fatto il suo dovere e, al di là dei risultati, una volta scesa in campo ha sempre avuto un senso. Il computo di 7 vinte e 8 perse, perché di questo si tratta, è accettabile e, con i due punti tolti, la nostra classifica avrebbe un tono decisamente diverso. Una vittoria che, oggi, fa la differenza e dovremo cercare di recuperare altrove, a tutti i costi. Magari in partite fuori pronostico».

- Anche nel derby contro l’Armani Jeans?

«Certo, perché no? Anzi, un successo contro i milanesi avrebbe un sapore specialissimo».

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