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Incompiuta nuova mali vecchi


Lucaweb

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di GIANCARLO PIGIONATTI

Come le figurine mancanti di un album. E di più collezioni, per dire dell'ultima incompiuta biancorossa che fa arrabbiare ma non più di tanto. Eppure un bel pensierino, come avevamo evocato, prima del derby, ci stava per questa, pur sofferente, Cimberio. Ci stava, almeno sino a sette minuti dalla conclusione di Assago, quando la squadra di Pillastrini (nella foto il coach con Cotani) era avanti di cinque punti con palla in mano ma lì, ahinoi, s'è sciolta come aspirina in un bicchier d'acqua, anche se poi ha chiuso con l'onore delle armi. Che ci importa un fico secco.

Morale, un'altra opportunità dilapidata, alla stessa maniera di altre: roba da copia e incolla.

Evidentemente le cause, quelle di sostanza, al di là delle sfumature, stanno in un determinato recinto, d'una mancata fisicità nell'area colorata per una Cimberio che, sembrando costretta a cercare le scorciatoie, affretta le conclusioni, gira alla larga dal canestro e, se vi osa, perde colpi negli ingaggi aerei, concedendo in difesa rimbalzi e secondi tiri agli avversari.

Nel mezzo d'una chimica senza reazione ci si mettono anche gli uomini con i propri pasticci e le proprie ansie che, nascendo da un'insicurezza d'insieme, li caratterizzano nei momenti più decisivi di altri, quelli che fanno la differenza.

Buon per Milano il cui valore potenziale ha trovato, alla distanza, rilievo proprio nell'insicurezza di Varese che ha dato l'impressione, magari sbagliata, di porgere persino la guancia invece di usare la clava, come ci si aspetterebbe da una sfidante frustrata nell'orgoglio.

In questo senso, nel finale, ci è parsa più coriacea e furiosa l'Armani, il che è tutto dire per la grande favorita del derby, talvolta macchinosa e brutta nella ricerca spasmodica di una continuità che le pareva merce rara. Ma stazza e mestiere di Petravicius e Rocca, di scena tanto quanto è bastato a intimidire gli uomini di Pillastrini, hanno connotato il match, al di là della vena di Becirovic che, da guardia, ha sfruttato, abbastanza in scioltezza, il suo talento nell'assistere i compagni.

Il derby perso sta un po' negli ultimi minuti che, nel basket, sono un'eternità ma nei quali un seppur non congruo vantaggio prealpino avrebbe potuto erodere, come acqua sulla roccia, la potenza non certo irresistibile di Milano per farla franare nella sua consapevolezza di superiorità, come accade spesso in un derby che è una gara a sé.

Nove rimbalzi in più e una percentuale nettamente superiore dell'Armani nel tiro da due sono come l'ennesima radiografia che evidenzia il malessere cronico di questa Cimberio, non molta robusta di costituzione, quindi incline a evitare gli spostamenti d'aria, di gole profonde, dalle parti del canestro e, se a volte, là osa, finisce per perdere naturalezza di posizione e movimento.

Ci sembra superfluo tornare su argomenti triti e ritriti, come quelli di un pivot che dia equilibrio alla squadra nella sua azione totale, essendo scientifica ma semplice la pallacanestro nella propria concezione di gioco secondo la quale tutti i terminali, in area e fuori, devono rispondere alla bisogna.

Ormai si sa che Varese, con la perdita di Slay, ha perso la sua originale filosofia di squadra, quindi completezza offensiva, che diventa acuta di fronte ad avversari tecnicamente massicci, ancorché la presenza di Tusek si faccia apprezzare come tra le più felici e continue.

Che fare? Ormai nulla, se non aspettare la fine della stagione, augurandosi il recupero del potente americano negli ultimi due e fatali mesi, mettendo in preventivo sudore e sofferenza, come comanderebbe il cuore e guai da aver timor panico.

Napoli resta in un profondo sottosuolo, Cremona e Ferrara sono cadute, Pesaro ha acciuffato Varese che potrà riprendere aria contro una Teramo più che battibile: insomma poco o nulla è cambiato in classifica al di là dell'ennesima delusione. Domani è un altro giorno.

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