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Galanda: «Ci serve un’impresa»


Lucaweb

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Mettiamola così: quando sei come Atlante, e quasi da solo devi sorreggere il peso del mondo, avere male alla schiena è un normale scotto del mestiere. Figuratevi poi quando il peso del "tuo mondo", ovvero del lavoro sotto i cristalli, ovvero la marcatura di montagne di muscoli agevolmente oltre il quintale, sottopone continuamente la schiena a "massaggi" non esattamente terapeutici.

Figuratevi, infine, quando ad aumentare le sollecitazioni interviene la carta d’identità: un cartoncino di pochi grammi che ti ricordano che, a 35 anni, certe cose sarebbe meglio evitarle...

Ma Giacomo Galanda, fortunatamente per Varese, è ancora lì a troneggiare dentro l’area e al grido di "For ever young" spinge la sua Cimberio oltre il limite della facile, e sempre in agguato, depressione:

«Do ragione al pubblico di Masnago che - dice Galanda - non sa più cosa aspettarsi da noi dopo aver assistito, nelle ultime tre settimane, a prestazioni decisamente contrastanti: bellissimi a Biella, bruttissimi in casa contro Montegranaro, sciagurati ad Avellino. Un comportamento che, oggettivamente, lascerebbe esterrefatto chiunque».

- Analizziamo le ultime due sconfitte, Montegranaro e Avellino, che vi hanno fatto precipitare ancora nella zona-dubbiosa...

«Due gare che dal mio punto di vista hanno un valore completamente diverso. Il match contro la formazione di Frates mi aveva fatto arrabbiare sia perché avevamo giocato molto male, sia perché, in casa, avevamo sciupato l’ennesima opportunità.

La partita di Avellino invece ha rappresenta il classico bicchiere mezzo pieno poiché, pur a fronte di condizioni fisiche e tecniche davvero complicate, con Tusek, Cotani e il sottoscritto a mezzo servizio, la squadra ha mostrato una bellissima reazione e, per almeno trenta minuti, tutti hanno fatto tutte le cose giuste per vincere. Poi, è chiaro, la parte di bicchiere mezzo vuoto mi porta ad esclamare: "Ma come cavolo abbiamo potuto perdere una gare del genere ?"».

- Già, come cavolo...?

«Strano a dirsi e ancor più a spiegarsi, abbiamo buttato via la partita nel momento in cui, al contrario, avremmo dovuto solo raccogliere i frutti di un sostanziale dominio. Avellino aveva fuori Dee Brown per crampi, i lunghi per scelta tecnica e in campo gran parte della panchina con un quintetto piccolo.

Noi, anziché affondare i colpi, abbiamo pensato esclusivamente ad attaccare Cortese, scordandoci di lavorare di squadra, senza chiudere i giochi. Avellino invece è andata in gas, i panchinari hanno dato il massimo possibile e noi siamo crollati. Pure in modo inatteso».

- Adesso l’altalena della classifica è in "loop" negativo...

«Dirò una cosa scontata, ma questo è il momento in cui tutta la Varese del basket, società, staff tecnico, squadra e pubblico, deve mostrare solidità, restare unita e remare in una sola direzione.

Siamo consapevoli di aver sprecato due ghiotte occasioni per vedere la classifica nel riquadro di sinistra, ma non possiamo e non dobbiamo farci prendere dallo sconforto o dalla depressione.

Insomma, è vietatissimo sfaldarsi perchè il campionato per tutte le squadre sta entrando nella fase più delicata, quella in cui bisogna "stare al pezzo" spremendo tutte le energie psico-fisiche anche perché il calendario, a parte Napoli, non concederà nessuna tregua».

- Si riprende dalla partita contro la Virtus: difficile a dire poco...

«In questo campionato pazzescamente equilibrato, faccio fatica a vedere un match dall’esito scontato. In casa, come fuori, Bologna è fortissima, completa, con un roster d’alto livello. Ma noi, dopo due stop consecutivi, dobbiamo riprendere a camminare coscienti che da qui alla fine saranno tutte gare-impresa e noi, a Casalecchio, abbiamo bisogno proprio di questo: una vera impresa. Di quelle da ricordare...».

Massimo Turconi

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