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Manuel Raga, è tornata una stella


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di CLAUDIO PIOVANELLI

L’anno scorso Bob Morse, ora Manuel Raga.

Varese ha onorato e onora due straordinarie figure del suo sport, due campioni che hanno contribuito alla costruzione di un mito (la grande Ignis, con i suoi scudetti e la partecipazione a dieci finali consecutive di Coppa dei Campioni, sicuramente lo è) e a portare nel mondo il nome della Città Giardino.

L’occasione per rendere onore a Manuel Raga è anche benefica (a favore del Ponte del Sorriso, l’organizzazione è del Comitato Tutela del Bambino in Ospedale), dunque doppiamente gradita. Non c’è dubbio, Manuel Raga è stato il giocatore in assoluto più amato nella storia più che sessantennale della Pallacanestro Varese. "Manuel, Manuel!": diventava l’inferno, per gli avversari dell’Ignis, il palazzetto dello sport (allora lo si chiamava così), infiammato dai canestri, dalle prodezze, dalle acrobazie del giocatore messicano.

"Manuel, Manuel!" è stata una parte della colonna sonora di quel tempo irripetibile e indimenticabile per chi lo ha vissuto con la passione che una squadra come quella Ignis sapeva scatenare.

Manuel Raga parte integrante di un gruppo che oggi non sarebbe più possibile mettere insieme, perchè le grandi imprese sono figlie del loro tempo, oltre che di un’intelligente preparazione e, in qualche misura, anche del caso, delle circostanze, delle situazioni da cogliere al volo.

Le scelte che resero grandissima quella Ignis furono pensate (puntare sul semisconosciuto Raga, appunto, dare fiducia e spazio al diciottenne Dino Meneghin accanto al veterano Ottorino Flaborea) ma anche casuali, come il ritorno di Aldo Ossola da Milano e la sua rapida affermazione a fianco di Dodo Rusconi, sino a soppiantare la coppia di guardie Villetti-Ovi che, nelle iniziali intenzioni, doveva essere titolare.

Quali "lezioni" può ancora lasciare quella grande squadra che fu l’Ignis-Mobilgirgi? I tempi sono cambiati, le norme sono mutate, in particolare quelle che regolamentano il movimento dei giocatori.

Allora era possibile tesserare un solo straniero, oggi in alcune realtà gli italiani sono in squadra solo perchè c’è un numero minimo da iscrivere a referto.

Il mondo è più piccolo, le informazioni viaggiano alla velocità della luce, tutti conoscono tutto di tutti, forse è inutile cercare nel passato, in un passato ormai così remoto, riferimenti utili per l’attualità che si basa su presupposti tanto diversi.

Un concetto sempre e comunque valido, però, Manuel Raga e i suoi compagni possono lasciarlo: vincono solo le squadre di veri amici, quelle in cui il comune sentire si può "toccare" e "tutti per uno, uno per tutti" non è solo un concetto gonfio di retorica.

Come si riesca a mettere insieme un team destinato a diventare un gruppo di veri amici appartiene però a quella parte di imponderabile ma anche di fortunato che regola gli avvenimenti della vita.

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