Lucaweb Posted May 17, 2010 Share Posted May 17, 2010 Quando vede un giocatore grezzo Oscar Eleni, prima firma del giornalismo cestistico italiano, borbotta: dovrebbe andare a lezione da Gianni Asti. Cita l'uomo che più di tutti incarna la leggenda della scuola Robur et Fides: il professor Asti, prossimo a entrare nella Hall of Fame del basket azzurro. La ciliegina sulla torta di una vita trascorsa sul parquet. Asti, come sta? Molto meglio, grazie. Ho ancora piccoli problemi, ma se penso che pochi mesi fa ho rischiato di andare all'altro mondo... Esco poco, però a Pasqua non mi sono perso il Garbosi. È il torneo più bello che ci sia: non potrei mai mancare, perché ricorda un amico e il maestro che, con Tracuzzi, mi ha insegnato tutto. Stare tra tutti quei giovani è meglio di qualsiasi medicina. L'hanno salvata i suoi ragazzi. Sì: miei ex giocatori che, diventati medici, si sono prodigati in una situazione drammatica. Si chiamano Ornaghi, Segato, Nicora, Lepori: se sono ancora qui lo devo a loro. Segato era un ottimo prospetto, secondo me sarebbe arrivato in serie A. Mi inorgoglisce che abbiano fatto quella carriera: significa che la Robur semina bene anche fuori dal campo. Posso chiedere della Cimberio a un emblema della Robur? Certo, ma ho visto solo due-tre partite in tv, da tifoso e non con l'occhio clinico. Al di là degli infortuni, non saprei spiegare perchè deve ancora salvarsi Però può dire cosa non bisogna fare a questo punto. Giusto predicare serenità, però se si rischia di retrocedere la pressione non può mancare. Varese si salverà anche perché ha un grande vantaggio: il pubblico. Innamorato e competente, capisce quando bisogna aiutare i giocatori: è uno di quei momenti. Duemila persone per la non-partita con Napoli hanno dell'incredibile: Basket City è questa, poche storie. Cosa le piace della Cimberio? Che schiera ragazzi di via Marzorati: Cecco e Max in società, Gergati, Martinoni e Passera in campo. Ferraiuolo e Vescovi stanno lavorando bene. Nick sta facendo progressi. Marchino ha avuto una stagione sfortunata. Lollo, degno rampollo di una famiglia meravigliosa, ha il basket nel sangue: è sempre stato lucido e non ha mai temuto le responsabilità, ma non andrebbe lontano se non possedesse buonissimi fondamentali. Tutti e tre sanno che devono sudare ogni giorno e migliorare, se vogliono andare avanti. I fondamentali, la sua passione. Aiuto gli allenatori della Robur a insegnarli: sono indispensabili, eppure tanti li trascurano. La stragrande maggioranza delle società vuole solo vincere, anche nelle giovanili: se non lo fai non ti considerano un buon coach. La federazione dovrebbe intervenire, perché questo sistema non motiva a curare lo sviluppo tecnico dei ragazzi. In A1 vedo gente che non sa fare il primo passo: pazzesco, se penso che persino Michael Jordan lavorava sodo ogni giorno. Ricordo che in allenamento Nikolic massacrava di richiami Tony Gennari, perché sbagliava il palleggio in partenza: Gennari abbassò la cresta, e soprattutto non fece più passi. Le piace la pallacanestro attuale? Poco, e non è sterile nostalgia. Il mercato aperto impedisce agli allenatori di lavorare e ai tifosi di affezionarsi. E si è involuto il gioco: fanno tutti le stesse cose, poche squadre hanno un preciso marchio di fabbrica. In più, si studiano troppo i punti deboli degli avversari in video: noi non avevamo le cassette, quindi badavamo a perfezionare il nostro gioco. Fisicamente oggi i giocatori sono più atleti, però tecnicamente pagano dazio. Ci sono allenatori buoni: ma i Gamba, i Taurisano, gli Zorzi erano di un altro pianeta. Lei portò la Robur in serie A, a giocare il derby con la grande Ignis: succederà mai più? Non credo: la nostra vocazione è creare giocatori e lanciarli. Arrivammo lassù con un manipolo di strepitosi talenti fatti in casa: retrocedemmo subito perché si fece male Benton, e allora gli americani non si potevano sostituire. Lo scelsi perché si adattava perfettamente al nostro gioco, oggi fanno tutti il ragionamento opposto. Quello, tutto lustrini, non era il nostro mondo: lo capì bene il presidente Trombetta, che fece una mossa geniale. Vendette mezza squadra alla Mobilquattro Milano e in cambio non chiese soldi, bensì la costruzione del centro sportivo di via Marzorati, che ha fatto la nostra fortuna. Il giocatore più forte che ha allenato? Dino Meneghin: a 15 anni era già un fenomeno, lo feci subito debuttare in serie B. E Aldo Ossola, il più grande play italiano di sempre. Lei non era un allenatore a tempo pieno. Ho lavorato per 34 anni alla Volkswagen di Milano: è che non volevo chiedere soldi alla Robur. Cos'è la Robur et Fides oggi? Uno dei primi vivai italiani. Abbiamo 14 squadre, tanti ragazzi del '92 già titolari in B2 e Ci. Anche Siena, Treviso, Pesaro, Milano lavorano bene sui giovani, ma comprando cartellini. Se parla con i nostri ultimi presidenti, Trombetta, Tessarolo, Corti, Bonomi, capisce dopo due minuti che hanno in mente solo il bene dei ragazzi di Varese: la missione è farli arrivare completi alla meta. E io in mezzo a loro sono felice, anche se vorrei fare di più. Stefano Affolti Link to comment Share on other sites More sharing options...
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