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Masnago accende l’altra luce


Lucaweb

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di GIANCARLO PIGIONATTI

Non è uno sport invernale ma poco ci manca. La pallacanestro, con l’inizio del campionato a metà ottobre, si è rituffata nella notte dei tempi, ancorchè per altre ragioni le sedici squadre al via (due in meno di quelle che assicuravano ben altra congruità alla massima rappresentazione di questo sport) ne evidenziano un limite.

Club che spariscono come chioschi da spiaggia a fine stagione non giustificano il cosiddetto male necessario, esistendo pur sempre società con risorse adeguate al massimo campionato, quindi con referenze economiche attendibili, anche se senza un diritto sportivo plausibile.

Già, vi sono club con libri contabili sostenibili ma senza promozione in tasca: bisognerebbe lavorare con pazienza e serietà per trovare un punto di mediazione, non secondo la peggior concezione all’italiana, affinché il "cast" sia più ampio.

Nel frattempo domina il calcio che a Varese, in una rifioritura di entusiasmi, ha conquistato nuovi e vecchi tifosi, incontrando al "Franco Ossola" quel genere di sportivo totale che, con i colori della città nel cuore, negli anni Sessanta e Settanta lasciava lo stadio per trasferirsi al palazzetto. Oggi non è più possibile tale vicinanza diretta, solo e semplicemente perché la partita di calcio si gioca il sabato, se non il venerdì sera, ma "doppi tifosi" ve ne sono, anzi sono cresciuti di numero.

Allo stadio non manca chi chiede del consorzio come novità societaria, di Vescovi e di Recalcati, quindi della nuova squadra, nel frattempo la Cimberio un’uscitina l’ha già fatta incrociando il Lugano, roba da quattro cantoni, si fa per dire, visto il clima amichevolissimo. Goss e Kangur, come ne era certo Recalcati, hanno già conquistato la platea, il vero Thomas c’è e promette, aspettando il miglior Righetti e un Rannikko ben diverso da quello catapultato dagli Europei alla sua nuova casa di Masnago. Come d’altra parte il giovane Collins, tutto da scoprire quale punto fermo nel quintetto di partenza, essendo l’unico centro di ruolo ma ancora alle prese con una riabilitazione che fa tribolare un perfezionista del lavoro qual è l’allenatore biancorosso.

Una cosa è certa: Dino Meneghin già incassa l’effetto del cambiamento sulla panchina azzurra, con la Nazionale promossa ai prossimi Europei senza dover affrontare il barrage, ancorché superabilissimo, dei ripescaggi avendo la Fiba allargato la partecipazione a più squadre, beneficio di cui può godere l’Italia.

Avanti, c’è posto per il cittì Pianigiani, sicuramente più bravo di Recalcati ad avere fortuna, anche se, in verità, il ricordo delle prime due gare disastrose era già stato compensato da un colpo di reni imperioso degli azzurri. Il tecnico senese s’è così rifatto, avendo tutti ammirato un Belinelli non più dedito, sino alla paranoia, al tiro ignorante (come lo si definiva per Basile), ovvero al di là di ogni altra possibile e più praticabile iniziativa, ma intenso e pervicace nelle penetrazioni, con passo e potenza da Nba.

Abbiamo fatto il tifo per il Brasile di Magnano, battuto di misura dall’Argentina negli ottavi di finale ai Mondiali turchi, soprattutto, condannato da uno straripante Scola ma anche tradito da uno svalvolato Barbosa: ci spiace per Ruben, meno agitato del solito in panchina, avendo di fronte la sua ex Nazionale. Magnano resta un tecnico di livello mondiale, magari non adatto a un club cui, per risorse tecniche, si deve adeguare ma resta un signore della panchina, sennò non troverebbe incarichi così prestigiosi.

Eppure qui qualcuno l’aveva messo alla berlina...

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