Tra passato, presente e un domani ancora da leggere, prima che da scrivere, reincontrare Paolo Moretti con un taccuino in mano ha il sapore di un ritorno a casa, quella lasciata in un inizio di maggio agrodolce vissuto tra Chalon e playoff sfumati. Davanti agli occhi c'è il solito condottiero, c'è l'uomo concentrato di sempre, metà affabile-metà tagliente, innamorato folle della sua professione, preciso, ironico, sentimentale. C'è l'uomo che ha imparato ad amare Varese. Ricambiato, eccome se ricambiato.
È passato un mese e mezzo dalla fine della stagione, coach. Le valutazioni sul cammino fatto sono cambiate a freddo? No, la penso ancora allo stesso modo. Mi piacerebbe trarre indicazioni, riuscire a gestire mercato, stagione, tempi, ansie, preoccupazioni ed eventuali dubbi in modo diverso dal passato, facendo tesoro dell'esperienza e non commettendo gli stessi errori dello scorso anno.
Quali errori? La scelta degli stranieri, per esempio. In quelli che firmeremo - indipendentemente dal fatto che siano 5 o 7 - cercheremo qualche ora in più di navigazione nel nostro campionato. L'occhio è rivolto quindi all'Italia e agli altri tornei europei: voglio atleti con un certo background e una capacità di adattamento più veloce.
Dica la verità: c'è stato un momento nei mesi scorsi in cui ha pensato «chi me lo ha fatto fare di venire qui»? No, nessun momento di ripensamento. Mi sono messo molto in discussione e confrontato tante volte con la società: ci siamo guardati negli occhi, anche per capire se la fiducia tra di noi stesse scricchiolando. Ma non ho mai pensato che fosse stato un errore sposare la causa di Varese.
Quando, invece, si è sentito tutt'uno con questo ambiente? Durante il weekend di Chalon, giorni in cui ho percepito una forza incredibile dietro di noi, una spinta che arrivava da tutte le parti. È stato un momento di grande coesione, di interscambio: ho provato una sensazione di appartenenza unica.
Veniamo a oggi. Lei, insieme al suo staff e a Max Ferraiuolo, è al vertice di un triangolo tecnico che alla base ha Claudio Coldebella e Toto Bulgheroni. Come sono andati i primi giorni di lavoro con loro? Prima di parlarne vorrei fare ancora un passo indietro.
Prego. Lo faccio per ringraziare pubblicamente Stefano Coppa e Bruno Arrigoni. Dopo la fine del campionato gli eventi hanno portato l'attenzione in altre direzioni, ma loro sono stati compagni di viaggio seri e capaci di aiutarmi e proteggermi nei momenti difficili. Mando loro un grande abbraccio, soprattutto a Bruno che non sta attraversando un bel momento a livello personale: gli sono vicino.
Giusto e legittimo. E il presente? Sono estremamente orgoglioso e riconoscente al direttivo per aver preso la decisione di reinserire nell'organico tecnico Toto Bulgheroni, uomo di sport, imprenditore serio e riconosciuto in tutto il mondo: ci darà il giusto supporto, forza emotiva e suggerimenti tangibili. Claudio è un professionista preparato e molto motivato: credo che porterà grandissimo entusiasmo, preparazione e spirito per la prossima stagione.
Che idee ha per la squadra che verrà. Paolo? È un qualcosa che si sta ancora formando, salvo alcuni capisaldi:ripartiremo dai tre italiani e ne stiamo valutando altri, o un altro, che possano arricchire il nostro roster. Il desiderio di fare la coppa ci sta spingendo a monitorare a ruota anche lunghi e playmaker comunitari, o comunque giocatori che vorremmo avere aldilà del partecipare o meno a una competizione europea.
Quindi non avete ancora deciso se seguire la formula del 5+5 o del 3+4+5? Non in modo definitivo, posto che la seconda ti dà dodici contratti contro i dieci dell'altra. Non è escluso che se non dovessimo arrivare ad un italiano importante non si possa davvero seguire la formula dell'anno scorso. Oppure andremo sul 5+5 in Italia, con un comunitario dietro per fare il 6+6 in Europa.
Coldebella è stato chiaro: serve calma e raziocinio, perché a giugno i giocatori fanno richieste economiche troppo alte. Concorda? Sì, le pretese ora sono molto alte. Gli agenti hanno richieste fuori mercato, anche perché tutte le squadre sono ancora da fare. Noi stiamo valutando e ascoltando, dando la precedenza a italiani ed europei rispetto agli americani, che consideriamo jolly nei buchi e quindi da scegliere solo in un secondo momento. Tutto, però, può succedere...
In che senso? Se seguendo altre piste calde si incrociassero volontà e desideri comuni di atleti americani, non è escluso che non si possano firmare subito.
Con Wright e Kangur, auspicabili conferme, niente da fare... Abbiamo un budget che è un buon budget, ma i soldi vanno spesi bene e con attenzione.Sono davvero dispiaciuto che non siamo riusciti a trovare un punto di incontro con Wright prima e con Kangur poi: erano due punti fermi da cui ripartire, ma la distanza con loro in questo momento è incolmabile.
Si sono fatti i nomi di Valerio Mazzola e di David Moss. Che ci dice in merito? Mazzola è uno di quei giocatori italiani che potrebbero farmi cambiare idea sul 3+4+5. Però non piace solo a noi: vedremo se la pista può rimanere calda o se si raffredderà a breve. David Moss risponde all'identikit di americano fatto dal sottoscritto a Coldebella, insieme ad altri cinque o sei navigati del nostro campionato.
Lo sa che il solo aver accostato il nome dell'ex Siena alla canotta biancorossa ha mandato in subbuglio parte dei tifosi? Che ne pensa? Vi dico questo: io i giocatori di Siena e di Milano li "odio" tutti, perché sono bravi, cattivi, sanno giocare e sanno vincere. E vi faccio un altro esempio: da avversario odiavo anche Kangur. l'avrei messo sotto con la macchina. Poi, quando è arrivato a Varese, in quattro mesi ho imparato ad amarlo e l'avrei rifirmato subito. La morale è che certi avversari -mi vengono in mente anche Ress e Gentile - sono detestati semplicemente perchè vincono e sanno come si sta in campo.
Si sta esaurendo la sessione supplementare di allenamenti al Palawhirlpool: che bilancio ne fa? Sono entusiasta di queste tre settimane: la nostra palestra non aveva palloni che rimbalzavano da maggio e mi mancavano il movimento e la vita degli allenamenti. L'intenzione di mettere assieme Robur e Pallacanestro Varese è un seme che può dare frutti straordinari: in queste settimane ho trovato ragazzi senior interessanti che forse oggi non hanno caratteristiche per stare nella nostra prima squadra, ma quella di coinvolgerli è una bella idea che deve andare avanti, a prescindere da quanto resterò qui. È un'iniziativa da studiare un pochino meglio, ma ci potrebbe dare risponde interessanti. E lo stesso vale per i giovani.
L'ultima domanda riguarda suo figlio Davide. Da papà, e da uomo di basket, è contento della stagione che ha disputato? Sono molto contento. Davide è un ragazzo che vive solo di basket e anche se ha solo 18 anni è stato protagonista di un campionato straordinario sia a livello individuale che di squadra, perché a Treviso si è ricreato e un ambiente eccellente. Credo che vivere emozioni così da giovani non sia comune e sono molto felice per lui.
Quale il suo futuro? Al 99% rimarrà dov'è. Oggi c'è un accordo biennale da rispettare con la società, poi si vedrà. Ma non è il caso di guardare troppo avanti.
Alberto Coriele e Fabio Gandini
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